Da Comau l’esocheletro anti fatica. E non è fantascienza!

L'esoscheletro indossabile Mate di Comau è stato certificato dalla Fondazione Ergo, ente tecnico di riferimento in Italia in materia di organizzazione e misurazione del lavoro ed ergonomia, tematiche al centro di un progetto di ricerca (“Eso-Eaws”) sviluppato grazie ad una rete di Imprese, sindacati e Università

di Marco Scotti ♦ Studiato per coadiuvare nell’ambito industriale  i lavoratori dell’ automotive, Mate è  una struttura meccanica a molla che facilita i movimenti ripetitivi e allevia gli sforzi. Per ora non è digitally connected, e può essere impiegato anche in altri ambiti professionali che comportano un’alta frequenza di movimenti usuranti. Nel progetto  la Società del Gruppo Fca  assieme all ’Istituto Superiore Sant’Anna di Pisa e Ossur

Avrà un costo inferiore ai 5.000 euro e sarà disponibile alla vendita a partire da dicembre. «Non si tratta di un potenziamento muscolare à la Iron Man, ma piuttosto di un supporto all’articolazione muscolo-scheletrica della spalla, un complemento per tutti coloro che sfruttano quella parte del corpo per la propria attività lavorativa. Il costo è estremamente competitivo, e dal nostro punto di vista, si tratta di una grande sfida tecnologica che ci sta impegnando quotidianamente». Duilio Amico, marketing and network development director robotics&automation products di Comau, presenta in esclusiva a Industria Italiana l’esoscheletro realizzato dalla divisione robotica dell’azienda in orbita Fca. Un prodotto che è stato concepito in tempi molto rapidi e che ora è pronto per sbarcare sugli “scaffali” di tutto il mondo.

 







L’esoscheletro

L’esoscheletro Mate (acronimo di Muscolar Aiding Tech Exoskeleton, ma mate in inglese significa anche compagno di lavoro) è stato realizzato dalla divisione robotica di Comau in soli 11 mesi, partendo dalla considerazione che nel mondo del lavoro c’è una senescenza progressiva. Un trend complessivo che riguarda anche il settore dell’industria quindi, con lavoratori che restano al lavoro fino ad età avanzata. In più, insieme a questa constatazione di natura demografica, c’è anche un aspetto più “filosofico”: l’integrazione tra uomo e macchina in quello che oggi viene chiamato humanufacturing, ovvero una manifattura in cui i device robotici vengono in soccorso della componente umana per rendere il lavoro meno gravoso e valorizzare i processi industriali.

Sono queste le ragioni che hanno stimolato la realizzazione di un esoscheletro che ha lo scopo di aiutare gli operatori in alcune specifiche operazioni industriali. Si tratta di un esoscheletro passivo, cioè senza nessuna componente meccanica che sia di supporto al lavoro. Nessuna integrazione tra uomo e robot, quindi, ma un mero supporto. Il peso dell’esoscheletro è inferiore ai 3 kg e verrà proposto in due misure (S/M e L/XL) che si adattano a due macro-tipologie di esseri umani. Avrà una forza che è graduabile in sette livelli diversi, a seconda dell’operazione che deve essere fatta.

All’origine di Mate

«Il primo prototipo funzionante – ci spiega Amico – è uscito dai nostri stabilimenti dopo 11 mesi dall’inizio della ricerca. Sono passati poco più di due anni, ma abbiamo “galoppato” tantissimo per realizzarlo. Inizialmente il Mate è stato pensato per quei lavoratori che operano sotto la scocca delle automobili. Il problema di questi operai era di tenere le braccia sollevate per lunghi periodi di tempo in una posizione innaturale, con un angolo di 90° rispetto al tronco. Poi però ci siamo resi conto che questo prodotto poteva avere molte altre applicazioni e abbiamo avviato contatti con i settori più disparati. Per esempio, abbiamo iniziato a parlare con molti altri comparti, come ad esempio i dentisti o i cineoperatori della televisione e del cinema, fino ad arrivare all’agricoltura e ad alcuni settori dell’edilizia. »

«Per quanto riguarda i dentisti, siamo stati contattati da una facoltà di odontoiatria perché nel loro ambito professionale si sviluppavano con frequenza patologie soprattutto nella zona della spalla,  una tra le articolazioni più complesse del corpo umano. Insomma: siamo un’azienda di estrazione metalmeccanica, veniamo dall’automotive, ma stiamo cominciando a sviluppare delle strategie anche per vendere in altri settori, la cui consistenza e la cui prospettiva non siamo perfettamente in grado di valutare al momento. Abbiamo realizzato un prodotto che, a prima vista, può sembrare meno “connesso” rispetto ai dispositivi dell’Industria 4.0. Il motivo è che gli operatori e i datori di lavoro non sono ancora completamente pronti a un esoscheletro attivo, da loro giudicato troppo invasivo».

 

 

Le partnership

La prima e principale partnership che Comau ha stretto è quella con l’Istituto Superiore Sant’Anna di Pisa, che ha permesso di individuare l’area di intervento. Da una serie di studi, infatti, è emerso che se le braccia restano a una certa altezza per troppo tempo, si creano danni muscolo-scheletrici nella zona della spalla, un’articolazione molto complessa e molto difficile da rigenerare. Un “mercato” ancora inesplorato eppure estremamente ampio. «Si può dire che il Mate – prosegue Amico – nasca dall’unione di tre tecnologie. Da una parte ci sono i metalmeccanici, che siamo noi; poi ci sono i biorobotici dell’Istituto Sant’Anna; infine ci sono i biomeccanici della Ossur, un’azienda islandese leader nella realizzazione di protesi biomeccaniche e che ha realizzato quella che noi chiamiamo l’interfaccia tra il Mate e la persona. In particolare, la Ossur ha creato un “corpetto”, che è quello che consente di interfacciare gli oggetti e le persone».

Il costo e i servizi

Il Mate avrà un costo inferiore ai 5.000 euro e sarà disponibile alla vendita a partire da dicembre. «Soprattutto all’inizio – racconta Amico – sarà importante focalizzarci sul nostro target di riferimento: soggetti più strutturati, aziende che possano comprarne in volumi di decine o centinaia. In particolare, sarà molto importante fare una valutazione dei processi a cui si applica meglio, e questo processo valutativo dovrà essere svolto di concerto con il cliente. Non è stato facile far comprendere, durante le dimostrazioni che abbiamo fatto in giro, gli effetti benefici che si possono avere sui lavoratori.

Durante le molteplici fiere moltissima gente si è avvicinata a noi convinta che fosse un potenziamento muscolare alla Iron Man con cui sollevare dei pesi, ma non è quello per cui è nata l’idea. Per questo prevediamo una fase di assessment iniziale. In questa prima fase siamo orientati a vendere un pacchetto più sui clienti di dimensioni elevate, che siano interessati ad assicurare la continuità del servizio. Perché fornendo un prodotto che va indossato noi non stiamo vendendo una merce qualsiasi, ma un servizio con delle strategie integrate che permettano la migliore resa possibile. Inoltre, vogliamo aiutare i nostri clienti a scegliere la migliore regolazione possibile in modo da riuscire a fare davvero la differenza».

Quanto serve?

Che il Mate riduca in maniera significativa i danni da usura dell’articolazione della spalla è piuttosto evidente. Ma quantificare questo beneficio è ancora complesso. «Stiamo parlando – aggiunge il marketing and network development director robotics&automation products di Comau – di un prodotto nuovissimo, non c’è molto “storico”, ma abbiamo iniziato con i nostri partner e con organizzazioni indipendenti a studiare qual è la riduzione dei danni muscolo-scheletrici. In medicina, uno studio con meno di qualche migliaio di casi viene considerato poco rilevante, e noi siamo ancora ben lontani da questi numeri. Però stiamo costruendo con degli enti terzi la storia dell’aiuto clinico che il Mate può offrire. Ma al momento non abbiamo ancora dati divulgabili in tal senso».

 

La divisione robotica di Comau

Attorno al progetto dell’esoscheletro Mate si stanno muovendo complessivamente una quarantina di persone, a cui devono aggiungersi le naturali sinergie con le aziende che fanno parte della galassia Comau e con le quali vengono costantemente alimentate le esigenze del progetto. «Abbiamo – spiega Amico – lo Humanufacturing center a Pisa, per essere vicini a quella che io chiamo la nostra “mamma”, cioè l’Istituto Sant’Anna. In questo modo riusciamo a gestire meglio alcune dinamiche tipicamente da startup che abbiamo. I nostri ragazzi devono essere liberi di sperimentare e, eventualmente, di sbagliare. Da un punto di vista finanziario, poi, ci stiamo muovendo esclusivamente con le nostre forze, non abbiamo beneficiato di contributi diretti. Rispetto ai progetti che vengono fatti in Comau, questo è sicuramente molto meno “impattante” da un punto di vista finanziario, mentre lo è sicuramente per quanto riguarda la sfida tecnologica: ci siamo avvicinati all’ambito medicale, mentre generalmente proveniamo dalle linee di produzione per l’industria automobilistica».

Mate e Industria 4.0

Rimane da chiarire un dettaglio: un dispositivo come Mate, che non ha sviluppo di automazione, ma che sicuramente va nella direzione del miglioramento delle condizioni di lavoro degli operai manifatturieri (e non solo) può essere considerato meritevole di ricevere gli sgravi relativi agli investimenti in Industria 4.0? «Se dovessimo pensare agli incentivi – ci racconta ancora Amico – come rivolti esclusivamente a prodotti connessi, allora dovremmo pensare che non possiamo beneficiare di questi sgravi. Oltretutto, è stata una scelta consapevole quella di non connettere il Mate: abbiamo voluto evitare di gestire una potenziale invasività del prodotto. Anche parlando con i sindacati e con i nostri clienti abbiamo compreso che c’era più di una perplessità anche perché poi si sarebbe aperto un enorme tema di privacy: un datore di lavoro avrebbe potuto impiegare i dati per valutare il numero di ore effettivamente lavorato dai dipendenti o per ottenere informazioni sensibili. Certo, se si prende in considerazione esclusivamente una visione “in bonis”, sarebbe sicuramente interessante poter analizzare i dati. Io per primo ero intenzionato a connettere il Mate. Poi però abbiamo preferito non farlo».

Il mercato degli esoscheletri

Secondo le proiezioni di Ifr, entro il 2020 il mercato degli esoscheletri sarà composto da 10.000 unità, divise tra gli usi più rivolti all’industria (come nel caso di Mate) o a quelli studiati per l’ambito mlitare. «È un mondo – conclude Amico – ancora in grande fermento. Tutti stanno aspettando il “boom” che dovrebbe arrivare a breve e che renderà il comparto estremamente dinamico. Ci sono al momento tante realtà impegnate nel settore: si va dalle startup, alcune delle quali anche più piccole di noi, che a volte si sono “dissolte” nel giro di un paio di anni. C’è qualche azienda piccola e dinamica e poi ci sono i grossi player storici. Uno di questi è Lockheed, che sta studiando le applicazioni nel settore militare già da un po’ di tempo. Per quanto riguarda esclusivamente il nostro comparto, abbiamo un parterre ci 5-6 competitor».














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