Parlano i Competence Center: che cosa dovrebbe fare il Governo Draghi per rafforzare noi e il trasferimento tecnologico alle pmi, che altrimenti rischiano grosso

di Piero Macrì ♦︎ Nuovi investimenti, formazione, razionalizzazione delle risorse coinvolte nelle attività di industry 4.0 e innovazione, allargamento alla dimensione europea. Sono i primi passi che dovrà fare il nuovo esecutivo per la digital transformation. Considerato l’alto profilo delle parti in gioco – Vittorio Colao all’innovazione tecnologica, Roberto Cingolani alla transizione ecologica e Patrizio Bianchi all’istruzione - ci sono tutte le premesse perchè quanto finora realizzato possa essere rafforzato ed esteso

Mario Draghi

Co-finanzianamento pubblico al 50% per investimenti di digitalizzazione da parte di micro e piccole e medie imprese, interventi di formazione e orientamento per upskilling e reskilling, possibilità di entrare in contatto con vere e proprio fabbriche digitali territoriali dove comprendere e mettere alla prova nuove applicazioni e soluzioni Industry 4.0. Negli 8 competence center nazionali – Artes 4,0, Bi-Rex, Cim 4.0, Cyber 4.0, Made 4.0, Meditech, Smact 4.0 e Start 4.0 – le aziende possono trovare tutte le risorse, il know-how e le competenze per compiere significativi passi avanti nell’efficientamento di processi e produttività mettendo in moto nuove idee per sviluppare modelli di business basati sulle tecnologie abilitanti l’industria digitale. I bandi finora assegnati, per un valore complessivo superiore ai 20 milioni di euro, hanno consentito di finanziare progetti a centinaia di aziende.

È un percorso che si è consolidato di anno in anno e ha dato vita a veri e propri ecosistemi d’innovazione. I competence center sono ora candidati a diventare Digital Center Europei e in attesa della finalizzazione di questo processo si guarda a quelle che saranno le mosse del nuovo Governo. Considerato l’alto profilo tecnologico e d’innovazione sul quale potrà contare il nuovo esecutivo – Vittorio Colao all’innovazione tecnologica, Roberto Cingolani alla transizione ecologica e Patrizio Bianchi all’istruzione – ci sono tutte le premesse perché quanto finora realizzato possa essere rafforzato ed esteso. Un augurio ma anche una necessità. I soldi con cui il Mise ha finora finanziato l’iniziativa non sono certo sufficienti per mettere in moto energie all’altezza delle sfide. Occorrono nuovi investimenti e procedere a una razionalizzazione di tutte le risorse oggi coinvolte a vario titolo in attività di trasferimento tecnologico. Competence center, digital innovation hub, cluster tecnologici nazionali, regioni e Confindustria: l’eccessiva frammentazione e ridondanza delle attività causa disorientamento tra gli imprenditori e non semplifica il rapporto con le imprese.







La posta in gioco non è tanto l’esistenza o meno dei competence center ma la digitalizzazione dell’industria italiana, da cui dipende la competitività delle imprese di ogni ordine e grado. Se su questo capitolo di spesa non si vedranno novità sostanziali saremo destinati ad avere una posizione di subalternità nel contesto internazionale. Che fare? Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) destinerà risorse adeguate per far diventare la digitalizzazione e l’innovazione veri asset strategici per la rinascita dell’economia? Quali sono i prossimi passi per rafforzare questo importante strumento di crescita dell’economia? Ne abbiamo parlato con i protagonisti nel corso di una tavola rotonda moderata dal direttore di Industria Italiana Filippo Astone qualche giorno fa, nel corso della Fiera A&T. E abbiamo arricchito e ordinato bene le loro proposte.

Per quanto riguarda le pmi industriali nel 2021 la prima priorità è quella di investire sulle tecnologie digitali per tutelare la salute dei dipendenti sul luogo di lavoro (34% del campione), seguita dalla gestione digitale della mole documentale (30% delle pmi manifatturiere). Meno di un quarto del campione ha investito in tecnologie per digitalizzare e monitorare il processo produttivo

Che cosa occorre fare: razionalizzazione del trasferimento tecnologico, continuità e potenziamento degli investimenti, allargamento alla dimensione europea

Per Cristina Battaglia, responsabile esecutivo di Start 4.0, serve una vera razionalizzazione di tutto il sistema che si occupa di trasferimento tecnologico alle imprese, di ricerca e innovazione e di formazione: «I soggetti che si muovono in questo ambito sono troppi e poco riconoscibili dalle aziende. C’è bisogno di un monitoraggio sulle attività, avere indicazioni d’impatto in modo che le cose che non funzionano si chiudano restituendo così centralità a chi ne ha le capacità di assolvere questo compito». Sulla stessa lunghezza d’onda il messaggio che arriva da Bi-Rex «Vanno chiariti i ruoli sin qui acquisiti dice il direttore generale Stefano Cattorini di Bi-Rex, sia in tema di trasferimento tecnologico che di ricerca applicata all’industria e formazione». Battaglia e Cattorini sollevano un problema più che reale. Oltre ai competence center, ci sono i digital innovation hub, i cluster tecnologici e poi tutti gli interventi che sono a carico di regioni, così come iniziative nazionali e locali di Confindustria. Per le imprese orientarsi è davvero complicato.

L’ecosistema creato da Bi-rex

Secondo quanto previsto i Dih dovrebbero essere lo sportello sul territorio attraverso cui le pmi compiono il primo passo verso la digitalizzazione: il Dih valuta lo stato dell’arte della azienda e la indirizza laddove vi possano essere competenze o servizi necessari a rispondere alla sua domanda; se ha necessità di accedere al credito per il 4.0, per esempio, la destinazione può essere una banca; se necessita di strutturare un piano di acquisto di tecnologie 4.0 sarà inviata a una società di consulenza o a un competence centerCompetence Center e Dih si dice siano sono due nodi della stessa rete: uno dirige il traffico delle imprese per incanalarle nella direzione corretta, l’altro riceve quelle che hanno bisogno delle competenze e lavora sulle necessità di informazione, formazione e trasferimento delle tecnologie. Ma nella realtà è proprio così? Non esiste troppa burocrazia? Inoltre, vi sono innumerevoli enti, alcuni dei quali funzionano per la verità anche assai bene, nati nel corso degli anni per iniziativa di Regioni, comuni, camere di commercio. Tutte queste iniziative andrebbero meglio coordinate e razionalizzate. Forse, Mise e Miur dovrebbero lavorare di concerto e definire una politica più chiara e trasparente.

L’importanza del digitale per la sopravvivenza del business emerge a ogni livello, a partire dal crescente interesse dimostrato da manager e titolari per la formazione strategica in questo ambito, con un +20% rispetto al 2019: il 67% investe tempo sull’aggiornamento professionale, pur in modo sporadico e non continuativo. Ancora elevata tuttavia la percentuale (40%) di imprese che non hanno alcun responsabile dedicato a tematiche ICT&digital

Competence center e Pnrr: un’occasione per garantire continuità di sviluppo

Secondo le opinioni raccolte i competence center devono essere pensati come strutture permanenti a servizio dell’industria. Per Matteo Faggin di Smact 4.0, la rete dei competence center è ormai espressione di un’unica entità: «Rappresentiamo le best practice che uniscono il meglio delle università, della ricerca e dell’industria. Il Pnrr è un’opportunità che non va perduta, aggiunge. Abbiamo acquisto una forza contrattuale e dobbiamo riuscire a sfruttarla. Certo, i tempi della politica devono essere allineati con le esigenze del sistema produttivo poichè ci si deve riscattare da una crisi profonda». Per Stefano Panzieri di Cyber 4.0, «Tra università e aziende, nei centri di competenza ci sono eccellenze che sono in grado di aiutare lo sviluppo di infrastrutture che il Pnrr si propone di costruire. Le nuove tecnologie digitali sono ormai parte integrante di qualsiasi sviluppo. Occorre una visione di politica industriale strettamente integrata al digitale e alle competenze di cui dispone il Paese grazie ai suoi competence center». Enrico Pisino, ceo di Cim4.0, sottolinea l’estrema urgenza di dare continuità a quanto finora realizzato.

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«Abbiamo dimostrato di sapere mettere a terra i progetti e il contenuto della digitalizzazione industriale. Ma credo che questo non sia sufficiente. Dobbiamo avere le risorse per poter evolvere in modo da essere costantemente aggiornati con il rapido sviluppo tecnologico e poter contribuire ad arricchire il tessuto industriale con soluzioni che consentano alle Pmi di acquisire competitività e leadership nel settore della manifattura». Per Marco Taisch, presidente di Made 4.0, «I successi che abbiamo avuto sul volume di attività di formazione e il numero di persone che ha partecipato ai nostri corsi di orientamento, il numero di imprese che ha già attivato contratti di collaborazione e di processi gestiti con nostri servizi, sono numeri che fanno invidia a una startup del mondo digitale. Ciò conferma che il modello studiato dal piano nazionale industria 4.0 è quello corretto. Per crescere occorre adesso creare un contesto di stabilità. E quindi dare continuità all’azione. Serve proseguire una collaborazione costante con il Mise e serve una comunicazione adeguata per far conoscere quello che possiamo già oggi proporre». Insomma, quello che emerge dalla voce dei diversi rappresentanti dei competence center è una richiesta di maggiore visibilità nonché istituzionalizzazione del ruolo dei competence center, che devono essere nazionali di nome e di fatto.

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Europa, un questione centrale per la competitività nazionale

Come dice Lorna Vatta, direttrice esecutiva di Artes, «Se da una parte serve uno sforzo di razionalizzazione e maggiore consapevolezza su come e dove investire per dare un impulso alla crescita industriale, dall’altra serve un’apertura all’Europa poiché rappresenta una finestra di opportunità per fare massa critica e non rimanere vincolati a una dimensione territoriale. Abbiamo sviluppato progetti che farebbero invidia a qualunque altro paese, sarebbe davvero un peccato sprecare tutto il know e le competenze di cui sono depositari i competence center». La questione europea sollevata da Artes è senz’altro centrale per non rimanere legati a una visione locale.

Risorse del dispositivo Next Generation EU per missione

L’Europa è di fatto il motore dei finanziamenti più rilevanti al sostegno dello sviluppo di Industria 4.0 ed è anche occasione per le nostre imprese di entrare a far parte di un circuito internazionale condividendo esperienze che nascono in tutti i Paesi dell’Unione. Attraverso i suoi programmi quadro pluriennali per la ricerca e l’innovazione, l’UE fornisce infatti finanziamenti volti a consolidare il settore scientifico, rinsaldare l’innovazione industriale con investimenti in tecnologie chiave, agevolando l’accesso ai capitali di sostegno. Grande attenzione viene poi data alle principali questioni sociali, quali i cambiamenti climatici, i trasporti sostenibili e le energie rinnovabili. Insomma, l’Europa è un’occasione affinché nuove tecnologie e soluzioni si trasformino in prodotti validi con un vero potenziale commerciale, mediante la creazione di partnership con l’industria e i governi, intensificando la collaborazione internazionale in materia di ricerca e innovazione.














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