Il 2021 sarà l’anno della lamiera. A trainare il mercato sarà la ripresa del settore auto

di Laura Magna ♦︎ Dopo un calo del 16%, a gennaio la produzione e aumentata del 2,8%. Il caso Liberty, che punta sull'acciao verde, e il ruolo di Ilva, un potenziale riequilibratore di domanda e offerta

La lamiera italiana (ed europea) è pronta a riprendere la corsa, dopo lo stop imposto dal Covid. Il comparto dei prodotti piani è centrale per l’acciaio italiano, con volumi consumati che da sempre si tengono sopra ai 16 milioni di tonnellate annue. Nel 2020 i piani prodotti in Italia sono stati superiori ai 9,5 milioni di tonnellate sui 20,4 totali. Poco meno della metà in un’industria che, con ricavi per quasi 60 miliardi e 33.400 occupati, è il secondo player europeo.

Il re dei prodotti piani è la lamiera, semilavorato che si ricava dalla laminazione a caldo di bramme o dalla spianatura e taglio a misura di un nastro. Nel primo caso si parla di lamiera da treno, nel secondo caso lamiera da coil. Si tratta di prodotti che vengono usati nell’industria automotive principalmente, nella carpenteria metallica e nella meccanica, o anche nel mondo delle costruzioni. I piani sono la specialità dell’Ilva e sono anche il prodotto principale anche del gruppo cremonese Arvedi, e di Liberty Magona, nonché del centro servizi Eusider Group. Ovviamente il 2020 è stato un anno di forte frenata anche per questo segmento: perché l’attività dei principali settori utilizzatori ha segnato cali rilevanti, compresi tra il 9% delle costruzioni e il 21% dell’automotive. Tuttavia già sul finire dell’anno si sono visti i primi segnali di una ripresa altrettanto violenta: così come erano crollati, domanda, produzione, prezzi, sono rimbalzati. Lasciando le industrie a corto di scorte e in affanno e portando le quotazioni su livelli record che non accennano a ridursi.







Prevedere il futuro è complesso per gli stessi operatori del settore, come è emerso nel corso della terza edizione 2021 del webinar di siderweb «Mercato & Dintorni». Complesso anche perché permangono elementi di incertezza, che da un lato attengono alla situazione epidemiologica in divenire e dall’altro a elementi specifici di mercato, come la scadenza e il possibile rinnovo delle misure di salvaguardia dell’Ue sui prodotti in acciaio in ingresso nel territorio dell’Unione, regole in grado di condizionare il mercato.

 

Il mercato dei piani: una fotografia

Ma partiamo dai numeri. Secondo Federacciai i prodotti piani hanno segnato a oggi una sensibile ripresa rispetto all’ampia caduta del 2020. In particolare, a gennaio 2021 la produzione è aumentata del 2,8% anno su anno (dopo il calo di quasi il 16% dei dodici mesi precedenti). Complice una ripresa sostenuta dell’automotive, «di circa il 10% nell’ultimo trimestre del 2020, la prima variazione positiva dal secondo trimestre 2018. L’impulso arriva dagli incentivi dedicati al settore auto, resta da capire come proseguirà l’anno», dice il direttore generale di Federacciai, Flavio Bregant.

La produzione di piani a caldo, dopo aver registrato un calo del 15,9% nel 2020, nel primo mese dell’anno ha segnato un aumento del 2,8% su base annua. Il peso della produzione di piani a caldo sul totale laminati evidenzia una certa stabilità con una quota del 50% scesa al 46% nel 2020 e risalita al 50% a gennaio 2021. Fonte Federacciai

Qualche indizio per immaginare il futuro si può trarre tuttavia dalla dinamica dei numeri del 2020 (i dati disponibili arrivano a novembre). Innanzitutto, la bilancia commerciale dei prodotti piani ha visto un risultato negativo di 3,8 milioni di tonnellate in volume e 2,1 miliardi di euro in valore. L’import di prodotti piani ha segnato un calo rilevante attestandosi a 8,8 milioni di tonnellate (-23,3% tendenziale) così come l’export (-20,7% a 5 milioni di tonnellate). Nello stesso periodo, il consumo apparente di piani è sceso del 22,9%, fermandosi a 12,1 milioni di tonnellate (pari al 55% del consumo totale di prodotti della siderurgia primaria).

Nei primi undici mesi del 2020 il consumo apparente di piani è diminuito del 22,9% sull’anno precedente, con profondi cali nei mesi di massima emergenza sanitaria. Il peso del consumo di piani sul totale laminati tra il 2005 e il 2015 passando dal 55% al 65%, mentre nel 2020 è sceso al 60,6%. Fonte Federacciai

 

L’analisi di come evolverà il mercato italiano non può prescindere certamente dall’evoluzione del contesto economico, secondo Bregant, dal tema della Salvaguardia, le misure introdotte dall’Ue per proteggere i produttori Ue dal forte incremento delle importazioni da Paesi diversi. Si tratta di misure introdotte nel 2019 e rinnovate a giugno 2020: in sintesi riguardano 26 categorie di prodotti di acciaio e prevedono contingenti tariffari superati i quali verrà applicato un dazio del 25%. I principali Paesi fornitori beneficiano di contingenti individuali basati sulle importazioni pregresse. «L’obiettivo – scrive l’Ue – è mantenere un flusso continuo di importazioni che garantisca sia una concorrenza effettiva sul mercato siderurgico europeo, sia una possibilità di scelta sufficiente per i numerosi utilizzatori europei di acciaio».

Secondo i dati pubblicati a fine febbraio e riferiti al totale delle quote disponibile per ciascuna categoria nel
trimestre gennaio-marzo, nessun prodotto ha esaurito la quota totale disponibile. Fonte Federacciai

 

Ma le misure, rileva Bregant, non hanno influenzato l’import export della siderurgia italiana. «Nessun prodotto ha raggiunto non dico la saturazione, ma neppure il 60% delle quote disponibili. A parte le lamiere rivestite (55,3%), i prodotti piani hanno visto una notevole sotto utilizzazione delle quote disponibili». La Salvaguardia, ha specificato Bregant, «non sta bloccando in questo momento i materiali».

 

La salvaguardia? Non è stata sfruttata a pieno (e forse in questo momento non serve)

Emanuele Norsa, editor e analista di Kallanish

Cosa vuol dire questo? Probabilmente che in questo momento la salvaguardia non è necessaria. Secondo Emanuele Norsa, editor e analista di Kallanish, «uno dei punti che la Commissione dovrà valutare nel processo di proroga della Salvaguardia è che il mercato dei piani in Europa è in forte tensione e non sta risentendo delle correzioni dei prezzi a livello globale. L’undersupply dovrebbe protrarsi fino all’estate». Non che la norma generale debba tener conto del contingente, tuttavia oggi quello che rileva nel comparto dei piani è la mancanza di materiale: «i tempi di consegna sono molto lunghi e si evidenzia una forte difficoltà di reperimento fuori dai confini Ue».

Questo genera nervosismo, insieme all’ondata di gelo in Nord Europa che ha avuto un impatto anche sulle attività di ArcelorMittal Ghent e Thyssenkrupp, che sono i principali produttori del settore. Ma non dovrebbe nel medio termine tradursi in una «una bolla speculativa come quella del 2008/9, con la supply chain che è sotto stoccata e la mancanza di forniture. A meno che la bolla non parta dalla Cina dove le scorte si stanno ricostituendo. Forse siamo entrati in una fase dove la regionalizzazione e la difficoltà di fare trade hanno spinto i prezzi verso l’alto, uniti alla domanda cinese che comunque continua a tirare».

uno dei punti che la Commissione dovrà valutare nel processo di proroga della Salvaguardia è che il mercato dei piani in Europa è in forte tensione e non sta risentendo delle correzioni dei prezzi a livello globale. L’undersupply dovrebbe protrarsi fino all’estate. Fonte Siderweb

 

Liberty Magona, nel futuro solo acciaio verde

Giovanni Carpino, managing director di Liberty Magona

Non stupisce dunque che le aziende del settore abbiano una forte richiesta da parte del mercato «Dopo un febbraio di domanda piatta, oggi non abbiamo nessuna difficoltà a vendere i nostri prodotti», dice Giovanni Carpino, managing director di Liberty Magonaleader del mercato italiano per i prodotti piani zincati e preverniciati«Liberty Magona sta registrando una fortissima richiesta di materiali zincati e anche il preverniciato sta andando bene, anche se con volumi inferiori, ma si tratta di un prodotto che, storicamente, viaggia con tempi più lunghi e quindi crediamo che il maggior incremento della domanda debba ancora arrivare». La storia di Liberty Magona affonda le sue radici nel 1891 quando nacque e si affermò come unico produttore italiano di banda stagnata: il sito di Piombino è situato di fronte all’isola d’Elba, in Toscana. Nel febbraio 2002 è entrato a far parte del gruppo Arcelor che poi nel 2006 si è fuso con Mittal Steel dando vita al primo produttore mondiale di acciaio, ArcelorMittal. Infine il primo luglio del 2019 ArcelorMittal Piombino è stato acquisito dal gruppo Liberty Steel, e ha cambiato il suo nome in Liberty Magona. La capacità produttiva dello stabilimento è di 800mila tonnellate l’anno.

Nel futuro l’azienda toscana punta tutto sull’acciaio verde. «Il gruppo Liberty ha lanciato il progetto CN30, per arrivare alla neutralità entro quell’anno e in anticipo rispetto alle previsioni europee. Per questo sono in corso investimenti e studi dedicati alle produzioni a caldo, mentre noi di Magona, che operiamo sul ciclo a freddo, abbiamo ovviamente meno problematiche, ma beneficeremo comunque di una catena produttiva meno impattante. Nel nostro specifico, comunque, stiamo lavorando a progetti relativi al fotovoltaico per ridurre ulteriormente la nostra impronta ambientale». L’effetto-Covid si è fatto sentire. «La scommessa era e resta quella di riportare l’Ebitda in territorio positivo in due anni, ma nel 2020 la pandemia ci ha costretto a uno stop. Tuttavia il 2021 è iniziato con il turbo e siamo confidenti di poter fare bene nel corso dell’anno».

Quanto al mercato, il managing director di Liberty Magona si sbilancia solo per il breve termine. I prezzi «dei coils a caldo sono sempre sui 720 euro la tonnellata, con una tendenza che ritengo resterà rialzista anche nei prossimi mesi, visto che anche le quotazioni delle materie prime sono tornate a crescere». Secondo Carpino «non dovremmo risentire almeno fino a giungo o a luglio, delle possibili conseguenze relative alle ripartenze di alcuni altiforni – a Taranto, Gent ed in Turchia – mentre tutta da verificare è la partita relativa alle normative di salvaguardia che continuano a provocare polemiche». Guardando ancora più avanti invece l’impressione del manager è che «si possa ipotizzare che dopo che la produzione sarà ritornata sui livelli pre-Covid, tenderà a stabilizzarsi nei prossimi anni. L’acciaio verde diventerà invece un tema comune».

 

Eusider: perché la ripartenza dell’Ilva può riequilibrare il mercato

Eufrasio Anghileri, amministratore delegato di Eusider Group

Anche la storia di Eusider è secolare: avviata dalla famiglia Anghileri nei primi anni del Novecento, è un centro di servizi che compra acciaio dalle grandi acciaierie – con un rapporto privilegiato con l’Ilva di Taranto – lo immagazzina negli stabilimenti che possiede sul territorio nazionale e lo rivende dopo averlo lavorato e trasformato in coils, lamiere da treno, tubi saldati e senza saldatura, tondi, barre cromateAcciaio e, più di recente, anche alluminioacciaio inoxIn un mercato dei piani particolarmente dinamico Eufrasio Anghileri, amministratore delegato del gruppo, vede la stessa Ilva come un possibile riequilibratore di domanda ed offerta. «Nel 2020 Taranto ha prodotto 3,5 milioni di tonnellate. L’obiettivo per il 2021 è di tornare a 5 grazie al pieno funzionamento di tre altiforni nella seconda parte dell’anno. Questo milione e mezzo di tonnellate in più sul mercato potrebbe fare la differenza e contribuire a un maggiore equilibrio. Anche perché con la nuova gestione Ilva ha nettamente migliorato la qualità delle produzioni ed è tornata al rispetto dei tempi di consegna concordati». Quanto a Eusider, nel 2020 ha sperimentato una leggera flessione nei volumi «circa il 7%, ma visto lo scenario che si era prospettato a marzo ne siamo comunque soddisfatti anche perché tutte le nostre società chiudono con un bilancio in utile». I primi due mesi del 2021 sono stati invece molto positivi, a tal punto che nessun prodotto ha avuto cattive performance e così si guarda al futuro con fiducia: «puntiamo a effettuare un’acquisizione all’estero, Germania e Polonia sono i paesi per noi più interessanti.

Il direttore generale di Federacciai Flavio Bregant.

È una strategia che mira a scalare un altro livello con una dimensione più internazionale. Inoltre abbiamo avviato un grande investimento a Ostiglia, nel mantovano, dove puntiamo a raggruppare in un’unica sede le realtà del gruppo che trattano tubi». Se l’operatività della siderurgia lecchese sta riprendendo quota, in generale il mercato, secondo Anghileri, sta invece sperimentando un periodo senza precedenti. «I prezzi dei coils a caldo nel 2020 sono passati da un picco minimo di 370 euro la tonnellata fino ai 707 euro di oggi. Un aumento formidabile sia per l’intensità che per la velocità con cui si è verificato: che in una situazione normale farebbe pensare che si sia raggiunto il picco, oggi no. La domanda è infatti ancora molto vivace e questo dinamismo spinge il prezzo al rialzo. In aggiunta tutti i centri di servizio stanno lavorando a scorte basse. Così dobbiamo ricorrere alle acciaierie che ogni volta rialzano sul prezzo e nella situazione attuale di forte domanda e scorte scarse non è possibile trattare». Perché la dinamica si normalizzi il sistema si dovrà riequilibrare. E il riequilibro potrà avvenire solo con la fine dell’incertezza generata dal Covid che prima ha causato minori acquisti, minori scorte, minor produzione, che ha trovato il mercato impreparato all’improvviso risveglio della domanda. Non è stato possibile un riadeguamento progressivo, ma solo una continua rincorsa. Una situazione che secondo Anghileri sarà la stessa almeno fino all’estate.

Ripubblicazione dell’articolo dell’8 marzo 2021














Articolo precedenteSale il prezzo dell’acciaio: l’industria siderurgica è pronta per la ripartenza
Articolo successivoOri Martin scommette sull’automotive: sarà il mercato di riferimento per i prossimi 5 anni






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui