Candiani: Microsoft è cambiata e vuole fare evolvere le imprese italiane

di Filippo Astone e Laura Magna ♦ Il ceo italiano della software house di Redmond spiega le strategie per diffondere la digital transformation del nostro Paese. Con Satya Nadella la creatura di Bill Gates è passata da azienda di prodotto ad azienda di piattaforma. Le strategie su Intelligenza artificiale, cloud e pubblica amministrazione

«Microsoft è cambiata. Sia dal punto di vista culturale, avendo optato per un percorso di continuo miglioramento e per la contaminazione tra le diverse funzioni aziendali, sia negli obiettivi: quello attuale è diventare un’azienda di piattaforma, che non è legata a singoli servizi o prodotti ma mira a fornire una piattaforma full-cloud che copra le infrastrutture e permetta di digitalizzare anche la produttività e i processi con i clienti attraverso la gestione dei dati, seguendo l’impresa cliente dall’inizio alla fine del suo processo di digitalizzazione.Parliamo di qualsiasi azienda, quali che siano la sua dimensione e il settore di attività», a dirlo a Industria Italiana è Silvia Candiani, amministratore delegato oramai da un anno di Microsoft Italia, giunta ai vertici della filiale italiana del colosso di Redmond dopo aver guidato per tre anni la divisione Consumer e Channel per l’area dell’Europa Centrale e dell’Est.

La mutazione genetica di cui Candiani parla ha coinciso con l’elezione ai vertici del colosso di Satya Nadella. Il ceo ha virato verso la cultura del “growth mindset” e a scelto di trasformare la mission da quella di “portare un pc su ogni scrivania” a quella di “abilitare persone e aziende affinché centrino obiettivi sempre più ambiziosi” (“empower every person and organization on the planet to achieve more” ). Slogan che si traduce, dal punto di vista della strategia, nel fare rotta in maniera decisa sull’intelligenza artificiale e sulle soluzioni customizzate per sfruttare la massimo le potenzialità che la tecnologia può offrire al mondo produttivo. Anche in Italia, come ci spiega Candiani.







 

Silvia Candiani_MICROSOFT_Foto
Silvia Candiani, ad Microsoft Italia

 

D. Uno dei capisaldi della vostra strategia dunque è l’Intelligenza Artificiale: la usate come un mattoncino per costruire nuove esperienze customizzate, rendendola accessibile a tutti. Corretto?

R. Certamente: abbiamo messo i servizi di intelligenza artificiale su Azure, che è la piattaforma cloud per le imprese, aperta e flessibile e in continua espansione. Con questo strumento ogni sviluppatore può creare, gestire e distribuire applicazioni su una rete globale di dimensioni elevate usando i propri strumenti e framework preferiti. Di fatto, in questo modo l’intelligenza artificiale è disponibile per tutti, dalla grande azienda, a quella micro, alla start up. L’azienda può prendere un servizio, un “mattoncino” e usarlo per sviluppare la piattaforma Azure, integrando per esempio i moduli di intelligenza all’interno dei propri prodotti e servizi. Inventando applicazioni potenzialmente infinite. Per esempio, un servizio di AI consente di analizzare le immagini come se fossero digitali, quindi rende possibile confrontarne grandi quantità. E trarre da esse informazioni, ovvero valore.

 

Fermo immagine dal sito Microsoft Azure

 

D. Ci può spiegare di piu?

R. Pensiamo all’analisi delle radiografie di un organo: un servizio di intelligenza artificiale consente di mettere a confronto immagini e dati di pazienti sani e malati generando informazioni utili a fare una diagnosi precoce di tumore, rilevando anomalie simili in soggetti che hanno la malattia a uno stadio iniziale e facendo scattare un campanello di allarme che induce ad indagare ulteriormente o a strutturate cure più efficaci. Questo lavoro che richiede, se svolto manualmente, una grande quantità di tempo e risorse, diventa un servizio che l’azienda ospedaliera può comprare a catalogo. Acquista il modulo di riconoscimento delle immagini e lo inserisce nella propria piattaforma, dando vita al suo sistema diagnostico. In questo modo abbiamo reso disponibile il sevizio AI a un numero enorme di sviluppatori: in questo momento sono 600mila quelli che lo stanno usando, in tutto il mondo, all’interno dei loro prodotti e servizi. E questa democratizzazione, a mio modo di vedere, è l’aspetto più interessante del nostro paradigma.

D. Voi dite spesso che il focus di Microsoft si è spostato decisamente sul cliente. Che cosa significa questa affermazione?

R. Avere la piattaforma sul cloud mette al centro il cliente, perché lascia all’azienda la possibilità di adottare il cloud secondo la sua modalità: qualcuno sarà interamente sulla nuvola e qualcun altro opterà per una soluzione ibrida, con il dato che viene raccolto da server distribuiti, in parte in azienda e in parte su cloud gestito da terzi. Non ci limitiamo a questo, però: forniamo anche un intelligence hedge. Questo vuol dire che rendiamo possibile mettere parte della capacità di calcolo anche nei sensori che sono nelle diverse macchine utilizzate in produzione, ovvero compiere un passo ulteriore verso la digitalizzazione: questa capacità di calcolo distribuita nella periferia dell’architettura è fondamentale in determinati scenari dove è importante avere risposte immediata (per esempio per bloccare un macchinario quando ci sono alert).

 

Candiani: “Avere la piattaforma sul cloud mette al centro il cliente”

 

D. Dove vi porta la nuova strategia?

R. Il nostro obiettivo finale è rendere tecnologie e cloud accessibili a tutti e in tal modo contribuire a rendere le aziende private più innovative e competitive, modernizzare la pubblica amministrazione, incidere sulle competenze. Credo che avere questo approccio complessivo sia sull’hedge sia sul cloud è qualcosa che differenzia Microsoft dai competitor e che ci rende il partner ideale per dar luogo alla digitalizzazione delle imprese in diversi contesti.

D. La digital transformation è sostanzialmente imprescindibile. Questo dato di fatto rappresenta una grande occasione di crescita per l’Ict italiano, che infatti è in forte svilupppo, a differenza del Pil, che segna una crescita modesta e incerta. Si aspetta che questo trend prosegua?

R. Confermo innanzitutto che l’Ict è in crescita e anche in accelerazione, proprio perché prodotti e servizi e processi tendono a diventare digitali e intelligenti. Parliamo di un processo che sta avvenendo in tutto il mondo e le aziende italiane si giocano la competitività sulla capacità di compiere lo stesso percorso delle peers straniere. Il mio auspicio è che l’incertezza che domina sul fronte macro non le freni dall’investire perché questo è il momento di farlo. E’ importante per poter consolidare la propria competitività e per poter veder premiate le eccellenze domestiche come campioni anche in un contesto globale. Insomma, parliamo di una grande opportunità per le aziende. E anche per l’Ict: il mercato indirizzabile nel giro di pochi anni decuplicherà.

R. Lei ha un passato in Vodafone, McKinsey e San Paolo Imi: si tratta di grandi aziende mature anche dal punto di vista della digitalizzazione. Ma la gran parte delle pmi è molto indietro sul processo: una recente indagine del Mise stimava la quota delle imprese che non si sono ancora avvicinate al 4.0 intorno al 90% del totale. Come se ne esce?

D. La media azienda italiana non è digitalizzata perché per anni abbiamo avuto l’incidenza di investimenti in Ict sul fatturato minore di tutt’Europa. C’è dunque un gap da recuperare, anche se oggi vedo maggior consapevolezza nelle aziende: parlando con gli amministratori delegati percepisco che la digitalizzazione viene finalmente considerata un valore aggiunto e una priorità. Il mio punto di vista è ottimistico proprio perché vedo aumentare l’interesse delle aziende verso l’Ict: i provvedimenti legislativi di Industria 4.0 sono stati un importante fattore di accelerazione e auspichiamo ci sia continuità sugli incentivi. Credo che sarà importante tuttavia passare da un’informatizzazione generica fino al punto di porre al centro della propria strategia la gestione del dato. Sono convinta che molta parte degli investimenti dovranno concentrarsi su questo aspetto, che poi coincide con il mettere al centro il cliente, da un lato attraverso l’interazione con esso, e poi con l’utilizzo delle informazioni che lo riguardano per dare vita a prodotti e servizi personalizzati. Un ulteriore grosso vantaggio per le aziende è che con il cloud non è necessario andare in sequenza ma è possibile migrare sulla piattaforma più moderna senza passaggi intermedi.

D. Insomma, le opportunità sono maggiori dei rischi, soprattutto per l’Ict. Vale anche per la Pubblica amministrazione? Che genere di progetti state realizzando con e per gli enti pubblici nazionali e locali?

R. In Italia la Pa, essendo più indietro, ha un potenziale di digitalizzazione ancora più importante del settore privato. Ma qualcosa si sta muovendo anche in questo ambito: penso al Ministero dell’Agricoltura che ha utilizzato la blockchain per tracciare i prodotti e garantire il made in Italy. Ma anche al Comune di Milano: che si è dotato di Chiara, un bot dotato di intelligenza artificiale sviluppato in collaborazione con Teorema che “parla” con cittadini e turisti fornendo loro informazioni. E a tanti altri piccoli Comuni che si sono digitalizzati grazie al nostro cloud. O alla Regione Emilia Romagna che ha implementato progetti all’avanguardia sfruttando queste nuove modalità che viaggiano sulla nuvola. L’adozione di soluzioni di comunicazione digitale unificata può fare davvero la differenza per efficientare la Pa: si possono ottenere risparmi di 2,9 miliardi di euro l’anno ed è possibile strutturare modalità di lavoro più efficienti, contribuendo al miglioramento delle relazioni con i cittadini e con le imprese e portando benefici enormi per la collettività.

R. Il cloud serve per ristrutturate i processi, come abbiamo visto ampiamente, ma può avere applicazioni diverse che incidono anche sulla produttività. Un progetto che avete realizzato per Inail va proprio in questa direzione. Ce lo racconta?

D. L’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro è caratterizzato da un organico di circa 9.000 dipendenti, da un elevato decentramento geografico e da procedure delicate che trattano dati sensibili: dal 2011 l’Istituto ha cercato una soluzione per rendere più efficienti ed efficaci i processi di comunicazione e condivisione delle informazioni tra tutte le strutture, riuscendo a operare una vera rivoluzione nel modo di lavorare per i dipendenti e anche nelle modalità di interazione con l’ecosistema di partner e fornitori che gravitano intorno all’istituto, che è stato successivamente accompagnato verso l’adozione di soluzioni Iot. Il principale vantaggio ottenuto è stato la riduzione del 40% del tempo necessario a chiudere una pratica di infortunio sul lavoro, migliorando tutto il workflow, dalla presa in carico della richiesta, alla modalità attraverso cui la persona infortunata viene messa in contatto con la struttura di riabilitazione. La tecnologia crea valore, se ci fosse bisogno di un’ulteriore conferma.

 

Candiani:”La formazione è l’elemento critico che decreterà il successo o il fallimento sul fronte della digitalizzazione”

 

D. Però per creare valore è necessario un profondo cambiamento di mentalità e anche una focalizzazione importante sulla formazione. In Italia in particolare la preparazione su Ict e digitale è piuttosto scarsa e l’adozione sempre più pervasiva di tecnologie avanzate rende necessario che ci siano persone in grado di saperle usare. Anche per scongiurare che si arrivi ad avere nuove professioni e nessuno in grado di svolgerle. Microsoft cosa fa su questo fronte?

R. La formazione è l’elemento critico che decreterà il successo o il fallimento sul fronte della digitalizzazione ed è senza dubbio uno degli asset di investimento più importanti di Microsoft in Italia: dove già oggi ci sono 100mila posti di lavoro che non si possono coprire perché non ci sono persone con le skill giuste. E credo che andando avanti questo fenomeno accelererà ulteriormente perché ci saranno sempre più posti di lavoro creati dalla tecnologie per cui non esistono professionalità adeguate.

Siamo attivi con la scuola innanzitutto, per spingere gli studenti, maschi e femmine, verso le discipline Stem, per creare l’indotto. E facciamo tantissima formazione sui partner. I partner restano attori fondamentali di quell’ecosistema di innovazione che è il nostro obiettivo: solo in Italia sono oltre 10mila. Quando apriamo nuove frontiere, per esempio l’AI, c’è però bisogno di fare formazione e abilitazione perché non tutti sono allo stesso livello. Ancora, nel corso dell’estate abbiamo lanciato una serie di certificazioni online per consentire – non solo ai partner ma al pubblico indistinto – di imparare tutto su AI, digitalizzazione, Iot. Questo per spingere sul discorso della riqualificazione delle professionalità obsolete, che, al di là dell’evoluzione del mercato del lavoro che è un mondo ancora tutto da scoprire, è un problema attuale, reale che va affrontato e che coinvolge tutti coloro che sono oggi nel mercato del lavoro. Per i quali è obbligatorio un aggiornamento continuo, che segua l’evoluzione vertiginosa delle tecnologie. Il re-skilling è cruciale se si vuole rimanere attraenti per il mondo del lavoro. Microsoft ha in rampa di lancio, con l’autunno, iniziative mirate proprio a tal fine.














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