Per estrarre valore dalla catena di offerta si deve investire in efficienza e resilienza!

di Piero Formica* ♦︎Per affrontare gli shock globali che mettono a repentaglio le supply chain McKinsey propone sistemi automatizzati di pianificazione in quattro fasi. Integrazione della fornitura dei dati; simulazione di scenari della filiera; algoritmi; automazione di questi tre step. I nuovi trend: reshoring, nearshoring, friendshoring

L’obiettivo perseguito dalla società rivolgendosi alle catene di offerta (dette anche di approvvigionamento e di fornitura) è di procurare tutto il necessario per soddisfare i bisogni e impiegare le persone in maniera tale da imbastire relazioni e creare dipendenze reciproche naturali tra di loro. Il fatto è che nulla è più difficoltoso dell’intrecciare rapporti vantaggiosi per tutti i partecipanti agli scambi. Così si esprimeva l’economista scozzese James Steuart vissuto nel Settecento. L’incertezza del lavoro associata alla crescente automazione, gli impatti ecologici, geochimici e climatici globali dell’industria, l’accesso della crescente popolazione planetaria al cibo, all’istruzione e all’occupazione e l’agricoltura sostenibile sono nell’economia della complessità in cui viviamo sfide molto più grandi di quelle che Sir Steuart trattava nei suoi scritti.

Catena di offerta: risultato del pensiero possibile?

In una catena di approvvigionamento, l’informazione, il denaro, le persone e le risorse collegano l’offerta (i produttori e i loro fornitori) e la domanda (il cliente). La catena si progetta ricorrendo alla cassetta degli attrezzi il cui nome è “efficienza” oppure puntando sulla resilienza. La cassetta contiene dati, misure e mappe per raggiungere l’obiettivo giusto in tempo. L’enfasi è posta sul mantenere le scorte al minimo e sui contratti a breve termine e in sintonia con l’andamento della domanda. La resilienza si adopera affinché, per ogni eventualità (just in case), si possa velocemente ritornare allo stato iniziale dopo essere stati sottoposti a una o più perturbazioni che ci hanno allontanato da quello stato. Secondo le valutazioni della McKinsey, il 93% delle aziende intenderebbe rendere la propria catena di approvvigionamento più resiliente, flessibile e agile. Se si è ossessionati dall’aritmetica delle cifre può capitare di non cogliere il vero significato delle cose. Se essere resilienti vuol dire resistere senza cambiare, non si fanno passi in avanti nella direzione dell’innovazione che crea nuovi valori. La resilienza si tradurrà solo in ridondanze, in scorte più grandi.







Tra l’efficienza e la resilienza si apre il paesaggio della possibilità di rendere compatibile l’estrazione di valore dalle catene di offerta con la cura che nei rapporti di fornitura delle filiere produttive si deve contestualmente prestare a tre sostenibilità: economica, ambientale e sociale. Le considerazioni economiche che spostano le produzioni lontano dai mercati di riferimento vanno conciliate con l’impatto ambientale delle attività umane e con la tutela dei lavoratori.

Andrea Appolloni, docente ed economista dell’Università Tor Vergata (immagine da LinkedIn)

Gli studi condotti da Andrea Appolloni, docente ed economista dell’Università Tor Vergata, e ripresi da China Files (Dialoghi: Confucio e China Files by Sabrina Moles, 9 Novembre 2021) fanno luce su due atteggiamenti manifestati, rispettivamente, dall’Occidente e dalla Cina. In Europa e negli Stati Uniti le imprese tendono ad aderire a pratiche sostenibili volute dalla legislazione. In Cina, la legislazione intende tutelare i lavoratori, «evitando che si creino sbilanciamenti lungo la catena (troppo lavoro o poco lavoro)», e i loro salari. Una globalizzazione delle catene di approvvigionamento che non solo amplia il commercio di beni servizi ma anche crea posizioni di rendite a favore degli azionisti, penalizza i lavoratori poiché distorce la distribuzione del reddito comprimendo i salari, soprattutto per i lavoratori di bassa e media qualifica.

La possibilità accelera il tempo di percezione di un evento. È il senso della possibilità che spinge il possibilista a chiedersi come le cose potrebbero andare diversamente da come sono andate finora, sotto l’oppressione dei risultati a breve termine chiesti del mercato azionario e dell’ideologia della creazione di valore a solo vantaggio degli azionisti. Con la libertà creativa, il possibilista conclude che un’impossibilità plausibile è preferibile a una possibilità poco convincente. Il possibilista percepisce il seme dell’idea che emerge attraverso la superficie sporca dell’impossibilità. Poi arriva il momento in cui l’idea deve essere annaffiata e fecondata fino al giorno in cui si può finalmente raccoglierne il frutto.

Dal pensiero possibile all’automazione della pianificazione della catena di approvvigionamento: in contrasto o in armonia con l’impresa liberata?

L’automazione avanza e la catena di fornitura si sta trasformando in reti di approvvigionamento digitali in cui i silos funzionali vengono abbattuti e le organizzazioni diventano interconnesse per consentire la collaborazione, l’agilità e l’ottimizzazione. Riportando il pensiero degli Erewhoniani sulle macchine, nell’opera satirica Erewhon lo scrittore vittoriano Samuel Butler teme «la straordinaria rapidità con cui le macchine stanno diventando qualcosa di molto diverso da quello che sono attualmente. Nessuna classe di esseri ha fatto in nessun tempo passato un movimento in avanti così rapido».

Ai giorni nostri, per affrontare gli shock globali che mettono a repentaglio le catene di fornitura McKinsey propone sistemi automatizzati di pianificazione in quattro fasi:

Integrazione della fornitura di dati per un monitoraggio in tempo reale.

 

Simulazioni di scenari della catena di approvvigionamento.

 

Algoritmi per risposte in tempo reale agli shock.

 

Completa automazione dei primi tre passi per decisioni e risposte automatiche.

Siamo calati in una prospettiva meccanicistica, con un modello di gestione chiavi in mano che costringe l’impresa ad indossare un soffocante corsetto? Il possibilista auspica un’impresa liberata, con abiti facili da indossare come quelli designati da Coco Chanel. Insomma, una filosofia imprenditoriale fondata sui principi di fiducia, autonomia, iniziativa, responsabilità, autocontrollo e intelligenza collettiva. La chiave del successo sta nell’attivare questi principi a livello dell’individuo mantenendoli in tensione dialogica con principi antagonisti come il controllo, la governance e il pensiero basato sui processi.

La globalizzazione cambia pelle

Dal globale al locale: è in corso la gara per la conquista del centro dello spazio economico mondiale

Stiamo assistendo al rientro a casa delle aziende che in precedenza avevano delocalizzato (reshoring), all’approvvigionamento da un paese vicino (nearshoring) ed a forme di esternalizzazione modellate e concordate con i paesi alleati politici (friendshoring). Sottotraccia, è in corso la gara per la conquista del centro dello spazio economico mondiale. Sui paesi in competizione grava il ricordo dell’Impero Romano che si riteneva così potente da dettare i termini del commercio globale. Lo stato delle cose era ben diverso. I romani erano solo il capolinea del ramo occidentale degli scambi internazionali. Quale tra le due potenze di oggi, gli Stati Uniti e la Cina, è soggetta alla sindrome “Io sono e resto al centro dell’economia mondiale”? Finora, gli Usa hanno alzato barriere difensive contro interferenze politiche e shock di varia natura che mettono a rischio le catene di offerta. Lo hanno fatto incoraggiando la produzione interna di semiconduttori e veicoli elettrici. La Cina ha disegnato una mappa geopolitica ed economica che mostra una doppia circolazione. Una direttrice corre lungo il tracciato dell’economia interna da far crescere rapidamente. Isolata da questa, l’altra direttrice è rivolta al commercio internazionale.

Cambiando, si sperimenta

Si impara sperimentando. Le nostre imprese esposte al commercio internazionale gareggiano in un campo di gioco tutt’altro che uniforme e sicuro. La richiesta di più alti standard ambientali e di salari migliori reca mutazioni nelle catene di approvvigionamento. Il cambiamento di una parte propaga a cascata la modifica alle altre parti. In un contesto tanto instabile, non basta applicare la “regola del quattro” vale a dire che non più del 25 per cento di ogni fornitura cruciale dovrebbe provenire da un solo luogo o arrivare in un solo scalo. La resilienza va accompagnata con la transculturazione: quel processo di influenza reciproca che porta i protagonisti del cambiamento a far interagire le rispettive culture. Ciò consentirebbe la creazione di catene di approvvigionamento tanto più sofisticate quanto maggiore è la specializzazione internazionale.

 

*Piero Formica è Professore di Economia della conoscenza. Senior Research Fellow dell’International Value Institute, Maynooth University, Irlanda. Docente e advisor, Cambridge Learning Gateway, Cambridge, UK. Presso il Contamination Lab dell’Università di Padova e la Business School Esam di Parigi svolge attività di laboratorio per la sperimentazione dei processi di ideazione imprenditoriale














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