Vaccino anti-Covid: l’italiana Irbm tra genio, bufale e Cdp

di Marco de' Francesco ♦︎ La CRO di Pomezia, guidata da Piero Di Lorenzo, ha per direttore scientifico Carlo Toniatti. Dossier sul tavolo di Fabrizio Palermo (Cassa depositi e prestiti) da qualche giorno. Ha venduto nel 2013 la cura contro l’ebola a Gsk. Oggi trovare un rimedio alla pandemia sarebbe un affare miliardario ma le fake news si affastellano. Tutto quello di vero e di importante che c’è da sapere su una poderosa macchina da innovazione made in Italy nell’industria farmaceutica. E che, forse, potrebbe cambiare i destini del mondo

Pomezia Roma, 25 Febbraio, 2010: Ricercatori al lavoro nei laboratori dell'azienda farmaceutica IRBM Science Park nel settore dove si sperimenta la tolleranza e l'efficacia dei nuovi farmaci su cavie animali. La IRBM, azienda specializzata nella ricerca farmaceutica  stata rilevata dall'imprenditore Piero Di Lorenzo dopo essere stata abbandonata dalla multinazionale Merkel. Foto: ©Franco Origlia

La Cassa Depositi e Prestiti entrerà nella partita del vaccino anti Covid-19, quello sviluppato dall’italiana Irbm insieme al Jenner Institute dell’università di Oxford? Presto per dirlo. Ciò che è certo è che il dossier è stato portato sul tavolo dell’amministrazione delegato di Cdp Fabrizio Palermo due o tre giorni fa. Secondo quanto risulta ad Industria Italiana non corrispondono al vero le indiscrezioni circolate in questi giorni (su Libero, Dagospia e altri) secondo le quali il fascicolo sarebbe stato recapitato più di due mesi fa sulla scrivania del presidente del consiglio Giuseppe Conte e da lì sarebbe stato inoltrato in ritardo a Cdp. Secondo tali rumors privi di fondamento, per ritardi e incomprensioni gli italiani sarebbero rimasti fuori dall’affare miliardario del secolo. Bufale!

In ogni caso la questione di una partecipazione italiana, magari azionaria, è complessa. Perché Irbm ha da oltre dieci anni un rapporto consolidato con l’ateneo inglese. Che a sua volta ha una relazione strettissima con AstraZeneca, la multinazionale britannica che è attrezzata per produrre e distribuire il vaccino. Un finanziamento italiano da AstraZeneca? Poco plausibile. Quali potrebbero essere dunque le modalità di partecipazione italiana in questa iniziativa? Si vedrà. Ma sta di fatto che è molto italiana la “scoperta” di un vaccino che potrebbe cambiare la storia del mondo, dagli assetti geopolitici agli equilibri economici.







Irbm, guidata dal presidente e amministratore delegato Piero Di Lorenzo, ha messo a punto il vaccino italiano anti-ebola, il cui brevetto è stato acquistato nel 2013 dalla società britannica Gsk. È una Cro (Contract Research Organization), una società che in ambito farmaceutico svolge la ricerca e poi ne vende i risultati ai produttori terzi. Al mondo i servizi delle Cro valgono 38 miliardi di dollari, e si stima che nel 2026, con una crescita prodigiosa, ne varranno 90. L’industria farmaceutica è una colonna del saper fare industriale italiano, e non a caso nel 2019 il nostro Paese è diventato il primo produttore farmaceutico europeo, superando anche la potente Germania. Il settore conta nel Belpaese 66.500 addetti, di cui 6.600 direttamente impegnati nella R&D; e altri 79mila nell’indotto. Il valore della produzione sfiora i 33 miliardi. Il 59% delle imprese dispone di capitale estero. È il comparto con la crescita più alta negli ultimi dieci anni, ed è quello che ha aumentato di più l’occupazione.

Ma chi è Irbm? Quali ricerche scientifiche ha dato alla luce? Con quale impatto sull’industria? Vale la pena di raccontarla.

 

Piero Di Lorenzo parla a Coffee Break della road map per il vaccino anti-Covid

Una società scientifica

Pomezia Roma, 25 Febbraio, 2010: Piero di Lorenzo Amministratore delegato di IRBM Science Park posa nei laboratori di ricerca della sua Azienda. Di Lorenzo ha rilevato la IRBM, azienda specializzata nella ricerca farmaceutica, dopo che era stata abbandonata dalla multinazionale Merkel.
Foto: ©Franco Origlia

Irbm è una società scientifica specializzata nel settore della biotecnologia molecolare, della scienza biomedicale e della chimica organica; il direttore scientifico è Carlo Toniatti. Ha sede a Pomezia, a mezz’ora di macchina da Roma. Il centro è un parco scientifico che si estende per 72mila metri quadrati, con 22mila metri quadrati di laboratori dotati di attrezzature all’altezza dell’avanguardia internazionale. È nata 30 anni fa, esattamente nel 1990, come Istituto di biologia molecolare, in sigla, appunto, Irbm. Secondo gli ultimi dati finanziari diffusi, relativi al 2018, il valore della produzione del centro è stato pari a 23 milioni, con un utile superiore ai tre milioni di euro. Attualmente a Pomezia si lavora giorno e notte sul vaccino anti Covid-19. Per ora è stato testato da poco più di 500 volontari, nel Regno Unito. Stanno tutti bene. A giugno, la sperimentazione sarà allargata ad un campione di oltre 5mila persone. AstraZeneca, sulla scorta del lavoro di Irbm e del Jenner Institute, conta di produrre due milioni di dosi per gennaio, rileva Startmag. Ma la domanda sarà di miliardi di dosi.

 

Un crescendo di scoperte e di farmaci in commercio

All’inizio, è una joint-venture tra il colosso farmaceutico americano Merck & Co., 46,8 miliardi di dollari di fatturato e 70mila dipendenti, e l’azienda di Pomezia Sigma Tau, dal 2017 confluita in Alfasigma, la multinazionale bolognese (con sede legale a Milano) che ha superato un miliardo di euro di revenue. Dopo dieci anni di operatività, però, la multinazionale del New Jersey ha ottenuto la proprietà esclusiva del sito, che è diventato il laboratorio italiano dedicato alla scoperta di nuovi farmaci. Ed in effetti, come racconta l’azienda, Irbm ha realizzato un insieme di successi consecutivi. Anzitutto, con l’invenzione e lo sviluppo di Zolinza, un farmaco che serve per la cura di un tumore del sangue che colpisce la pelle, una patologia che si manifesta come un particolare linfoma cutaneo. Zolinza va utilizzato quando quest’ultimo peggiora, non scompare o si riforma dopo aver assunto altre medicine. In secondo luogo, con la scoperta di Isentress, farmaco antiretrovirale utilizzato, insieme ad altri, per il trattamento dell’Hiv-Aids. Può anche essere usato, nell’ambito della profilassi post-esposizione, per prevenire l’infezione da Hiv in seguito a potenziale esposizione. È preso per via orale. È incluso nell’elenco dei medicinali essenziali dell’Organizzazione mondiale della sanità. Ancora, con l’invenzione di Grazoprevir, un farmaco per il trattamento dell’epatite C. È un inibitore della proteasi (è un po’ complicato: tecnicamente, «un enzima in grado di catalizzare la rottura del legame peptidico tra il gruppo amminico e il gruppo carbossilico delle proteine») del virus. Ha una buona attività contro la gamma di varianti di genotipo dell’Hcv, incluse alcune resistenti ad altri farmaci antivirali attualmente in uso. Infine, con la scoperta di Zejula, un inibitore Parp (farmaci originariamente testati contro tumori legati alle mutazioni di particolari geni che aumentano il rischio di carcinomi al seno e all’ovaio per le donne, e alla prostata per gli uomini) a piccole molecole attivo per via orale per il trattamento del carcinoma ovarico. Tutti e quattro i farmaci hanno superato con successo studi clinici e sono entrati nel mercato.

 

Stefania Di Marco, a capo dell’equipe Advent di Irbm, racconta le fasi dello sviluppo del vaccino anti-Covid

Un sistema per rilevare la malattia di Huntington  

Pomezia Roma, 25 Febbraio, 2010: l’azienda farmaceutica IRBM Science Park. La IRBM, azienda specializzata nella ricerca farmaceutica  stata rilevata dall’imprenditore Piero Di Lorenzo dopo essere stata abbandonata dalla multinazionale Merkel.
Foto: ©Franco Origlia

Nel 2009, poi, il laboratorio è stato ceduto dalla multinazionale; ma l’anno dopo ha riaperto come società indipendente, specializzata nel settore della biotecnologia molecolare, della scienza biomedicale e della chimica organica, mantenendo il team scientifico responsabile dello sviluppo dei quattro farmaci commercializzati. Il “salvataggio” di Irbm sarà descritto in seguito. I ricercatori del laboratorio hanno pubblicato oltre 800 articoli su riviste internazionali di comparto, e compaiono tra gli inventori di oltre 100 brevetti. Infine, nel 2016 Irbm rende noto di aver sviluppato «un saggio di quantificazione ultrasensibile del mutante Huntingtin». La malattia di Huntington, o corea di Huntington, è una patologia genetica che colpisce la coordinazione muscolare e porta a un declino cognitivo e a problemi psichiatrici. Ha a che fare con la degenerazione della corteccia celebrale. Esordisce tipicamente durante la mezza età: i sintomi fisici della malattia possono incominciare a qualsiasi età, ma più spesso tra i 35 e i 44 anni. È la più frequente malattia a causa genetica nei quadri clinici neurologici con movimenti involontari anomali (che prendono il nome di corea). Complicanze come le malattie cardiache, la polmonite e altro riducono l’aspettativa di vita di circa 20 anni. Per un qualche motivo, tale patologia colpisce più gli europei e fra i loro discendenti americani piuttosto che gli asiatici e gli africani. La base genetica della malattia è stata scoperta nel 1993 grazie a una ricerca internazionale guidata dalla Hereditary Disease Foundation. Comunque sia, la proteina mutante Huntingtin è un fattore chiave nell’induzione della neuro-degenerazione, perché compromette la trascrizione genica e interrompe il traffico intracellulare. Per questo, il sistema di rilevazione inventato da Irbm è ampiamente utilizzato nel caso di insorgenza della patologia.

 

Un vaccino contro l’Ebola

Qualche mese fa i giornali hanno riportato una notizia che ha fatto scalpore. All’Irbm, che per l’operazione si è unita in joint venture con Okairos, è stato sviluppato un vaccino contro il virus Ebola, poi acquisito dalla multinazionale britannica GlaxoSmithKline, spesso indicata come Gsk. Ora è già in fase di produzione. Secondo il Messaggero, il padre del vaccino è il professor Riccardo Cortese, il biologo molecolare di fama mondiale già direttore dell’European Molecolar Biology (Elb) di Heidelberg nonché fondatore della citata Okairos, azienda italiana focalizzata sullo sviluppo di nuovi vaccini di alto profilo tecnologico – acquisita nel 2013 da Gsk a seguito di un deal da 250 milioni di euro. Cortese ha incontrato Piero Di Lorenzo, l’imprenditore che ha salvato Irbm dalla chiusura nel 2009; quest’ultimo ha scommesso sull’idea di Cortese ed è stata avviato lo studio sul vaccino. L’Ebola è una famiglia di virus che colpiscono gli umani con una febbre emorragica e che comportano un tasso di letalità molto alto. Le cinque specie di virus riconosciute dall’International Committee on Taxonomy of Viruses prendono il nome dalle regioni dove sono state individuate per la prima volta. Gli Ebolavirus sono stati descritti dopo l’epidemia di febbre emorragica scoppiata nel sud del Sudan nel giugno 1976 e nello Zaire nell’agosto 1976.

 

Irbm e il vaccino anti-Covid

Un gioiello che l’Italia ha rischiato di perdere

Attualmente, rivela Startmag, Irbm è controllata al 98% da Ilaria Di Lorenzo, manager della società e figlia dell’imprenditore Piero, che ha rilevato Irbm, richiamando nella cittadella scientifica di Pomezia 180 scienziati, tra farmacologi, chimici e biologi. Il fatto è che nel 2009 Merck & Co., che stava tagliando le proprie strutture in tutto il mondo, aveva deciso di disfarsi del laboratorio italiano; su questo si scatenò una tempesta: molti ricercatori preferirono riparare all’estero, altri nel Nord Italia. Tutto sembrava perduto. A quel punto si fece avanti l’imprenditore, che acquistò gli immobili e le apparecchiature scientifiche.  «Durante la prima riunione i ricercatori mi guardavano come fossi un marziano, erano molto scettici» – raccontò all’Espresso Piero Di Lorenzo. «Eppure ci siamo accordati: a loro va piena libertà nel lavoro scientifico, per me rivendico la gestione finanziaria, amministrativa e commerciale». Dopo due anni di lavoro, il centro raggiunse il pareggio di bilancio.

 

La vicenda delle indiscrezioni

Fabrizio Palermo, amministratore delegato di Cdp. Secondo le indiscrezioni, il Capo Gabinetto Goracci avrebbe girato in ritardo a Palermo il dossier relativo al vaccino anti-Covid

Considerate le dimensioni della domanda globale, la produzione del vaccino è un affare di dimensioni colossali. Sembra peraltro poco credibile che una sola casa farmaceutica possa sopperire ad una simile richiesta. Per quale motivo, poi, anche considerata la partecipazione di Irbm, l’Italia non dovrebbe avere un ruolo in tutto ciò? Qui, come si è visto, le competenze non mancano. Secondo il noto sito Dagospia, per ora il Belpaese avrebbe giocato male le proprie carte. Le cose sarebbero andate così: l’Irbm si sarebbe rivolta all’esecutivo per convincerlo ad entrare tra i finanziatori del progetto italo-britannico. Il governo non avrebbe colto l’importanza economica ed industriale della questione; anzi, il Capo Gabinetto Alessandro Goracci e altri avrebbero girato la richiesta alla Cassa Depositi e Prestiti, guidata dall’ad Fabrizio Palermo. Dopo due mesi di inutili tentativi, però, Irbm avrebbe lasciato il campo libero al governo britannico. D’altra parte, quest’ultimo ha finanziato senza problemi e con 20 milioni di euro la ricerca italo-inglese. Secondo però ambienti vicini a Cassa Depositi e Prestiti, direttamente consultati da Industria Italiana, non ci sarebbe nulla di vero in questa ricostruzione. Il dossier Irbm sarebbe arrivato a Cdp solo qualche giorno fa, e l’ente, benché per statuto non si occupi di finanziamenti a fondo perduto, sta valutando con Bei (Banca europea degli investimenti) la possibilità di una partecipazione all’iniziativa. Di che genere, e con quali e quanti mezzi, si capirà nei prossimi giorni.














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