Fronte anti Covid-19. Siare: i titani dei ventilatori polmonari

di Laura Magna ♦ Parla Giuseppe Preziosa, il direttore generale dell’unica società italiana a produrre ventilatori. Che dovrà fornire alle rianimazioni italiane 500 macchine al mese per i prossimi quattro mesi. Intanto progetta un ventilatore multiplo: per aiutare due pazienti contemporaneamente

Poco prima di pubblicare questa intervista da Facebook giunge una notizia “In collaborazione con il Policlinico Sant’Orsola di Bologna, prof. Ranieri e Intersurgical, il nostro staff R&D ha iniziato i test per ventilare due pazienti con un solo respiratore”. A scrivere il post è Gianluca Preziosa, direttore generale di Siare Engineering International Group, l’unica azienda italiana produttrice di ventilatori polmonari a cui il Paese dovrà in futuro rendere omaggio.

«Cinquecento ventilatori polmonari al mese per quattro mesi, da una media di 150 in tempi normali: lo sforzo a cui siamo stati chiamati è titanico. Sono numeri abnormi: consideri che il mercato mondiale della nostra nicchia è fatto di 35mila pezzi all’anno». A dirlo a Industria Italiana è Giuseppe Preziosa, direttore generale di Siare – fatturato di 11 milioni di euro annui che per lo più generati dall’estero, e un organico di 35 dipendenti – l’azienda che fornirà alla protezione civile le macchine necessarie a curare i pazienti più gravi del Covid-19. Per portare a termine questa missione, sono stati messi in standby clienti del calibro di General Electrics e Philips. E il racconto di questa eccellenza italiana non può che iniziare da qui, dal momento che nei prossimi mesi l’intera produzione sarà focalizzata sull’emergenza.







 

Al centro del distretto italiano del biomedicale

Giuanluca Preziosa rappresenta la seconda generazione della famiglia imprenditoriale che ha dato vita all’azienda: suo padre Giuseppe l’ha fondata nel 1974 quando aveva 28 anni. Racconta Preziosa: «Mio padre alla fine degli anni Sessanta era già esperto di ventilatori polmonari allevato alla corte di Mario Nino Veronesi, imprenditore e farmacista considerato il padre fondatore del distretto biomedicale di Mirandola. Che è l’industria italiana più importante in termini di fatturato e occupazione, dopo che automotive e moda hanno di fatto trasferito la testa all’estero. Ma si tratta di aziende che vendono all’estero almeno il 70% della produzione ed è in generale un settore poco conosciuto al grande pubblico e sicuramente poco valorizzato: il nostro stesso fatturato dipende per il 90% dal mercato globale e in tempi normali non lavoriamo con gli ospedali italiani che preferiscono, inspiegabilmente, la tecnologia tedesca».

Inspiegabilmente. Perché l’area tra Mirandola e Bologna ospita il più importante distretto del settore biomedicale in Europa, terzo nel mondo dopo Minneapolis e Los Angeles, con un fatturato complessivo di oltre 1,6 miliardi di euro e più di 150 milioni di margine operativo lordo. In questa Biomed Valley italiana  operano circa 5mila addetti, in aziende che sono per lo più Pmi.

Gianluca Preziosa, direttore generale di Siare
I numeri di Siare

Siare ha chiuso il 2019 con un fatturato di 11,5 milioni di euro e segna una crescita media del 20% l’anno, oltre ai suoi 35 addetti c’è l’indotto dei fornitori della provincia; le macchine da Bologna raggiungono oltre 60 Paesi in tutto il mondo, soprattutto attraverso le multinazionali Ge e Philips, di cui Siare è fornitore abituale.

«Produciamo apparecchiature per anestesia e rianimazione e per terapia semi-intensiva e intensiva: in queste ultime due aree si inseriscono i due modelli di ventilatore della nostra gamma su cui si focalizzerà gran parte della produzione nei prossimi quattro mesi almeno, valutando in progress la possibilità di poter ampliare ulteriormente l’attuale capacità.  Lavoreremo prevalentemente su questo, ma ci stiamo attrezzando per servire la nostra clientela tradizionale perché abbiamo contratti in essere che devono essere onorati. È un doppio sforzo e stiamo facendo gli studi del caso per riuscire a centrare entrambi gli obiettivi», precisa Preziosa.

Una delle apparecchiature prodotte da Siare

 

Oggi dalle linee del capannone di Valsamoggia già escono 125 macchine a settimana, che vengono consegnate ogni giorno, in una vera e propria corsa contro il tempo. La fabbrica è hi-tech con camere sterili e isole in cui i cobot coesistono con operai a elevata specializzazione, in 7500 mq.  «Non solo la macchina finita ma tutta la filiera è assolutamente made in Italy: i fornitori sono tutti tra Lombardia ed Emilia Romagna, Marche e Toscana. Questo è un vantaggio per la qualità». Non solo. Siare investe in R&S il 20% del fatturato contro una media di settore tra il 6 e l’8% e in questo modo «riusciamo a realizzare una macchina nuova in tre anni anziché nei sei della media del biomedicale e la aggiorniamo ogni anno. È una R&S molto dinamica: abbiamo sempre dato priorità a questa parte della produzione sulla vendita e non a caso più tecnici che commerciali. L’elevato contenuto di tecnologie delle nostre macchine ha fatto la differenza in termini di utili, che vengono reinvestiti totalmente in R&S».

 

L’innovazione che salva l’Italia

E proprio grazie a questo massiccio impiego della ricerca, al prodotto standard Siare aveva applicato un’innovazione unica che consente di ridurre al minimo la quantità di consumabile. «Quando un ventilatore entra nella terapia ha bisogno di accessoristica, in gergo la chiamiamo plastica, che va cambiata quotidianamente. Noi per questa pandemia stiamo consegnando una apparecchiatura studiata per avere un utilizzo minimo del consumabile, con gli accessori tutti riutilizzabili, in modo da risolvere anche il problema dell’approvvigionamento. Il prodotto nasceva per i nostri clienti dall’altro lato del mondo, per cui le distanze enormi rendono critica la fase di fornitura degli accessori. In questo caso il sistema si è dimostrato perfetto: senza questa logica le macchine oggi sarebbero bloccate perché avrebbero bisogno di una quantità industriale di accessori», spiega Preziosa.

Siare, l’ingresso dello stabilimento di Valsamoggia
 Fattore flessibilità

Ma c’è un altro valore che Siare incarna alla perfezione – e che è tipico delle nostre eccellenze produttive: la flessibilità che ha reso possibile adattarsi a una situazione inattesa a cui nessuno era preparato. «Venerdì 6 marzo alle ore 12 il premier Giuseppe Conte ci ha chiamato per spiegarci l’emergenza e ci ha dato quattro ore per rispondere. La difficoltà stava nel reperire persone capaci di lavorare a macchine così complesse, in un settore di nicchia, non avendo tempo per formarle adeguatamente: abbiamo pensato al fatto che la Difesa ha fabbriche che costruiscono tante cose, da armamenti a velivoli, con elevato grado di specializzazione e così abbiamo chiesto al Paese 25 militari da inserire nelle nostre produzioni per velocizzare il reclutamento e in 48 ore eravamo pronti ad agire.  È un’operazione anche psicologicamente bella tosta, ma non abbiamo pensato neppure un attimo che non potevamo provarci».

La Consip aveva indetto una gara per verificare se ci fossero altre realtà in grado di contribuire alla causa: ma la gara è andata deserta perché Siare è davvero l’unica azienda in Italia capace di costruire un ventilatore polmonare. «Altri produttori ci sono, ma all’estero: due in Germania e uno in Francia e i rispettivi Paesi tendono a chiudersi e a riservare la produzione per il mercato interno. Noi abbiamo fatto un accordo diretto con lo Stato che si è inserito nella filiera. Stiamo producendo numeri enormi, una follia, la situazione è tale che ogni strada possibile deve essere battuta. Le capacità ci sono, le idee anche, si tratta solo di mettere insieme le teste migliori e andare avanti, salvandoci da soli».

Una mission (im)possible che coinvolge anche Fca

Intanto, fin dal primo istante senza esitare gli imprenditori bolognesi hanno «rinunciato al mercato mondiale: quando abbiamo ricevuto la telefonata di Conte avevamo 320 macchine pronte per la consegna. Non ci abbiamo pensato un attimo: abbiamo dirottato la commessa e i ventilatori sono partiti per la Lombardia, il Piemonte, l’Emilia e la Liguria». Da quel momento «la Protezione civile si è occupata di assegnare i macchinari laddove se ne presenti l’esigenza e ovviamente lo fa dando priorità alle zone più colpite dal Covid-19. Lavoriamo a stretto contatto con Angelo Borrelli e con il Commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri. Ma c’è necessità di produrre di più», dice Preziosa. E per produrre al massimo del potenziale si sta tentando ogni strada, anche quella della collaborazione con i colossi. «È stata coinvolta anche Fca per vedere se può contribuire con le materie prime e semilavorati, elettronica, pneumatica, valvole o tubi prelevati da suoi magazzini e opportunamente modificati. O anche spianandoci la strada dell’accesso ai mercati e a centinaia di migliaia di potenziali fornitori della sua filiera».

Siare non è più solo una manifattura in queste settimane, ma una centrale operativa da cui si coordina una guerra. «Questa pandemia è una bestia che cambierà tante cose, anche il modo di pensare delle persone. Nel nostro caso, si sta riscoprendo il valore del biomedicale domestico e spero che questo riaccenda i riflettori su un gruppo di aziende strategiche e che anche l’opinione pubblica si sensibilizzi sulla necessità di preservare un polo che è un’eccellenza e qualcosa di cui abbiamo bisogno. Non solo in emergenza sanitaria».

 

 

 














Articolo precedenteCovid, da Engineering il sensore wearable per il distanziamento
Articolo successivoUn’idea per superare la crisi di cassa Covid-19: raccogliere soldi in rete col crowdlending! Perché no?






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui