Far dialogare IT e OT? Un gioco da ragazzi per Cisco. E con il CFI…

di Marco de' Francesco ♦︎ La multinazionale guidata in Italia da Agostino Santoni è il nuovo pathfinder del Cluster Fabbrica Intelligente. Obiettivo: creare il “sistema nervoso intelligente” delle aziende, dotandole dotare di una rete convergente. Il Cisco Customer Club – di cui fanno parte Dallara, Fluid-o-Tech, Marzocco, Inpeco, B3, Nutkao, Paglieri, DB e Sara - e il caso Marcegaglia

Qual è la ragione della collaborazione tra il Cluster Fabbrica Intelligente e Cisco Italia? La branch guidata da Agostino Santoni della multinazionale americana di networking entra in CFI come “Pathfinder”, e cioè come partner tecnologico, in grado di immaginare il futuro e le traiettorie delle tecnologie di cui si occupa, aiutando la community del cluster a prendere la giusta direzione.

La principale motivazione è dunque questa: Cisco è un player globale in una tecnologia abilitante indispensabile per il conseguimento degli ambiziosi obiettivi di CFI: il “sistema nervoso intelligente” delle industrie. Ma in che senso questo apporto è cruciale?







CFI è l’associazione che – presieduta dal Cdo di Ansaldo Energia e Ceo di Ansaldo Nucleare Luca Manuelli –  riunisce aziende, regioni, università ed enti di ricerca per aggregare tutti gli attori più importanti sulle tematiche della manifattura avanzata. Mira a supportare una politica industriale che porti alla realizzazione di un tessuto di aziende che siano:

  • Intelligenti: e cioè in grado – grazie ad una comunicazione biunivoca tra gli ambienti IT e OT e grazie alla capacità computazionale – di esercitare un controllo puntuale ed effettivo su tutte le fasi del processo, per migliorare gli standard qualitativi e l’efficienza degli impianti.
  • Riconfigurabili: e cioè strutturate in moduli che possono essere ri-assemblati al variare del tipo e del volume della produzione.
  • Resilienti: e questo perché, essendo intelligenti e quindi più capaci di gestire la complessità, acquisiscono la capacità di reagire positivamente alle turbolenze del mercato e, in generale, alle situazioni avverse.
  • Sostenibili: perché l’ottimizzazione dei processi comporta una minore dipendenza dall’esterno quanto a risorse critiche.
Luca Manuelli, cdo di Ansaldo Energia, cel Ansaldo Nucleare e presidente del Cluster Fabbrica Intelligente

Nessuno di questi target è conseguibile senza la “convergenza” tra le reti IT e OT: cioè l’interoperabilità tra la rete industriale, grazie alla quale un’azienda può gestire l’attività di una pluralità di macchinari e di processi, e quella IT, che serve a memorizzare, recuperare, trasmettere e elaborare dati. Il controllo puntuale dei processi si ottiene solo così, e senza quest’ultimo non c’è modo di progredire nella direzione indicata dal Cluster. E in tema di convergenza, Cisco non ha rivali: realizza architetture con capacità computazionale integrata per una gestione ottimale del dato, che consentono la relazione bidirezionale tra ambienti informatici e industriali. Queste infrastrutture unificano anche le reti di cyber security e di collaboration.

È la via italiana all’Industria 4.0., quella possibile e coerente considerate le caratteristiche del tessuto industriale e manifatturiero del Belpaese. Il modello dirigistico tedesco, che si riferisce ad aziende di grandi dimensioni, da noi non è praticabile; e neppure quello californiano, basato sull’innovazione spinta e sull’accesso ai grandi capitali privati. Il contesto italiano è ricco di inventiva ma molto frammentato. Bisogna perciò procedere con una trasformazione digitale realistica, che assicuri una base solida, per implementare ulteriori sviluppi nel tempo, quando l’azienda riesce a reperire nuove risorse. Le fondamenta sono quelle assicurate da una rete convergente e intelligente.

L’articolo trae spunto dal webinar “Reti di fabbrica intelligente del futuro: la via italiana al 4.0 nel momento del Recovery Fund”, organizzato da CFI e Cisco.  All’evento hanno partecipato, per il Cluster, Manuelli e il presidente del comitato scientifico di CFI Tullio Tolio; per Marcegaglia, l’Itc network infrastructure manager Livio Bonatti; per Cisco Italia, l’head of architectures sales Michele Dalmazzoni, nonché Marco Stangalino e Andrea Sica, rispettivamente IoT specialist e collaboration specialist. Il contributo di questi ultimi due sarà trattato in un articolo a parte.

 

Un «sistema nervoso intelligente» costituisce la base per far acquisire alle aziende manifatturiere intelligenza, resilienza, sostenibilità e riconfigurabilità

Una infrastruttura convergente con capacità computazionale integrata consente la comunicazione biunivoca e bidirezionale tra l’ambiente OT e IT; se un’azienda manifatturiera dispone di tale architettura, è “intelligente”, nel senso che è in grado di esercitare un controllo puntuale su tutte le fasi del processo.  Tutti gli altri caratteri che, nella visione del Cluster le industrie di settore dovrebbero assumere – la resilienza, la sostenibilità e riconfigurabilità – sono possibili declinazioni dell’intelligenza.

Si pensi alla resilienza. Il tema è esploso con l’imperversare del Covid-19.  Per reagire positivamente alle turbolenze del mercato e, in generale, alle situazioni avverse, un’azienda deve essere capace di gestire la complessità. E cioè deve governare i processi in maniera puntuale. Senza la visibilità e il controllo di questi ultimi, si è in balia degli eventi.

Peraltro, qualsiasi discorso sulle filiere, non può prescindere dal fatto che le aziende che la compongono siano o meno in possesso di un “sistema nervoso intelligente”. Perché quest’ultimo consente la logistica avanzata e la tracciabilità di componenti e prodotti. La convergenza tra IT e Ot permette di ottenere grande visibilità di attività e servizi offerti e ricevuti all’esterno della fabbrica, da e verso fornitori e clienti. Ad esempio, permette di amministrare flussi di materie prime derivanti da più supplier, in modo che, nel caso in cui la fornitura dell’uno o dell’altro diminuisca o si interrompa, quasi automaticamente si riesca ad intervenire aumentando la quota di altri ancora.

 

Il contributo di Cisco Italia in CFI

Agostino Santoni, ceo Cisco Italia

Il motivo per cui l’azienda guidata da Agostino Santoni è della partita, sarà approfondito con cura fra poco. Prima, è bene riportare alcune considerazioni di Manuelli a proposito dell’accordo di collaborazione con CFI. Un’intesa che si inserisce idealmente nella «missione inclusiva del Cluster, che aggrega università, centri di ricerca e aziende grandi e piccole – tutti attori in grado di fornire un proprio contributo sostanziale. CFI, il cui fine primario è quello di creare una comunità manifatturiera più competitiva,  è anche una rete di relazioni che intende incidere su questioni fondamentali per il Paese.  Come quella che riguarda l’utilizzo del cosiddetto Recovery Fund, propriamente “Eu Next Generation”, fondo europeo che per l’Italia, vale 209 miliardi, di cui 82 miliardi di sussidi e 127 di prestiti. Ovviamente, l’interesse del Cluster è che «parte delle risorse siano veicolate sui temi della trasformazione digitale delle aziende manifatturiere e di quella green del Paese; e che siano indirizzate razionalmente, per irrobustire e accorciare le filiere, operazioni che costituirebbero l’esito di un nuovo paradigma industriale importante e alla quale Cisco potrebbe contribuire in modo rilevante». Vediamo come.

 

La missione di Cisco Italia nel Cluster: contribuire a dotare le aziende di una rete convergente

Cisco, che produce anche switch, router, firewall e apparecchi per le reti Lan, è sempre stato “percepito” come un attore globale quanto alle reti IT, quelle che servono a memorizzare, recuperare, trasmettere e manipolare dati. E lo è. Ma ora è anche leader in alcuni segmenti relativi reti OT, quelle grazie alle quali le aziende possono gestire l’attività di una pluralità di macchinari e di processi. Attualmente, Cisco ha conquistato una share di mercato nel campo dei componenti per l’edge networking pari al 20%  (e un size di 580 milioni di dollari). Per fare un esempio, Siemens ha una share tra il 15% e il 16%.  Come è stato possibile?

Cisco è stata una delle prime aziende a credere nella cosiddetta “convergenza” tra le reti Ot e It.

Cisco è stata una delle prime aziende a credere nella cosiddetta “convergenza” tra le reti Ot e It. Storicamente, erano due mondi separati, ognuno con le sue regole: erano amministrate con criteri diversi. Gradualmente, nei contesti più avanzati della manifattura, ci si è resi conto che si stava perpetuando un grosso errore. Finché queste due reti non entrano in contatto, infatti, sfuma qualsiasi opportunità di svolgere un controllo puntuale ed efficace su tutte le fasi del processo. Che non è poco: il collegamento rappresenta la base vera della connected factory.

Occorre pertanto rendere queste due reti sempre più interdipendenti, connettendo macchine e device ai sottosistemi dotati di proprie regole ed intelligenza, come quelli che pianificano vendite e acquisti e amministrano il magazzino (Erp), quelli che gestiscono l’ avanzamento della produzione (Mes) o quelli che si occupano di manutenzione (Cmms) degli asset aziendali. A questo punto, tramite le diverse interfacce dell’infrastruttura digitale, si ottiene una supervisione accurata e la possibilità di incidere, da remoto, sulla produzione.

 

L’infrastruttura che trasforma il tessuto industriale da “borgo medioevale” a “città ideale”

Michele Dalmazzoni, Collaboration & Industry Iot leader at Cisco Italy

Un’allegoria per definire la transizione che, tramite la digitalizzazione, porta alla convergenza tra le reti IT e OT, è per Dalmazzoni il passaggio dal borgo medievale alla città ideale del Rinascimento, come quella rappresentata da Piero della Francesca (o forse Luciano Laurana o Francesco di Giorgio Martini o ancora Leon Battista Alberti) in una tempera conservata alla Galleria Nazionale delle Marche, a Urbino. «Il borgo, per quanto pittoresco,  si sviluppa in maniera addizionale, casa nuova accanto a quella vecchia, senza una visione razionale.  La città ideale, invece, mostra una vasta piazza, un grande edificio pubblico circolare, strade pavimentate a scacchiera e in marmi policromi, palazzi porticati collocati a spazi regolari, pozzi, logge architravate e altro. C’è una roadmap, un’evoluzione verso la funzionalità ed un utilizzo più agevole delle risorse disponibili».

 

Come Cisco aiuta le aziende a costruire un «sistema nervoso intelligente»

In un’industria ci sono apparati che si occupano di dati, di computing, di cyber security, di communication, di operation e di tanto altro: vanno tutti collegati, e nella misura più razionale possibile altrimenti la fabbrica, spesso pensata 30 anni fa, non funziona: rischia di rimanere, per rifarci alla allegoria di Dalmazzoni, un “borgo medievale”. «Noi interveniamo con le nostre architetture – ha affermato Dalmazzoni – che hanno quattro caratteristiche: anzitutto, permeano le reti di intelligenza, di software che rende possibili l’analisi dei dati e l’automazione; poi, si tratta di piattaforme programmabili e integrabili con quelle di terze parti; in terzo luogo, sono disegnate pensando al tema della sicurezza; infine, sono architetture aperte, senza blocchi proprietari».

Il “sistema nervoso” disegnato da Cisco riguarda (e monitora) l’azienda nel suo complesso. Infatti l’azione di Cisco si esplica in sei diversi “ambiti operativi”: dalla cyber security alla connected factory, cioè la fabbrica che utilizza la tecnologia digitale per la condivisione continua di informazioni tra persone, macchine e sensori; dalla collaborazione tra persone, con la piattaforma Webex, all’edge computing, visto che, per Dalmazzzoni, le reti devono disporre di una capacità computazionale integrata per una gestione ottimale del dato;  e infine dal mondo dei servizi che si appoggiano sulla rete (ad esempio carri ponte, robot mobili) alla “connected machine”, che si realizza creando canali di comunicazioni bidirezionali tra i sistemi industriali e le applicazioni che si nutrono di dati estratti dalle macchine.

Tra le principali iniziative del Cluster, la definizione della Roadmap, processo strategico per indirizzare la trasformazione digitale dell’industria italiana, individuando le principali necessità della manifattura italiana in termini di avanzamento tecnologico e traiettorie di sviluppo. Attualmente, sette Gruppi Tematico Tecnico Scientifici (GTTS) formati da esperti, docenti universitari e soci del cluster sono impegnati nella redazione della nuova Roadmap

Le aziende manifatturiere devono definire un percorso di trasformazione digitale

Secondo Dalmazzoni, le aziende «ci devono credere nella digital transformation», definendo anzitutto un percorso «con precise milestone». E devono lavorare in ecosistema, insieme a consulenti per la formazione, ai system integrator, alla comunità di customer per la divulgazione e per lo scambio delle best practise, ai partner tecnologici e alle start-up.  In genere, solo il 20% dei progetti va a buon fine,  «ma sono quelli – ha continuato Dalmazzoni – che incidono sulla produzione e portano alla trasformazione digitale dell’azienda».

Anche se per tutte le aziende l’obiettivo da conseguire è il controllo puntuale dei processi, il punto di partenza non è lo stesso per tutte.  «Alcune hanno iniziato l’iter – ha raccontato Dalmazzoni – dalla logistica e dalla tracciabilità, in entrata per i componenti o in uscita per i prodotti; o dal design di prodotto, realizzato secondo il paradigma dell’open innovation (e cioè quando le imprese per generare nuove idee ricorrono anche a fonti esterne, Ndr);  o dal customer service, e quindi dalla capacità di offrire al contempo prodotti e servizi;  o infine dalla creazione di luoghi iconici, di landmark che segnano il territorio e che rappresentano l’identità dell’azione, divenendo, con la digitalizzazione di spazi fisici, centri di diffusione del brand e del know-how aziendale. Così, ad esempio, ha fatto Dallara con la sua Academy».

 

Il Cisco Customer Club e il caso Marcegaglia in particolare 

Lo stabilimento Marcegaglia di Casalmaggiore

Ci sono imprese che hanno già definito e svolto il percorso che le ha portate ad acquisire un «sistema nervoso intelligente», seguendo le linee guida di Cisco. Alcune di loro sono particolarmente rappresentative; anche se hanno iniziato da diversi punti di partenza, il loro esempio può essere imitato da altre aziende. Queste industrie esemplari sono riunite nel Cisco Customer Club,  è un “luogo” dove si definiscono percorsi di digital transformation per la manifattura, con uno scambio di esperienze, con l’individuazione di modelli e la divulgazione di best practice del Made in Italy. Ne fanno parte  DallaraFluid-o-TechMarzoccoInpeco, B3, NutkaoPaglieri, DB e Saras, le cui storie sono reperibili cliccando sui nomi delle aziende.

In particolare, ne fa parte Marcegaglia,  player a livello globale nella trasformazione dell’acciaio. È il primo produttore al mondo di tubi saldati in acciaio inox e al carbonio. Processa, ogni anno, 5,6 milioni di tonnellate di metallo, per un fatturato di  cinque miliardi. Può contare su 6.500 dipendenti distribuiti in 21 stabilimenti e 60 unità commerciali. Si può parlare, nel caso di questa azienda, di “Acciaio 4.0”: sul punto, il riferimento è questo articolo di Industria Italiana.

Secondo Bonatti, «coil giganteschi arrivano via nave allo stabilimento di Ravenna. La logistica è stata automatizzata: le banchine sono coperte da wi-fi, e così gli operatori utilizzano palmari per lo scarico del materiale. Sempre a Ravenna, l’impianto di laminazione presenta un percorso colorato di rosso: qui passano i robot mobili, che si occupano del trasporto di componenti e pezzi al’interno dello stabilimento. Quello di cesoiatura è tutto cablato, perché i disturbi elettromagnetici sono ingenti. La linea di produzione delle lamiere è talmente automatizzata che può essere governata da pochi tecnici. È tutto gestito dai Plc».

Questi risultati sono stati conseguiti seguendo un progetto largamente fondato sulla convergenza tra le reti IT e OT e in quattro fasi predisposto da Cisco. Anzitutto, è stata unificata l’infrastruttura delle reti di impianto, prima assai diversificate per tipologia e fornitura. Poi, ci si è preoccupati della sicurezza informatica, adottando la piattaforma unica Cisco Prime che gestisce le configurazioni degli switch di tutti gli stabilimenti e installando firewall di ultima generazione, in grado di bloccare la diffusione dei virus all’interno della stessa cella. Ancora, è stata unificata l’architettura delle reti wireless, per fornire connettività alle navette in movimento. E infine, sono stati collegati tutti i sensori IoT.

 

Il Pathfinder Cisco nella nuova Roadmap di CFI

Tullio Tolio, docente al Politecnico di Milano e presidente del comitato scientifico del Cfi

Una delle principali iniziative del CFI è la redazione della Roadmap documento strategico per indirizzare la trasformazione digitale dell’industria, individuando le principali necessità per l’avanzamento tecnologico della manifattura italiana. La seconda Roadmap sarà pronta subito dopo Natale: ci stanno lavorando sette gruppi tematico tecnico-scientifici, formati da esperti, accademici e soci del cluster. Secondo Tolio,  i Pathfinder come Cisco hanno a che fare nella definizione del documento strategico in due modi: «Anzitutto, forniscono le tecnologie abilitanti, quelle necessarie al raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale delle aziende; in secondo luogo, preconizzano il futuro delle tecnologie di cui si occupano, in modo tale che le aziende siano già preparate agli scenari che stanno per aprirsi. Così, si possono allocare le risorse nei punti nevralgici, quelli dove si gioca il futuro del Paese». Cisco non è il terzo Pathfinder di CFI in ordine di tempo. Il primo è stato Sap Italia. La filiale locale della multinazionale tedesca, gigante del gestionale, è della partita per portare la propria esperienza nelle piattaforme digitali, nell’intelligenza artificiale, nel machine learning e nell’internet delle cose. Maggiori informazioni si possono reperire in questo articolo di Industria Italiana. Il secondo è stato Deloitte Italia, un system integrator con competenze strutturate nella cyber security e nell’IoT. Due campi che si incrociano: con la diffusione di device interconnessi, aumentano i rischi e l’esigenza di protezione. Anche qui, Industria Italiana si è occupata della vicenda.














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