Covid, Confindustria: concretizzare Fase 2 per riaprire in fretta le imprese

di Chiara Volontè ♦︎ All’emergenza sanitaria sta facendo eco quella economica: prolungare il lockdown significa continuare a non produrre, perdere clienti e relazioni internazionali. La Confederazione: "Realizzare un percorso chiaro e decisioni condivise"

La salute prima di tutto, soprattutto con la pandemia in atto da Coronavirus. Ma le imprese devono avere la possibilità di lavorare, di poter riaprire in assoluta sicurezza. Perché all’emergenza sanitaria seguirà una profonda crisi economica, che l’Italia deve essere in grado di affrontare affinché non si trasformi in depressione.

«È ora necessario concretizzare la “Fase 2” – ribadiscono da Confindustria – Definire un piano di aperture programmate di attività produttive mantenendo rigorose norme sanitarie e di distanziamento sociale. Occorre uscire dalla logica dei codici Ateco, delle deroghe e delle filiere essenziali a partire dall’industria manifatturiera e dai cantieri. È una logica non più sostenibile e non corretta rispetto agli obiettivi di sanità pubblica e di sostenibilità economica. Il criterio guida è la sicurezza».







La preoccupazione di Confindustria Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto si sta facendo ogni giorno più concreta: dati alla mano, secondo il Centro studi dell’Associazione, nel primo trimestre 2020 la produzione industriale è attesa in diminuzione del 5,4%, il calo maggiore da undici anni.

«Le imprese – prosegue il documento della Confederazione – si sono già dotate di alcuni importanti strumenti per modulare i propri comportamenti in questa difficilissima situazione, in primis il Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro. Si tratta di un documento fondamentale, condiviso da tutti gli attori che deve trovare una rigorosissima applicazione, anche nei controlli, e costituire il principale riferimento».

Innanzitutto, è necessario mettere le imprese nelle condizioni di reperire tutti i dispositivi di protezione individuale e garantire il loro approvvigionamento mediante un agevole percorso di fornitura che passi da un flusso costante e prioritario nelle procedure doganali.

In secundis, si deve velocizzare il percorso di autorizzazioni da parte dell’ISS per i dispositivi prodotti in deroga alle normative sanitarie, ma che dimostrino requisiti di protezione soddisfacenti.

Infine, bisogna mettere in campo un pacchetto di misure di finanziamento a fondo perduto che supportino gli investimenti delle imprese nella sicurezza basato su alcune linee d’azione fondamentali: adozione di protocolli di sanificazione degli ambienti di lavoro; ripensamento degli spazi lavorativi per ridurre al minimo i contatti tra le persone; nuova mobilità da e per i luoghi di lavoro e all’interno dei siti produttivi; ricorso allo smart working.

La richiesta di Confindustria è di poter definire, insieme al Governo, un piano di contenimento del virus sui luoghi di lavoro, basato su una collaborazione tra Autorità preposte, imprese e sindacati per consentire una efficiente gestione dell’operatività delle imprese nel periodo di emergenza, funzionale ad evitare pericolose situazioni di contrasto che metterebbero a repentaglio gli sforzi di collaborazione. Ciò deve poter avvenire anche a livello territoriale e regionale per costruire e sperimentare nuovi “modelli” di lavoro.

«A livello regionale – conclude la Confederazione degli industriali – occorre condividere con i Servizi Sanitari modelli di collaborazione in cui le imprese diventano luoghi in cui si attuano le politiche per la salute a partire dalle attività di screening preventivo sulle quali si attendono decisioni tempestive e univoche delle autorità competenti: con l’ausilio fondamentale di test sierologici validati o con programmi coordinati di “tamponi” sul territorio».














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