Obiettivi, strategie e progetti di Banca AideXa: parla Nicastro

di Marco Scotti ♦︎ Il presidente dell'istituto fintech racconta a Industria Italiana quali siano le peculiarità della "sua" creatura: credito istantaneo alle pmi grazie a intelligenza artificiale e machine learning; pochi servizi ma ad altissimo tasso di efficienza e innovazione; un conto corrente dedicato a imprese e professionisti già all'inizio del prossimo anno. E sul rischio bolla...

Roberto Nicastro presidente di Banca AideXa

«Il rapporto tra fintech e banche tradizionali è ancora tutto da esplorare e non esiste un unico modello. L’esempio più calzante è quello dei vaccini: c’è il caso di BionTech, che per produrre il siero ha dovuto appoggiarsi a un colosso come Pfizer; e poi c’è Moderna che ha fatto tutto da sola, seppur più in piccolo». Roberto Nicastro è un banchiere di lungo corso. È stato vice-amministratore delegato e poi direttore generale di Unicredit; ha ricoperto il ruolo di presidente delle “quattro banche”, cioè Carife, Carichieti, Etruria e Banca Marche. Nel frattempo, nel ruolo di angel investor, ha iniziato a esplorare dall’interno il mondo dell’innovazione e del fintech in particolare. E ha deciso di dare vita alla “sua” creatura, Banca AideXa. Questo istituto innovativo – perché, come si vedrà, ha al centro della sua offerta l’impiego delle più moderne tecnologie, in particolare dell’intelligenza artificiale – ha ricevuto nelle scorse settimane la licenza bancaria e ha in progetto di offrire servizi tradizionali già dall’inizio del prossimo anno. Con un’avvertenza: che AideXa si rivolge esclusivamente alle partite iva e alle piccole imprese.

A seguirlo in questa avventura Federico Sforza, già responsabile di business unit della Nexi guidata da Paolo Bertoluzzo, qualche volto noto del mondo creditizio ma soprattutto una squadra di giovani ad alto tasso d’innovazione. Alla base, la consapevolezza che c’è un enorme spazio di manovra in un’industria, quella del credito alle piccole imprese, che è ancora in fase embrionale nella sua definizione tecnologica. Mentre il segmento retail, infatti, è ormai all’avanguardia, le imprese e le partite iva sono ancora in alto mare. Eppure, l’interesse ci sarebbe eccome. Dopo la definitiva entrata in vigore della Psd2, la normativa europea sui pagamenti che consente l’accesso alle informazioni bancarie alle cosiddette “terze parti”, molto si sta muovendo. I risultati di questa profonda trasformazione del mondo bancario sono già evidenti, nonostante si tratti ancora di un processo in costruzione. Negli ultimi anni (fonte Osservatorio del Politecnico di Milano su Fintech e Insurtech) sono nate 48 piattaforme di open finance. Questo nuovo paradigma sta iniziando a interessare un pubblico sempre più vasto. Tant’è che il 72% degli italiani affiderebbe la gestione dei propri risparmi a un soggetto terzo e il 65% impiegherebbe servizi fintech per ottenere un prestito. Nicastro ha scelto Industria Italiana per raccontare attese, progetti e obiettivi della sua fintech.







 

D: Nicastro, prima di tutto la carta d’identità di AideXa…

Federico Sforza e Roberto Nicastro, rispettivamente amministratore delegato e presidente di Banca AideXa

R: Si tratta di un operatore fintech e digitale dedicato esclusivamente alle partite iva e alle piccole imprese, cioè le PMI ma senza la “m”. Nasciamo con la consapevolezza che le aziende sotto i 10 milioni di fatturato e con meno di 50 dipendenti significano oltre la metà del pil e più del 50% dei posti di lavoro generati. Nasciamo come fintech ma abbiamo appena ottenuto la piena autorizzazione bancaria. Adesso il cliente ha il quadro completo della sua controparte, sa bene chi siamo e che cosa offriamo; vogliamo poter raccogliere liquidità in modo costante a prescindere dagli alti e bassi del mercato edall’inizio del prossimo anno inizieremo anche a offrire prodotti di conto corrente.

 

D: Tra i fondatori, con quote, figurate lei come presidente e Federico Sforza come amministratore delegato. Chi sono gli altri soggetti coinvolti? 

R: Ci sono investitori principali, che detengono più del 10% del capitale, che sono Generali, Sella, Banca Ifis e l’Isa, l’istituto atesino di sviluppo. A loro si aggiungono oltre 30 investitori istituzionali, angel e family office. Si va da Confartigianato a Invitalia, dal Mediocredito Centrale a 360 Capital. 

 

D: Come vi inserite nell’industria del credito e che ruolo volete ricoprire?

Frederik Geertman, ceo di Banca Ifis

R: Partiamo dall’assunto che vogliamo semplificare la vita a imprenditori che spesso sono sommersi da molte altre incombenze. Per questo, come primo prodotto abbiamo lanciato un instant lending rapidissimo. Garantisce la risposta entro 30 minuti e l’accredito sul conto corrente entro 48 ore. Poi certo, non vogliamo essere dei “talebani” digitali: a quella metà di clienti che preferisce ricevere aiuto e consulenza abbiamo dedicato dei business banker in carne e ossa.

 

D: Scusi, però la media di processazione di un prestito in banca è di 4-6 settimane: come riuscite a essere così rapidi?

R: Con l’intelligenza artificiale, che va a vedere non soltanto lo storico del richiedente e dell’azienda, ma anche il flusso di cassa. Il bilancio, in anni come quelli che stiamo vivendo, ha significatività relativa. Vedere come si sta comportando il business in tempo reale, invece, restituisce una fotografia più precisa.

 

D: La vocazione tecnologica: ci racconta qualcosa in più su questo aspetto fondamentale di Banca AideXa?

R: Abbiamo un nuovo Chief Data Officer, Walter Rizzi, che ha creato un team di data scientist. Questi esperti stanno lavorando allo sviluppo di intelligenza artificiale e di machine learning per assegnare uno scoring all’impresa. Questo si basa su tre mattoncini: i dati tradizionali di bilancio e di storia creditizia dell’impresa e dell’imprenditore; i dati afferenti alla Psd2, con un algoritmo che collega le informazioni che si trovano nei passati 12 mesi di conto corrente con la probabilità di default. Inoltre analizziamo la generazione di cassa e l’utilizzo degli affidamenti. Il terzo mattoncino è quello che in gergo si chiama digital footprint o “alternative scoring”, che integra la fotografia complessiva con dati tratti dalla esperienza web dell’impresa. 

 

D: L’open banking è la chiave di volta della vostra offerta? Perché è così importante?

R: Perché dà vita a una nuova stagione dell’attività bancaria che promuove la concorrenza a beneficio dei clienti. È bene ricordare che con l’open banking il cliente offre la visibilità dei suoi conti correnti e in cambio riceve molte più offerte di credito e di finanziamento.

 

Soddisfazione per servizi fintech e insurtech. Start-up fintech e insurtech. Servizi fintech e insurtech. Fonte: Nielsen e Oss. Fintech & Insurtech

D: L’Italia come sta da questo punto di vista?

R: Il 90% dei clienti  è pronto e contento di usare nuove forme di servizi per il credito. Ma il 40% degli istituti di credito non è ancora compliant, con una percentuale analoga di casi che ha problemi anche solo a garantire l’accesso al conto corrente in modalità digitale. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, questo dato era al 50% qualche mese fa, ma è ancora chiaramente insufficiente e blocca la concorrenza a danno delle piccole imprese.

 

D: Nel futuro come immagina il rapporto tra banche e fintech? Saranno antagoniste, partner, complementari?

R: L’evoluzione dell’ecosistema è molto variabile, c’è spazio per tanti modelli diversi. Mi piace prendere a esempio il mondo dei vaccini. Quello che comunemente viene chiamato Pfizer è stato sviluppato da una start-up, BionTech, che poteva garantire maggiore flessibilità che ha permesso di portare vera innovazione. Quando poi si è trattato di distribuire, l’azienda ha deciso di rivolgersi a un player di proporzioni planetarie per arrivare al mercato e produrre su larga scala. Moderna invece ha fatto tutto da sola, ha portato sul mercato meno pezzi, ma non ha avuto bisogno di appoggiarsi ad altri. L’innovazione, almeno per ora, è fuori dalla banca. Poi ci saranno alcune fintech che si metteranno insieme agli istituti di credito tradizionali, e altre che invece andranno avanti per la loro strada. Quello che possiamo dire con certezza è che la biodiversità e la concorrenza degli operatori è destinata a crescere moltissimo, a beneficio ultimo dei clienti.

 

D: Recentemente abbiamo assistito all’Ipo di Wise, valutata oltre 9 miliardi e cresciuta del 10% nel suo primo giorno di collocamento. Che cosa significa oggi fare banca e quali sono le difficoltà che incontrano gli istituti di credito tradizionali?

Servizi fintech e insurtech. Fonte: Nielsen e Oss. Fintech & Insurtech

R: È tutto diverso rispetto al recente passato. Per una miriade di motivi. Prima di tutto, perché siamo abituati a vedere le banche come dei supermercati, mentre il fintech inizia la sua attività offrendo uno o due prodotti o rivolgendosi a uno specifico segmento. C’è dunque molta più focalizzazione rispetto all’istituto di credito tradizionale. Questo porta a un vantaggio e uno svantaggio per il cliente finale. Il primo è che la qualità dei servizi offerti è decisamente superiore; il secondo è che per ottenere la pluralità di prodotti che la banca permette di avere è necessario rivolgersi a più soggetti. 

 

D: C’è il rischio di una bolla?

R: Per quanto riguarda casi come quello di Wise, al momento stiamo assistendo a quotazioni veramente molto robuste che oltretutto si contrappongono a valutazioni medie delle banche decisamente contenute. Ci possono essere diversi elementi che lo spiegano: il mercato ritiene che queste start-up cresceranno mentre le banche no e quindi prevede una sorta di “travaso di crescita”; un altro motivo è che la banca offre un mix di prodotto alcuni redditizi e altri in perdita, mentre in genere le Fintech si concentrano su pochi prodotti ma tuti potenzialmente ricchi. Ci sono poi i tassi d’interesse particolarmente bassi che rendono estremamente complesso il mestiere delle banche tradizionali. E poi certo, può esserci anche in vari casi uneffetto bolla dei mercati finanziari. 

 

D: Ma il fintech è già pervasivo o rimane una splendida idea che deve ancora crescere?

Gli investimenti verso le startup fintech italiane continuano a crescere, ma siamo ancora lontani dai livelli di altri Paesi europei.

R: Per rispondere a questa domanda bastano due dati. Gli stock di credito erogato alle pmi al 2020 ammontavano complessivamente, intorno a 150 miliardi di euro. Di questi,  circa 1,3 miliardi sono nuova finanza realizzata tramite fintech. Poco? In effetti sì, parliamo di meno dell’1%. Però guardiamo ai nuovi crediti del 2020: in questo caso si tratta di un erogato complessivo di 10 miliardi. E gli 1,3 provenienti dal fintech diventano una bella quota, significa che c’è qualcosa che si sta muovendo e crescendo. 

 

D: Da un po’ di tempo le banche offrono sempre più servizi: l’esempio classico è quello della bancassicurazione. È nei vostri piani?

R: Non nel breve. Siamo dedicati esclusivamente solo alle piccole imprese, introducendo progressivamente nuovi prodotti ma tenendo fede ai nostri elementi distintivi dal punto di vista della semplicità. In autunno contiamo di affacciarci al mercato del credito garantito e, con l’inizio del 2022, di realizzare conti correnti. Poi altro arriverà ancora, ogni prodotto va testato. Non escludiamo neanche il bankassurance, ma non prima di due anni. Il concetto di open banking si basa sulla necessità di realizzare in casa un’offerta piccola ma molto distintiva: tre, quattro prodotti realizzati internamente, gli altri selezionati tra i migliori sviluppati da altre fintech. 

 

D: Avete in programma una quotazione o ulteriori aperture di capitale dopo il round di finanziamento da 45 milioni con cui avete iniziato?

R: I primi cinque anni saranno focalizzati sulla crescita, è l’accordo che abbiamo con tutti i soggetti coinvolti. Per questo, almeno nel quinquennio, non ci aspettiamo alcun tipo di exit.

 

Roberto Nicastro presidente di Banca AideXa

D: Per concludere: lei ha avuto esperienze in ruoli apicali da banchiere “tradizionale”. Come mai ha scelto di cambiare e di entrare nel fintech?

R: Prima di tutto bisogna precisare che sto facendo qualcosa di diverso ma non di totalmente estraneo rispetto alla mia precedente attività. Nella mia esperienza bancaria sono sempre stato molto interessato al mondo delle pmi e ho avuto la fortuna di poter lavorare con team che hanno molto innovato nei servizi bancari alle PMI. Rimango convinto che questo segmento offra tantissime opportunità di crescita. Più recentemente, attraverso la mia attività privata di angel investor, ho scoperto una cultura di innovazione tecnologica che anche in Italia è molto dinamica e che nel contesto delle startup non è condizionata dai costi e complessità dei sistemi legacy delle grandi banche o delle grandi aziende. Infine, quando mi sono trovato con Federico Sforza, che era stato mio collega in Unicredit, ci siamo resi conto che entrambi eravamo alla ricerca di un’avventura di questo tipo pur con ruoli diversi rispetto al passato e infatti Federico è il CEO di Banca Aidexa, io ne sono il Presidente.














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