Le strategie di Conio, la blockchain start-up di Christian Miccoli

di Laura Magna ♦ L’inventore di Conto Arancio e Che Banca! propone un portafoglio bitcoin che funziona su smartphone. L’innovazione sta al cuore delle attività consulenziali che la nuova azienda, fondata insieme a Vincenzo Di Nicola, propone sulla catena a blocchi. Il mondo del Fintech è in fermento, e la digital transformation passa anche da lì.  

In Italia Christian Miccoli è il manager più noto e di maggior successo nel mondo del Fintech. Prima ha aperto in Italia la filiale di Ing Direct, la prima importante banca online (gruppo Ing, colosso olandese del credito), che all’epoca era solo quella del Conto Arancio e adesso ha un amplissimo portafoglio di servizi, che comprendono anche attività “classiche” e filiali fisiche. Poi ha aperto e guidato CheBanca!, l’iniziativa di Mediobanca nel settore, diventata il principale competitor della stessa Ing Direct. Adesso torna alla carica con una start-up focalizzata sulla consulenza alle aziende in campo blockchain. Cofondatore è l’esperto di hi-tech Vincenzo Di Nicola. Si chiama Conio, e ha realizzato il primo portafoglio Bitcoin italiano che funziona su smartphone. L’obiettivo è quello di permettere a chiunque, piccoli e grandi risparmiatori, di accedere al mercato della valuta digitale senza complessità tecniche né preoccupazioni, nella convinzione che una moneta privata possa contribuire a rendere più efficiente l’intero sistema economico, migliorando le prospettive di guadagno di medio-lungo termine, riducendo anche il rischio degli effetti che i cambiamenti geo politici possono avere sulle valute tradizionali.

 







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ChristianMiccoli, Co CEO e Founder Conio

 

Gli utilizzi  primari della blockchain

Come tech company, Conio offre inoltre ad istituzioni finanziarie, banche e assicurazioni e imprese soluzioni integrate per la gestione di asset digitali, dai wallet per la gestione delle criptovalute all’integrazione dei protocolli blockchain all’interno di carte e servizi di pagamento su smartphone. «La blockchain è nata con il bitcoin, pertanto i due oggetti vengono spesso assimilati nel linguaggio comune: ma la blockchain è in realtà l’infrastruttura di base che si usa per trasmettere informazioni in maniera univoca, immutabile e incorruttibile – dice Vincenzo Di Nicola, anima tecnologia del team, Master in Computer Science a Stanford e in cv la start up GoPago venduta ad Amazon – . Scambiare dati con la blockchain non equivale a trasferire una copia, ma è un reale passaggio di proprietà di un bene digitale da un ente A a un ente B, senza che l’ente A ne conservi più il possesso».

Come è utile questo meccanismo in ambito manifatturiero? «Le applicazioni sono diverse – spiega Di Nicola – banalmente la blockchain consente ai produttori di avere certezza sui pagamenti. L’Italia è un Paese di esportatori: ricevendo pagamenti con le carte di credito tradizionali, i casi di frode possono esser resi noti anche a distanza di mesi e il problema in quel caso è grave per chi ha spedito la merce. Pagare in bitcoin o in una delle altre valute elettroniche affini, consente di allargare il bacino di utenza finale all’intero pianeta, includendo Asia, Africa e LatAM. Accettare pagamenti in bitcoin ti permette di essere sicuro che i bitcoin siano tuoi, a quel punto puoi convertirli anche in denaro locale e spedire la merce senza sorprese».

Gli altri campi d’applicazione, dall’insurance…

Questo è solo il più banale degli usi industriali della blockchain. Ma i campi di applicazione sono potenzialmente infiniti: l’IoT, che è una delle strutture portanti della rivoluzione 4.0, potrebbe essere grandemente migliorato dalle capacità della tecnologia. «Con IoT si indica un sistema in cui gli oggetti comunicano tra di loro. Oggi si trasferiscono dati: integrando questa tecnologia con la blockchain, si potrebbero comunicare pagamenti e operazioni più complesse», spiega Di Nicola, che si fa più esplicito con un esempio: «Supponiamo che io sia un produttore di vino e che voglia assicurarmi contro il maltempo. Posso rivolgermi a un’assicurazione, usare sensori che monitorino gli eventi climatici e associare ad essi uno smart contract, un software su blockchain che in base a certi eventi determina una conseguenza. Per esempio, in caso di eccessiva pioggia, il pagamento di un benefit dalla compagnia assicurativa perché ho avuto un danno. Questo metodo può portare addirittura alla disintermediazione della stessa compagnia assicurativa: i produttori possono costituire un fondo in valute virtuali bloccate su uno smart contract, chi viene afflitto da un cataclisma riceve automaticamente una quota del fondo di tutela».

 

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Vincenzo Di Nicola,Cofounder Conio

 

…alla logistica

Le applicazioni sono molto interessanti anche per la logistica: «nel ciclo di vita di un prodotto esistono diversi passaggi, dalla produzione al momento in cui giunge sullo scaffale per il consumatore finale e non è detto che questi passaggi siano tracciati in maniera ottimale. Immaginiamo ci sia un recall per un difetto costruttivo in una auto: se tutti i passaggi precedenti fossero registrati su blockchain, sarebbe immediato risalire all’auto con il pezzo difettoso e al cliente che la ha acquistata. Le informazioni verrebbero infatti registrate su un database condiviso che tutti posso consultare e dove tutti posso scrivere. Inoltre la blockchain rende immediata la condivisione senza necessità di particolari competenze a tutti gli attori della filiera». Dall’altro lato dell’Oceano, questi usi sono tutt’altro che futuribili, ma appartengono già alla realtà: in Usa Walmart ha di recente lanciato un programma con Ibm per poter monitorare la supply chain del cibo sulla blockchain, dalla produzione alla consegna all’utente finale, che può conoscere ogni passaggio subìto dal cibo interrogando la provenienza dall’etichetta. Una possibilità molto importante in caso di contaminazione. Un ulteriore passaggio potrebbe essere di dotare il sistema di un device che metta in connessione diretta Walmart con il fornitore per ottenere soccorso immediato in caso di problemi.

Il futuro è blockchain per tutti

«Nei prossimi 5 o 10 anni tutto il mondo si comincerà a dotare di sistemi sicuri per lo scambio dei dati, spero che l’Italia sia in pole position, essendo il secondo Paese industriale d’Europa e il sesto al mondo», afferma Christian Miccoli, anima finanziaria di Conio . «Gli imprenditori italiani sono pragmatici, sono abituati a lavorare in sistemi competitivi, appena queste tecnologie saranno mature e non richiederanno investimenti colossali si butteranno e troveranno la quadra». Oggi la blockchain richiede un approccio pesante: non ci sono soluzioni pronte per l’uso da incorporare nei prodotti ed è dunque adatta solo a una dimensione corporate. «Ci vuole molta ricerca di base perché si attuino delle soluzioni per le Pmi», dice Miccoli, che prevede che «il primo settore che potrebbe aprirsi e fornire soluzioni abbordabili per la media azienda sia quello dei pagamenti tra oggetti connessi. Il pagamento con valute digitali è un fatto consolidato: nel momento in cui questa tecnologia si salda con la tecnologia che incorporo nei vari oggetti, ho un oggetto tangibile su cui ragionare e avere idee in base ai diversi modelli di business. Saranno gli imprenditori più innovativi a sviluppare idee interessanti».

“Scatenare” la creatività

Ma quello che funziona oggi nel blockchain sono i pagamenti, vale la pena ribadirlo, e dunque da questo punto si parte per arrivare chissà dove. «Serve la fantasia dell’imprenditore – e agli italiani non manca – per sfruttare le potenzialità della tecnologia offrendo nuovi servizi», afferma Miccoli che prosegue: «Prendere un wallet bitcoin e introdurlo nel mio oggetto connesso è una cosa già fattibile. Cosa farne? La prima idea che mi viene in mente è la possibilità di dotare un prodotto della possibilità di erogare pagamenti ad altri prodotti o servizi. Immaginiamo un’applicazione nell’area dell’assistenza: nel momento in cui una lavatrice si rompe, io posso chiamare l’assistenza e la lavatrice potrà dare la garanzia del pagamento a chi viene a effettuare la riparazione, pagando essa stessa con la blockchain. Bisogna capire in che direzione applicare la creatività e il ragionamento è che se io ho oggetti intelligenti che comunicano, tra sei mesi potranno pagare servizi automaticamente uno con l’altro e questo apre possibilità molto significative».

 

 

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Una schermata dallo smart wallet di Conio

Lo “smart-wallet” di Conio

Conio, dal canto suo, ha realizzato come primo strumento un portafoglio Bitcoin, che permette di comprare, vendere, custodire, inviare e ricevere Bitcoin direttamente dal proprio smartphone. Nata con un finanziamento di Poste Italiane, la start up ha raccolto, grazie anche all’ultimo apporto di capitale di 3 milioni di dollari del 21 giugno, 7 milioni in totale e oggi ha una valutazione di circa 40 milioni. Tra gli azionisti del nuovo round di finanziamento, compaiono Banca Finanziaria Internazionale, Fabrick, Boost Heroes, il network Italian Angels for Growth, David Capital e un nutrito gruppo di investitori professionali.

Allo “smart-wallet” di Conio che è destinato al pubblico retail è possibile accedere attraverso un’app per mobile progettata e realizzata con il preciso obiettivo di semplificare un mondo molte volte ancora troppo complesso per l’investitore individuale. Scaricando la app si può immediatamente visualizzare il valore di cambio della criptomoneta e l’ammontare del proprio portafoglio. Per utilizzare le funzionalità di custodia, invio e ricezione è sufficiente registrarsi inserendo email e numero di telefono. Per accedere invece alle funzionalità di mercato (acquisto e vendita di Bitcoin) è necessario seguire la semplice procedura di registrazione guidata che prevede l’inserimento dei propri dati con un documento identificativo corredato da un selfie, gli estremi di bancomat o della carta di credito, anche ricaricabile o prepagata e l’IBAN del proprio conto corrente. L’app consente anche di pagare negli esercizi commerciali che accettano pagamenti in Bitcoin.

«I clienti su cui puntiamo per crescere sono quelli b2b, il primo gruppo sono banche e istituzioni finanziarie: in questo comparto siamo più avanti, con un cliente con cui abbiamo stretto un accordo e altri due o tre in pipeline. Lanceremo successivamente progetti specifici nel settore con partnership del settore industriale», dice Miccoli che sottolinea però anche l’importanza di «lanciare progetti concreti per far capire al mondo cosa si può fare per arrivare sul mercato domani: noi offriamo anche la sicurezza di poter recuperare le informazioni associate al denaro, in caso di smarrimento. Funzioniamo come una specie di cassaforte del nuovo millennio. Nel mondo digitale la custodia di informazioni digitali diventa sempre più importante. Non una variabile tra le tante, ma ciò che fa la differenza tra successo e fallimento».














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