Dal Poz (Federmeccanica): Landini ok, aspettiamo il dialogo col Governo

Marco de’ Francesco ♦ A pochi mesi dall’ avvio delle trattative per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici parla il Presidente dell’associazione di settore più importante. Si discute di aumenti, contrattazione di secondo livello, formazione continua, previdenza integrativa, eventuali adeguamenti. Resta all’ anno zero il rapporto con l’esecutivo,colpevole di aver azzoppato il modello dell’Alternanza Scuola Lavoro della “Buona Scuola” 

«Landini? Un avversario duro, ma che gioca a carte scoperte». Con lui si può parlare. È uno che conosce bene le dinamiche interne al mondo della metalmeccanica e le regole della partita sindacale. Perciò la sua recente nomina a segretario generale della Cgil è salutata con favore dal presidente di Federmeccanica Alberto Dal Poz, che sul nuovo leader di Corso d’Italia la pensa in questo modo. D’altra parte, la federazione, costituita nel 1971, rappresenta le imprese di settore nelle relazioni industriali; a fine 2016 ha siglato l’ultimo contratto nazionale collettivo quando Landini era a capo della Fiom, e fra qualche mese si appresterà a dar vita alla trattativa per il rinnovo nella consapevolezza che la Fiom sarà assistita dalla segreteria della Cgil.

Sarà una partita dura, che si giocherà in un clima di incertezza sulla tenuta dell’economia del Paese. Possibili incrementi salariali saranno definiti in rapporto all’incremento del costo della vita; e, sperano in federazione, ci saranno progressi in termini di contrattazione di secondo livello, formazione continua e previdenza integrativa. E poi, ci si attende che i sindacati aiutino Federmeccanica «a far comprendere al governo il mondo della meccanica». Perché fra la federazione e l’esecutivo è gelo. Federmeccanica aveva puntato molto sull’alternanza scuola lavoro, con progetti specifici. Il sostanziale dimezzamento del sistema duale all’italiana, quello emerso dalla Buona Scuola, e l’assenza di relazioni in corso d’opera, mentre venivano introdotte le novità nella legge di bilancio, ha generato un clima di costernazione nella federazione. Ecco l’intervista con Alberto Dal Poz.







 

Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica

D.Di recente, Maurizio Landini, già leader della Fiom, è stato eletto segretario generale della Cgil, con il 92,7% dei consensi.

R.«Quando era in Fiom, ha siglato il contratto collettivo nazionale per il metalmeccanici insieme a Rocco Palombella della Uilm e Marco Bentivogli della Fim. Posso dire che è un “avversario” duro, ma anche leale e coerente. Soprattutto, è competente; conosce molto bene le tematiche industriali, e soprattutto quelle relative al mondo della meccanica. In realtà, ora che a capo della Cgil, ci attendiamo il Landini di allora: un antagonista, ma anche uno con il quale si può parlare, su un terreno condiviso. Si tenga presente che in vista del prossimo contratto la Fiom sarà, come sempre assistita dalla segreteria della Cgil. E poi, in un certo senso, spero che Landini ci possa aiutare a spiegare al governo il nostro mondo; perché da questo punto di vista c’è bisogno di sostegno. E comunque sia Fabio Storchi, ex presidente di Comer industries, (ora la guida dell’azienda di sistemi avanzati di ingegneria è passata al nipote Matteo) si è confrontato per anni con Landini quando era alla guida della Fiom, e me ne ha sempre parlato bene, con rispetto e stima. Faccio miei questi termini».

D. Lei afferma che c’è bisogno di spiegare l’esistenza della Metalmeccanica al governo. Non c’è comunicazione con l’esecutivo?

R.«Di fatto, le relazioni con il governo sono pressoché inesistenti: non si riesce neppure a parlare. Per esempio, uno degli argomenti che ci sta più a cuore è l’education. Si pensi a tutto il lavoro che abbiamo portato avanti con il ministero dell’Istruzione, con i presidi, per dar vita a progetti molto rilevanti in termini di formazione, come “Eureka! Funziona!” – un piano di orientamento ed educazione all’imprenditorialità promosso da noi in accordo con il Miur (ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca), destinato ai bambini del terzo, quarto e quinto anno della scuola elementare – o come “traineeship ” – un piano pilota per diffondere e rafforzare l’alternanza scuola-lavoro diretto ai ragazzi delle superiori.

L’esecutivo ha più che dimezzato il modello duale: d’ora in poi nei licei ci saranno massimo 90 ore nel triennio, contro le 200 previste dalla riforma Giannini-Renzi (La Buona Scuola); e negli istituti tecnici si terranno 150 ore contro 400, in quelli professionali 210. Inoltre, nel progetto relativo alla scuola del M5S, componente del governo, si parlava di ragazzi come “una fonte di inesauribile ricchezza per loro e non certo per le aziende che vorranno, invece, solo assicurarsi manodopera a basso costo”. Tutto il nostro impegno, tutte le energie che abbiamo profuso in questo campo fondamentale per la crescita del Paese è stato un po’ travolto da espressioni di questo tenore. Ora non si chiamano neppure “percorsi di alternanza scuola-lavoro, ma percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”. Così abbiamo fatto una petizione online».

D.Com’è andata?

R.«La petizione si chiama “Più Alternanza. Più formazione”. È reperibile sul nostro sito. Abbiamo cercato di spiegare che serve personale qualificato e non si trova. Il 48% delle nostre Imprese non riesce a reperire sul mercato candidati con il profilo richiesto. Conoscenza, sapere e competenza sono le infrastrutture immateriali fondamentali per un Paese 4.0. Abbiamo chiarito che con il sistema duale l’impresa diventa un po’ scuola e la scuola si apre all’impresa. Per il buon funzionamento occorrono processi strutturati, impiego di risorse materiali e immateriali, flessibilità e capacità di adattamento di ogni attore. Tutor aziendali e Insegnanti hanno bisogno di un continuo aggiornamento e deve essere reso sistematico il confronto tra Scuole, Imprese e centri di ricerca. Tutto questo richiede un supporto normativo, amministrativo ed economico. Alla fine, la petizione è stata firmata da oltre 20mila persone».

D.Il contratto nazionale collettivo è stato siglato il 26 Novembre del 2016. Ha una durata triennale, quindi alla fine di quest’anno si riapre la partita. Cosa c’è in palio?

R. «Tanto. Ci si gioca parecchio, fra qualche mese. Il contratto del 2016 era molto innovativo. Un vero cambiamento di paradigma, con inserimento di tematiche importanti per il futuro delle relazioni con il mondo del lavoro ma anche, a mio avviso, per quello del Paese. Agli inizi del prossimo anno saremo ancora in piena discussione con i sindacati, perché si tratta di fare un po’ di valutazioni ex-post: si tratta cioè di vedere quali risultati pratici sono stati ottenuti con l’introduzione di singole voci e, in base a ciò, decidere se e come andare avanti».

 

Maurizio Landini, attuale segretario generale Cgil ed ex leader Fiom (photo by Ivan Crivellaro)

D.Quale la tematica più importante?

R. «Secondo me, la contrattazione di secondo livello, che è poi quella espressione con la quale si intende l’attività negoziale svolta a livello territoriale, o anche aziendale. In genere, ha la funzione di integrare il contratto collettivo nazionale per meglio rispondere ai bisogni della singola azienda, o di quelle appartenenti a una certa area. È quella che si svolge all’interno di una cornice molto resistente, perché incorpora le linee guida, ma anche sottile, perché consente all’azienda di dipingere la tela del quadro. Abbiamo visto che l’impresa funziona meglio quando un po’ del reddito è condiviso con i lavoratori. Il canovaccio però va realizzato in rapporto alle esigenze specifiche di una determinata azienda. Da tempo è stata individuata la necessità di spostare il peso della crescita delle retribuzioni verso la parte variabile e legata alle performance delle imprese, ma solo il 3,7% della retribuzione è variabile, laddove i soli scatti di anzianità, un automatismo, pesano per il 4,3%. Peraltro, l’utilità della contrattazione di secondo livello sembra in effetti prescindere dalle dimensioni dell’impresa».

D.E perché potrebbe non essere una partita facile?

R. «Se guardiamo all’anno in corso, e al prossimo, non si può negare che l’incertezza sia aumentata. Poca crescita, tante difficoltà. Facile che i sindacati preferiscano un quadro più tradizionale, puntando su ciò che si decide a livello centrale. Noi, comunque, ascolteremo tutti».

D.Pensate ad un aumento salariale?

R.«È parte del contratto un adeguamento ex post sulla scorta dell’incremento del costo della vita. Gli imprenditori faranno la loro parte. Del resto, è nell’interesse della parte datoriale trovare un accordo soddisfacente con i lavoratori di settore».

D.Altri temi di rilievo?

R. «Anzitutto la formazione continua, in azienda. Riveste un ruolo fondamentale nel settore metalmeccanico. Abbiamo stabilito che esiste un diritto soggettivo da parte del lavoratore di richiederla. Non c’è modo diverso di appropriarsi delle nuove tecnologie, senza la diffusione delle competenze relative. E poi, l’assistenza sanitaria integrativa. I lavoratori dell’industria metalmeccanica dispongono di un fondo, “mètaSalute” la cui iscrizione, appunto a seguito del rinnovo contrattuale del 2016, è diventata obbligatoria; la contribuzione è a totale carico dell’azienda. Ora in Italia 1,2 milioni di “tute blu” godono dei benefici del fondo. Ecco, questi sono altri due argomenti che vanno approfonditi e ampliati».














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