Cisco e H-Farm: la via italiana alle nozze tra startup e aziende

Di Marco de’ Francesco ♦ Nel paese dove le Unicorn sono ancora latitanti, un’idea è partire dalle specifiche esigenze dell’azienda e di reperire piccole realtà in grado con una soluzione in mano. Il nuovo metodo trova attuazione al quarto programma di accelerazione della società fondata da Riccardo Donadon. I casi di Bricocenter e Paglieri

 







Al via il quarto programma di accelerazione di H-Farm, piattaforma di sviluppo di iniziative di trasformazione digitale per le aziende, dalla fase di pianificazione a quella di execution. Il progetto è stato messo a punto insieme a Cisco Italia, parte del gigante globalizzato del networking e dell’IT – che ci mette la tecnologia: il piano nasce con un’ottica Impresa 4.0, legata alla trasformazione e innovazione del business delle industrie a tutti i livelli. L’idea di fondo – che peraltro riflette ciò che deriva dai numeri dell’Osservatorio open innovation e corporate venture capital di Smau e Assolombarda – e è che non si tratta, per le imprese, di investire direttamente nel capitale delle startup, ma di favorire, per gli acceleratori, l’incontro tra quest’ultime e l’azienda, per risolvere una esigenza specifica, per lo più legata a nuovi business emergenti con la digitalizzazione. Non è mai stato tempo di Unicorn, nel Belpaese. La strada italiana al rapporto tra corporate e startup è tracciata. Peraltro se ne è parlato a Milano, a una tavola rotonda nella sede di H-Farm, dove sono stati peraltro illustrati due casi pratici, quello di Paglieri (industry) e quello di Bricocenter (retail).

 

Giorgio Gentilini, Project Manager H-Farm Industry

Il quarto programma di accelerazione di H-Farm, disegnato insieme a Cisco

Secondo Giorgio Gentilini, Project Manager H-Farm Industry «sulla scorta di tre programmi precedenti in ambito food, retail e 4.0, ci siamo accorti di due fattori cruciali: anzitutto, non siamo soli. Il mondo è pieno di centri di ricerca universitari e di startup, anche formate da ex manager che lasciano l’azienda; ma anche abbiamo assistito alla difficoltà delle aziende nell’intercettare innovazione proveniente dall’esterno, ma anche nel gestirla, visto che talora si riscontra una considerevole differenza di competenza tra l’azienda e la startup. Alla luce di tutto ciò abbiamo ridisegnato il programma insieme a Cisco Italia, che è guidata da Agostino Santoni. Tre gli obiettivi fondamentali: mettere l’azienda al centro, in vista di un possibile accordo con la start up. Si tratta infatti di rispondere ad una esigenza specifica dell’impresa. In secondo luogo, si deve valutare la situazione. E quindi presentare una serie di startup, potenzialmente in grado di rispondere ad una esigenza specifica dell’azienda; vagliare tra quelle presentate le più affini alle necessità dell’impresa; e iniziare un percorso che porta alla definizione di un proof of concept. E questo il terzo obiettivo: dati alla mano, si illustra all’azienda quale valore aggiunto potrà ottenere intraprendendo il percorso con una certa startup. Il programma si divide in due macro attività: una fase esplorativa e una di sviluppo. La prima dura due mesi e mezzo, la seconda tre mesi». Tutto ciò viene fatto grazie a Cisco e con il supporto di Warrant Group (realtà unica nel panorama italiano in grado di offrire servizi di consulenza integrati e specializzati nell’accompagnare e supportare le imprese in tutte le fasi di sviluppo del business: dalla delocalizzazione e internazionalizzazione al trasferimento tecnologico, dalla finanza agevolata alle operazioni di merger & acquisition, leverage e management buy-out, dalla formazione e organizzazione del capitale umano all’aggiornamento continuo sulle regolamentazioni e sulle politiche di mercato e legislative nei vari settori) che certifica il progetto. «Si tratta – ha affermato Michele Dalmazzoni, Collaboration & Industry Iot leader at Cisco Italy – di un advisor, e nel caso specifico si occupa di tutta la parte di sgravi e agevolazioni fiscali». In genere il programma, che partirà a giugno, dura quattro o cinque mesi. Le aziende partecipanti sono cinque. I costi per le imprese sono attorno a 50mila euro. La lista di startup, anche a livello internazionale, sfiora le 120 unità; ma in genere, in base al profilo tecnologico e ad altri caratteri, ne vengono selezionate una trentina.

 

Anna Testa, Sales specialist digital transformation, innovation & costumer experience Cisco Italy

 

Il Ruolo di Cisco: finanziatore, advisor e fornitore della piattaforma interoperabile

Secondo Anna Testa, Sales specialist digital transformation, innovation & costumer experience Cisco Italy «anzitutto Cisco svolge il ruolo di finanziatore; un programma di questo tipo per un cliente avrebbe un costo più oneroso, senza l’intervento della multinazionale. Poi, Cisco è un advisor in grado di valutare la fattibilità di un progetto; e la multinazionale fornisce la piattaforma interoperabile, che consente di trasportare i dati in sicurezza e di far collaborare le persone, e le persone con gli oggetti. Grazie alle nostra attività le aziende risparmiano, oltre che soldi, anche tempo». Dalmazzoni ricorda che anche questa attività fa parte di una più ampia strategia di investimenti nel paese, «perché siamo convinti che il potenziale da estrarre grazie all’incontro tra aziende e digitale sia davvero considerevole. Abbiamo iniziato ad investire nel gennaio 2016, e dopo il piano Calenda si è assistito ad una accelerazione». D’altra parte, con Digitaliani, l’investimento complessivo è stato pari a 100 milioni di dollari. Investimenti strategici annunciati il 19 gennaio 2016, a seguito di un incontro tenuto oggi fra il Primo Ministro Matteo Renzi, il Ceo di Cisco Chuck Robbins e Santoni. Si trattava di sviluppare consapevolezza e competenze digitali in Italia. L’azienda firmava un accordo con il Miur (ministero dell’istruzione) che prevedeva «azioni di formazione per docenti e studenti sui percorsi del programma Cisco Network Academy®, permettendo a questi ultimi di acquisire le nuove competenze digitali richieste dal mercato ed avere quindi maggiori opportunità di occupazione. A tale scopo, Cisco ha ampliato il suo Programma Networking Academy®, nato per fornire le competenze necessarie oggi e in futuro per operare con successo in un mondo sempre più interconnesso, inserendo moduli focalizzati sulle tecnologie per l’industria 4.0 e la cyber security». Inoltre si intendeva sviluppare la comunità di start-up tecnologiche innovative in Italia, con investimenti diretti.

 

Michele Dalmazzoni, Collaboration & Industry Iot leader at Cisco Italy

Numeri in sintesi dall’Osservatorio open innovation e corporate venture capital

La via italiana a rapporto tra startup e corporate punta alla risoluzione di esigenze concrete dell’azienda, non all’acquisizione. SMAU è una piattaforma di incontro tra domanda e offerta nel campo dell’innovazione e delle nuove tecnologie digitali, indirizzata non solo ad un pubblico di specialisti ma anche a decision makers del mondo aziendale, a funzionari della Pubblica Amministrazione Centrale e Locale e a liberi professionisti, che trovano in Smau l’occasione concreta per approfondire i vantaggi offerti dai nuovi fornitori di innovazione, dai player multinazionali a imprese innovative e startup. «Con Assolombarda – ha affermato il presidente di Smau Pier Antonio Macola – abbiamo istituito un osservatorio che ha acceso la luce nel rapporto tra le start-up e le imprese.

A fronte di circa 8mila startup registrate, sono 2.154 (il 23%) quelle innovative che hanno ricevuto investimenti da 6.727 corporate, con un aumento del 31% su base annua. Incremento del 45% per le piccole imprese e del 39% dalle medie. Sono invece 89 gli investitori specializzati in innovazione che hanno investito in 287 startup innovativo. Il 16% delle startup finanziate dagli investitori specializzati è uscita dal mercato; mentre il tasso di mortalità è più basso (4,1%) nel caso di corporate venture capital. Anche l’andamento del conto economico delle startup , quanto a valore aggiunto, è migliore nel caso di investimenti corporate (+ 13,2%) rispetto a quello di investitori specializzati (+ 4,1%). La crescita è tre volte superiore. Va infine sottolineato che il 56% dei soci corporate investono in startup di regioni diverse dalla propria». Secondo Macola «c’è una via italiana all’investimento in start-up. Qui di unicorn non se ne vedono, ma si tratta invece di capire di cosa ha bisogno una azienda corporate e di quale startup possa servirsi per risolvere una esigenza particolare. Così, può funzionare il rapporto tra startup e aziende». In pratica, non si tratta di entrare nel capitale o di acquisire la startup, ma di realizzare l’incontro tra un bisogno determinato dell’azienda e la capacità di affrontarlo da parte di una startup. È poi la strada intrapresa con il quarto programma di accelerazione H-Farm.

 

Pier Luigi Zenevre di Alleantia (a sinistra) e Andrea Bastoni di Paglieri

 

Il caso Paglieri-Alleantia: Interconnessione oltre il perimetro aziendale

Paglieri, 142 anni di storia, è una azienda di Alessandria nota per il brand “Felce azzurra” (saponi, bagno doccia, ammorbidenti, detersivi, detergenti per la casa) e di altri celebri marchi nel campo dei prodotti per l’igiene. È stata fondata nel 1876 ad Alessandria da Lodovico Paglieri (1824-1893). Prima di lui il padre gestiva una profumeria in città risalente al 1807. Lodovico iniziò la produzione di creme e belletti con marchio proprio nel laboratorio di piazza Vittorio Emanuele. Paglieri è presente in 55 mercati, e in particolare nell’area balcanica, e in Libia, Lussemburgo e Belgio. «Tuttavia – ha affermato il direttore generale di Paglieri Andrea Bastoni – ancora non troppo tempo fa la nostra quota export non superava il 10%; a nostro avviso, si trattava di internazionalizzare l’azienda. Dovevamo scegliere se rimanere un’impresa artigianale o fare il grande passo. Pertanto abbiamo deciso di internalizzare la produzione di due fabbriche, evitando di spostare 40 milioni di litri di ammorbidente che in precedenza erano realizzati da terzisti. Dovendo partire da zero quanto a processo, abbiamo potuto inserire le soluzioni più avanzate: attualmente, siamo lo stato dell’arte della meccatronica. Per realizzare questo progetto, abbiamo deciso di allearci con Alleantia e con Cisco».

Alleantia, invece, è stata fondata nel 2011 dall’idea di Stefano Linari, oggi Ceo e Cto. Secondo l’azienda, «l’idea, nata nel 2008, era di far comunicare facilmente e velocemente i sistemi di produzione e gli impianti industriali con il Web molto prima dell’era dell’Industrial IoT e l’Industria 4.0». Quanto a Paglieri, secondo il direttore Bu Industry 4.0 di Alleantia Pier Luigi Zenevre «sono state utilizzate le tecnologie Cisco per connettere macchine non progettate per esserlo. E poi, soprattutto, si è riusciti ad estendere la comunicazione dei dati oltre il perimetro aziendale. Paglieri acquisisce flaconi sfusi da un fornitore esterno; ha la necessità di sapere esattamente quali formati arrivano, e le cadenze produttive. Ciò determina un interscambio continuo di informazioni. La soluzione Alleantia embedded nella architettura di Cisco consente di interconnettere la realtà produttiva limitrofa e l’azienda. Grazie a Cisco i dati viaggiano in modo sicuro tra le due aziende, e le proprietà intellettuali dell’una e dell’altra restano sempre distinte. Questo scambio abilita il vero 4.0: se i dati restassero in azienda, il beneficio del digitale sarebbe di scarso rilievo. Così, invece, l’ecosistema è davvero aperto».

 

Tina Tempesta di Bricocenter a destra e Enzo Venneri di Xensity al centro

Il caso Bricocenter e Xensify: il sistema che consente di monitorare il traffico nel punto vendita e le relazioni tra le presenze e gli acquisti

Bricocenter è un’azienda italiana operante nella grande distribuzione, specializzata in edilizia, bricolage, falegnameria, giardinaggio, sistemazione,decorazione, illuminazione e arredo bagno. «Già da tempo – ha affermato il direttore amministrazione finanza e IT di Bricocenter Italia Tina Tempesta – avevamo iniziato a fare passi importanti verso l’innovazione, dotando di smartphone tutti i collaboratori e utilizzando utility per la verifica egli ordini. Avevamo rivisto gli assortimenti per rendere la ricerca del prodotto più semplice ai clienti. Ma ad un certo punto abbiamo capito che si trattava di rispondere a domande molto rilevanti per il nostro business: qual è l’esatta circolazione dei clienti nei nostri negozi? Dove si fermano di più? Che relazione esiste tra tempo speso in un luogo specifico e acquisti?». Qui è iniziato il lavoro di Xensify, startup (ora in H-Farm) che si occupa di sistemi di rivelazione perimetrale. «Si è trattato – ha affermato il Coo di Xensify Enzo Venneri – di mettere insieme sensori di presenza, conta persone, quattro telecamere, mini elaboratori e una piattaforma». D’altra parte Xensify è specializzata nella realizzazione di rivelatori gestiti da schede elettroniche di controllo capaci di pilotare fino a 128 sensori, anche di terze parti, caratteristica che semplifica drasticamente il cablaggio e la manutenzione del sistema. Ogni sensore è univocamente identificabile, di conseguenza è possibile localizzare il singolo punto sensibile. «Dopo i buoni risultati con un primo punto vendita – ha continuato Venneri – stiamo iniziando a lavorare su un secondo». Il sistema è in grado di identificare la presenza di cellulari grazie all’indirizzo Mac (codice di 48 bit – 6 byte – assegnato in modo univoco dal produttore ad ogni scheda di rete ethernet o wireless prodotta al mondo, tuttavia modificabile a livello software). Si può comprendere quante persone sono entrate in un punto vendita, dove si sono fermate, cosa hanno acquistato, e se sono ritornate. Non esistono, secondo Venneri, problemi con la privacy, «dato che la piattaforma di customer analytics assume dati informa completamente anonima. Brico definisce nuove azioni non sapendo chi sia il cliente, ma in base al comportamento generale dei clienti nei negozi».














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