Roberto Benaglia, Fim: ecco che cosa succederà ai metalmeccanici italiani

di Aldo Agosti ♦︎ Intervista al leader degli operai della Cisl, successore di Marco Bentivogli. A tutto campo su Fca - Stellantis, nuovi contratti, recovery plan, governo Draghi, licenziamenti, futuro del lavoro

Roberto Benaglia, leader della Fim-Cisl

Come risollevare l’industria dalla peggior crisi dal 1945? Come ridare vigore al mondo metalmeccanico che già prima del Covid vedeva ridursi il suo potere negoziale? Il rinnovo del contratto nazionale è sicuramente la prima pietra di una ripresa che prima o poi dovrà arrivare. Ma non basta. Però, spiega Roberto Benaglia, leader della Fim-Cisl, in questa intervista a Industria Italiana, è lecito sperare. Basta solo azzeccare le mosse. Ma quali?

Le tute blu hanno le idee chiare: più industria 4.0, più formazione dei lavoratori e, soprattutto, più investimenti nelle competenze professionali. Anche per questo il Recovery Plan deve rappresentare quel salto di qualità che, almeno per il momento, non si è visto. E poi, un occhio vigile dello Stato sulle grandi partite industriali, a cominciare da Stellantis. Il punto di caduta è uno soltanto: il cambiamento non va temuto, ma cavalcato e se possibile governato.







 

D. Benaglia, il suo predecessore Marco Bentivogli aveva impostato una linea di forte accompagnamento delle trasformazioni che vanno sotto il cappello Industria 4.0, senza preoccupazione alcuna per l’impatto negativo che viene paventato sui posti di lavoro. Anzi, sostenendo che queste nuove tecnologie creano più lavoro e più qualificato. Che cosa ne pensa Lei?

La Fim è il sindacato della partecipazione in fabbrica, che vuole prima di tutti capire e rappresentare il cambiamento del lavoro, fortemente impattato dalla digitalizzazione, dall’invecchiamento demografico, dalle  disuguaglianze di genere e nella ricerca di equilibrio tra vita e lavoro, questo  non per chiedere ai governi soluzioni ma per contrattare direttamente in azienda e sul piano nazionale nuove tutele

R. La Fim ha sempre abbracciato l’innovazione tecnologica e contrattuale come fattori di crescita e miglioramento delle condizioni del lavoro e dei lavoratori. Marco da questo punto di vista è stato, un interprete della migliore tradizione Fim. Il cambiamento, l’innovazione fa parte della natura stessa del lavoro, direi dell’umanità. Industria 4.0 in questo senso è una grande opportunità per migliorare il lavoro e renderlo sostenibile. La grande sfida generazionale che abbiamo davanti è quella di capire, anticipare e gestire sul piano sociale queste trasformazioni che stanno avvenendo rispetto ad altre epoche, con grande velocità, evitando che ci siano persone che restino fuori o ai margini del lavoro e della società. Uno dei principali strumenti a disposizione del sindacato, per gestire questi cambiamenti epocali è la contrattazione, a cui però vanno affiancate politiche formative e del lavoro nuove, capaci di rispondere alle trasformazioni in atto, ma anche una burocrazia più snella, un sistema giudiziario che abbia tempi certi e veloci e un sistema di credito più vicino alle imprese, in particolare alle pmi. In una parola, serve un ecosistema 4.0 capace di trainare tutti verso le opportunità della trasformazione in atto senza creare sacche di marginalizzazione tra imprese, lavoratori, territori.

 

D. Però ora c’è la pandemia…

R. La pandemia, in questo senso è stato un forte acceleratore, basti pensare l’home working di questi mesi deve diventare smart-working, lo possiamo fare attraverso solo attraverso un lavoro di  negoziazione che accentui le opportunità di imprese e lavoratori ed eviti  disparità e marginalizzazioni. Il cambiamento quindi non va temuto o frenato ma va sviluppato dentro una cultura che metta al centro le persone garantendo soprattutto chi rischia di trovarsi fuori dalle opportunità che la tecnologia offre. Una parte del lavoro infatti non va tutto verso la sua qualificazione, certamente la manifattura oggi ha tassi di miglioramento forti, ma a noi preoccupa una crescente polarizzazione nel mercato del lavoro anche industriale tra professioni emergenti e mansioni più povere, con crescente dualismo e disuguaglianza. Per questo la Fim continua a ritenere prioritario praticare il diritto alla formazione continua, rendendolo sempre più esigibile e accessibile per la stragrande maggioranza di lavoratori italiani che, al contrario di quanto capita negli altri paesi ne sono ancora esclusi. Per la Fim una formazione continua disegnata su misura delle singole persone è davvero il nuovo articolo 18, la miglior tutela contro il rischio della disoccupazione.

 

D. Che cosa vorreste che il nuovo governo Draghi inserisca nel Recovery Plan che invece era assente nelle bozze del governo Conte?

Mario Draghi, presidente del Consiglio dei Ministri

R. L’attuale bozza del Recovery Plan non è altro che una lista di positivi e condivisi obiettivi ma senza progettualità operativa. Il problema dell’ Italia è attuare le riforme e i nuovi progetti e questo difetto si sta confermando. La Fim Cisl vuole un piano che punti a modernizzare il Paese e a renderlo più europeo nella capacità d’innovazione e nella coesione sociale. Non si tratta di prendere risorse e a pioggia, dividerle su vari progetti. Serve un’anima al Rercovery plan e questa deve appoggiarsi sulla capacità di fare riforme. Occorre partire dalle infrastrutture, dalla modernizzazione della gestione pubblica e della burocrazia, una giustizia certa e una rete di servizi efficienti insomma  tutto quello che serve per attrarre investimenti. Per quanto riguarda gli obiettivi punterei tutto su il lavoro 4.0, sul sostegno alla transizione ecologica dell’industria e della mobilità e sulla creazione di competenze, fattore per il quale scontiamo posizioni arretrate rispetto ai competitori europei. Il nuovo governo Draghi a nostro avviso deve riprendere e riscrivere le priorità in questa direzioni ma soprattutto dimostrare una capacità di attuazione fattiva e manageriale. Non dimentichiamoci che si tratta di risorse in prestito e che saranno erogate solo sul tasso di raggiungimento di alcuni obiettivi da perseguire. Serve una capacità di concretizzazione che deve poter contare anche sulla forza e il ruolo delle parti sociali che fino ad oggi sono state escluse da qualsiasi discussione concreta.

 

D. Tra la primavera e l’estate finirà il blocco dei licenziamenti. Che cosa ne pensate? Che cosa proponete per fronteggiarlo?

R. Non possiamo pensare che dal primo aprile possa scattare “il giorno del licenziamento” creando tensione sociale in un Paese già affaticato e sfibrato dalla crisi pandemica sul piano occupazionale. Siamo ancora in piena emergenza e vanno prese misure eccezionali. Quello che tuttavia servirebbe è poter creare strumenti innovativi e nel segno delle riforme del lavoro per stabilizzare e creare occupazione. Ne propongo tre: per il prossimo biennio occorrerebbe per le aziende con cali produttivi incentivare e rendere prioritario l’uso dei contratti di solidarietà, per ripartire il lavoro ed evitare esuberi; occorre un piano di formazione delle competenze a partire da quelle digitali per tutti i cassintegrati, in modo da riattivarli al lavoro in modo più qualificato; e infine serve irrobustire la durata e il valore della Naspi per sostenere chi sta perdendo il lavoro con un piano di politiche attive,  di cui troppo si è parlato ma poco o nulla abbiamo fatto in Italia, che punti sulla ricollocazione certa. Per attivare questi importanti obiettivi serve prolungare quanto basta il blocco dei licenziamenti e finanziare nuovi ammortizzatori.

Interscambio prodotti metalmeccanici. Dal 2017 al 2019 si è assistito ad un brusco calo sia delle importazioni che dell’export. Fonte Federmeccanica

D. Potrebbe fare una sintesi della vostra proposta sindacale al mondo delle fabbriche? Come si differenzia da quelle dei vostri colleghi di Uilm e Fiom

R. La Fim Cisl che ho l’onore di rappresentare da sei mesi continua a voler costituire una proposta originale nel panorama sindacale. Il nostro è da un lato un sindacato di prossimità, che guarda ai metalmeccanici non come massa ma come persone che lavorano con bisogni articolati. Ma soprattutto la Fim è il sindacato della partecipazione in fabbrica, che vuole prima di tutti capire e rappresentare il cambiamento del lavoro, fortemente impattato dalla digitalizzazione, dall’invecchiamento demografico, dalle  disuguaglianze di genere e nella ricerca di equilibrio tra vita e lavoro, questo  non per chiedere ai governi soluzioni ma per contrattare direttamente in azienda e sul piano nazionale nuove tutele. Siamo consapevoli che dobbiamo essere un sindacato flessibile e plurale, capace di rappresentare tecnici, smartworkers, lavoratori qualificati, questo senza scordarci che molti metalmeccanici continuano a lavorare in Pmi o sulle catene di montaggio con lavori poco creativi e faticosi. Il mondo dei metalmeccanici è oggi diviso a metà come una mela tra la categorie: gli operai (che pesa ormai il 49% del totale occupati) e quella degli impiegati (51%). Una suddivisione che per fortuna, almeno sul piano contrattuale con la recente riforma dell’inquadramento professionale inserita nel nuovo contratto dopo 47 anni abbiamo superato. Ma la Fim vuole essere anche il sindacato rappresentativo nei confronti delle imprese non solo sulla base degli iscritti che vi si riconoscono ma anche sulla base della capacità di dialogo e di confronto sui temi che caratterizzano la vita, la competitività e lo sviluppo dell’industria metalmeccanica. I nostri sindacalisti quando si approcciano ad una vertenza o ad un confronto con le imprese studiano i bilanci aziendali, le catene del valore, la lean production e, la globalizzazione nei singoli settori. I sindacalisti della Fim non vogliono essere pure controparti ma partner sociali volti a coniugare competitività e migliori tutele del lavoro. Veniamo da un mondo nel quale alzare la produttività del lavoro significava in un tavolo sindacale incidere su pause, ritmi delle linee, turnistica con svantaggi per i lavoratori. Oggi anche nella contrattazione vale una logica “win-win” con la quale lavoratori più tutelati (anche tramite welfare aziendale, formazione continua, miglior conciliazione vita lavoro che la Fim da molti anni ha messo al centro delle proprie strategie contrattuali) contribuiscono meglio al successo delle imprese.

 

D. Sulla vicenda Ilva e i suoi sviluppi futuri, quali le vostre posizioni?

I lavori iniziati da ArcelorMittal Italia all’ex Ilva di Taranto

R. La crisi Ilva rappresenta un esempio di come questo Paese non abbia a cura il valore della sua capacità industriale. A metà dello scorso anno abbiamo rischiato di vedere contemporaneamente la fuga della multinazionale franco- indiana Arcelor Mittal, la chiusura degli impianti e il disinteresse dello Stato. Il tutto proprio nell’anno peggiore della storia del polo siderurgico che dai 9 milioni circa di tonnellate annue prodotte è sceso nel 2020 a 3,4. Ilva a Taranto con tutto la filiera collegata vale circa l’1% del Pil italiano, un valore enorme. Come sindacato ci siamo battuti per non arrenderci a questa deriva e abbiamo premuto per una nuova soluzioni gestionale. L’accordo Arcelor Mittal con Invitalia che rappresenta l’ingresso dello Stato era l’unica soluzioni oggi possibile e l’abbiamo favorita, ma ora bisogna dare gambe a un rilancio industriale e occupazionale. Non vogliamo più un derby divisivo tra lavoro e salute, la transizione ecologica e le risorse europee devono rendere possibile una produzione sostenibile siamo interessati agli investimenti green che tramite i forni elettrici e il preridotto permetteranno di rendere sostenibile la produzione. Ma come sindacato ci preoccupa la certezza dei piani che vengono scadenzati fino al 2025, un orizzonte troppo lungo e incerto che rischia di danneggiare fortemente l’occupazione che costituisce il nostro principale interesse. Noi non possiamo ridurci a dire a migliaia di lavoratori che già hanno pagato con sacrifici la attuale situazione e gestione  che hanno davanti solo altri 4 anni di cassa integrazione. Occorre accelerare investimenti, verticalizzare le produzioni, manutenere impianti e capacità produttive. L’acciaio sta vivendo con la ripresa una grande fase di rilancio, serve un accordo sindacale capace di rafforzare investimenti e produzioni e mettere in sicurezza l’occupazione. Per questo quanto disposto il 13 febbraio dal Tar di Lecce circa la chiusura entro 60 giorni della area a caldo costituisce l’ennesimo ribaltone giudiziario, che riporta indietro le lancette dell’orologio una minaccia forte alla vita dello stabilimento, abbiamo chiesto  al neo Presidente del Consiglio Draghi, ai ministri Cingolani per la Transizione ecologica e Giorgetti per lo Sviluppo Economico, di convocarci e assumere subito decisioni e provvedimenti che non mettano in ginocchio il polo siderurgico e che rendano possibile far diventare Taranto il principale produttore di “acciaio verde” in Europa.

 

D. Dopo 15 mesi di trattative è stato finalmente rinnovato il contratto dei metalmeccanici. Che cosa significa questo per i lavoratori italiani? Aggiungerei: che contributo avete dato voi? quali ulteriori scenari prevedete?

R. Rinnovare un contratto come quello dei metalmeccanici nel pieno di una pandemia, al termine di un anno nel quale la produzione del settore è calata del 15% e in piena di crisi di governo è stato un atto di grande responsabilità e grande fiducia nel futuro. Come Fim lo abbiamo battezzato il “contratto per la ripartenza” perché da un lato permette di dare stabilità e certezze a imprese e lavoratori che stanno cercando di poter lavorare con tranquillità e prospettiva e dall’altro presenta dei contenuti innovativi all’insegna della valorizzazione del lavoro. Riforma degli inquadramenti professionali, maggior investimento in formazione continua, sperimentazioni aziendali di partecipazione organizzativa, un welfare che premia i giovani sono i principali contenuti dell’accordo tutti volti alla innovazione contrattuale e a centrare le relazioni industriali in azienda all’insegna del dialogo e della concretezza come è stato in questi mesi di pandemia quando capi del personale e delegati sindacali si sono rimboccati le maniche per mantenere aperti i reparti produttivi garantendo nel contempo sicurezza e distanziamento per le persone.
È stato un negoziato difficile ma all’insegna del coraggio e della innovazione. Riconoscere e sviluppare le competenze è un nuovo elemento centrale che le relazioni industriali riconoscono. L’atteggiamento al tavolo di Federmeccanica è stato aperto, volto al rinnovamento e costruttivo, una vera e propria iniezione di fiducia nel dialogo sociale.
Speriamo ora che la politica prenda esempio da questo rinnovo e da queste soluzioni. E’ nel pieno della crisi che nascono soluzioni innovative e soprattutto questo contratto parla a tutto il Paese generando soluzioni. I metalmeccanici una volta manifestavano per far cadere i governi ora contrattano il cambiamento del lavoro che non fa altro che accelerare. I 112 euro concessi di aumento in questo quadro non sono frutto di un braccio di ferro tradizionale ma il riconoscimento del valore e delle competenze crescenti che oggi i lavoratori sia operai che impiegati esprimono. È un bel salto in avanti della contrattazione e un bel segnale al Paese che dimostra come il dialogo sociale e le parti sociali sono un motore di fiducia e di ripresa.

 

D. A inizio anno è nato un gigante dell’auto, Stellantis. La fusione era inevitabile, preoccupazioni comunque ne avete?

John Elkann, presidente di Stellantis

R. In un mercato mondiale dell’auto sempre più competitivo, la rapida trasformazione tecnologica ed ecologica richiede crescenti masse di investimento, Fca non poteva restare da sola. Non mi appassiona la siscussione se quella con il gruppo Psa è la migliore delle alleanze possibili, la cosa certa è che l’operazione che ha portato con  Stellantis  a creare il quarto gruppo al mondo di automotive  per capacità produttiva non si poteva più ritardare. Il nuovo Gruppo Stellantis nasce con  forti obiettivi di posizionamento e di crescita nello scacchiere mondiale dell’automotive,  come ci ha detto  lo stesso ceo Carlos Tavares nell’incontro tenuto con noi sindacati italiani, ribadendo il ruolo centrale dell’Italia in questa partita. Quello che più ci preoccupa – speriamo che il nuovo governo ponga maggiore attenzione – e che in Italia non esiste un  interesse e una politica industriale adeguata a favorire e attrarre investimenti crescenti come quello di Stellantis. Tanti politici e sindacalisti hanno chiesto l’ingresso dello Stato italiano in Stellantis a cose fatte e  questo, solo  per controbilanciare la presenza storica dello Stato francese nel capitale. È stato un dibattito tardivo e mal posto, occorreva semmai affrontarlo alla vigilia del merge avvenuto oltre 1 anno fa, avendo chiara l’importanza di un comparto come quello dell’automotive sia sul piano occupazionale ma anche per le filiere produttive e tecnologiche che interessa.

 

D. Il futuro dell’auto è verde, però.

R. Molto presto bisognerà gestire tutta la transizione da motore termico a motore elettrico, sia sul piano dell’occupazione, ma anche del nuovo ecosistema industriale e urbano che l’auto elettrica implica: dalla rete di distribuzione, alla produzione delle batterie, ai servizi e all’assistenza e manutenzione, alle nuove normative, alla gestione delle batterie esauste e via discorrendo. Una partita che necessiterà, questa si, di un’importante contributo della politica. Bene quindi il ministero della transizione ecologica, se l’obiettivo è quello di gestire queste problematiche. Come sindacato in questa nuova partita  non staremo con le mani in mano, abbiamo chiesto di contribuire alle scelte che determineranno il nuovo piano industriale di Stellantis. Gli stabilimenti italiani hanno potenzialità forti ma anche debolezze da colmare a partire dalla missione per la fabbrica di Cassino. Per noi i 5 miliardi di efficienze che Tavares si prefigge di raggiungere con la fusione non devono tradursi in tagli occupazionali. Vogliamo evitare una sorta di “francesizzazione” delle piattaforme produttive e anche della componentistica che vede in Italia una filiera frammentata ma molto  competitiva  non possiamo perdere.














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