L’automobile diventa Big Data centrica

di Nicodemo Angì ♦︎ Gli Oem diventano software house e produrranno veri e propri sistemi operativi che gestiranno tutto il veicolo. Perché devono fare questo passo? Che cosa cambia per l’industria dell’auto? Il fil rouge di questa rivoluzione sarà una visione unitaria del dato che permetterà una notevole creazione di valore. I casi Tesla, Daimler, Gruppo Volkswagen, Renault Group

Con 6.966 immatricolazioni, la Tesla Model Y è l'auto più venduta in Italia a settembre

L’elettronica in auto la fa da padrone ormai da anni ma è interessante rilevare che, a differenza dei computer, la grande maggioranza dei veicoli odierni non ha un vero sistema operativo a dirigere le operazioni. In un veicolo attuale ci sono infatti decine di ‘centraline’ di fornitori differenti, che dialogano tramite una soluzione di stampo informatico, i bus di dati.

L’esempio dell’Information Technology però non è andato molto oltre questa implementazione dei bus che, separando i segnali di controllo dall’alimentazione, sono riusciti a rendere funzionali impianti elettrici altrimenti ingestibili nella loro complessità. Molti particolari o sottosistemi elettronici funzionano quindi con i software dei rispettivi produttori. Queste soluzioni software sono indubbiamente valide e hanno consentito i vistosi progressi che l’automotive ha sperimentato in questi anni. Ma gli sviluppi che si stanno palesando richiederanno una più stretta integrazione tra i sottosistemi del veicolo.







È il caso di Software République, consorziato tra le aziende francesi dell’Hi-Tech Atos, Dassault Systèmes, STMicroelectronics e Thales per creare software per i veicoli, scelto da Gruppo Renault . O dell’accordo Stellantis Foxconn per dar vita alla joint venture Mobile Drive. E ancora la divisione Car.Software del Gruppo Volkswagen, guidata da Audi.

 

Da Aisin a Zf passando per Bosch: software diversi da altrettanti produttori. Ma la frammentazione rallenta l’innovazione…

Automated parking system by Aisin. Credits aisin.com

Pensiamo alle sospensioni attive che interagiscono con il navigatore satellitare e i sistemi avanzati di assistenza alla guida (si tratta di quegli Adas che oggi sono molto pubblicizzati dai costruttori) per regolarsi in tempo reale in funzione del percorso e del fondo stradale. Il funzionamento di queste sospensioni intelligenti si basa quindi nell’interazione in tempo reale tra sensori degli Adas, quelli del powertrain, la connettività del navigatore e gli attuatori sul telaio: domini diversi che spesso hanno software, sistemi operativi e middleware separati. Questi diversi software arrivano da diverse decine di produttori di ogni tipo. La giapponese Aisin, per esempio, è specializzata nei sistemi di parcheggio automatico che, allo scopo, usano la sensoristica di bordo per controllare sterzo, freni e acceleratore affinché la manovra vada a buon fine.

Nell’elenco troviamo anche Arm, i processori della quale sono molto impiegati negli Adas. Anche Autoliv, un tempo focalizzata su cinture di sicurezza e airbag, propone ora anche delle Electronic Control Unit. L’elenco è ancora lungo, comprende Bosch, Continental, Denso e via via passando da Green Hills Software (offre software per Adas completo di ambiente di sviluppo) fino alla W di Wabco e alla Z di Zf. Quest’ultima, per esempio, ha aggiunto al suo tradizionale business delle trasmissioni anche videocamere, radar, laser e, ultimamente, un potente computer per la guida autonoma chiamato ProAI RoboThink. Queste realtà contribuiscono oggi alla dotazione di software di questo o quel veicolo. È facile capire che questa frammentazione rallenta non solo l’innovazione ma anche la risoluzione di eventuali difficoltà.

 

Gli Oem devono cambiare pelle

Elon Musk. Di Maurizio Pesce from Milan, Italia – Elon Musk, Tesla Factory, Fremont (CA, USA), CC BY 2.0, commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=38354348

Queste difficoltà non sono sfuggite alle società di consulenza, che hanno studiato a fondo l’argomento. Boston Consulting Group, per esempio ha pubblicato Chasing the Software-Defined Dream Car che ha un inizio fulminante: “uno dei leader di un marchio premium ci ha detto che più del 90% dell’innovazione ormai deriva dal software“. Questa ‘auto da sogno’ è stata tratteggiata come un veicolo incentrato sul cliente che può essere personalizzato e aggiornato come uno smartphone. Si tratta di una torsione notevole che impegnerà aziende con più di un secolo di vita in un cambiamento radicale. Si tratta infatti di rivoluzionare non solo le automobili ma anche il modo in cui esse vengono prodotte, creano valore e ottimizzano la tecnologia.

Un esempio di Oem che opera in questo modo esiste già, si chiama Tesla non a caso nasce nella Silicon Valley: i suoi aggiornamenti software arrivano da remoto via Wi-Fi o rete cellulare (sono chiamati Over-The-Air) e quindi non occorre recarsi dal concessionario per implementarli. Ne sono stati rilasciati circa 140 e sono serviti ad esempio per migliorare la guida semiautonoma o aumentare l’efficienza; essi hanno contribuito a rendere Tesla famosa anche se non fa pubblicità e a creare una community di persone entusiaste.

 

Nuove strategie tecnologiche per nuovi modelli operativi: il caso Tesla

Tesla Model 3

È scontato che Tesla abbia un suo software, anzi un vero e proprio sistema operativo, che le ha consentito ad esempio di migliorare da remoto la frenata delle sue prime Model 3. Secondo Consumer Reports la distanza d’arresto della Tesla Model 3 è diminuita di 6 metri nella classica prova di frenata alla velocità di 60 miglia/ora (96,6 km/h), ritornando ai circa 40 metri delle berline premium. Questa modalità d’intervento – zero concessionari allertati/formati e nessuna perdita di tempo per i clienti – corrobora la stima di Bcg che questa conversione farà risparmiare miliardi di dollari lungo la catena del valore degli Oem e potrà generare diverse migliaia di dollari/veicolo grazie a nuove opportunità di vendita e monetizzazione di servizi. Questa non facile trasformazione richiede di reimmaginare i veicoli mettendo il software al centro e ripensando  le opportunità di creazione di valore.

A cascata occorrerà ridefinire la strategia tecnologica per appropriarsi di un numero maggiore di punti di controllo e ripensare il modello operativo in funzione del software. Questa trasformazione ovviamente conserverà la funzione di mezzo di trasporto dei veicoli ma renderà possibile l’aggiunta di applicazioni e funzioni tramite aggiornamenti Over-The-Air identici a quelli che usiamo nei cellulari. Le automobili dovranno integrarsi nella “vita digitale” dei loro utenti, fornendo suggerimenti ai loro passeggeri e permettendo l’interazione con gli assistenti personali e la domotica. Ma l’auto basata sul software riuscirà anche a supportare la guida autonoma e la sicurezza attiva e permetterà sia analisi avanzate dei dati degli utenti e dei veicoli sia l’interazione con gli attori tecnologici esterni all’ecosistema automobilistico.

 

Risparmi e guadagni interessanti

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Tesla Model S

Lo studio di Bcg evidenzia che il recupero dei “punti di controllo” passa da una maggiore integrazione hardware  L’esempio viene ancora una volta da Tesla – ha sviluppato internamente i chip per la guida autonoma – che a sua volta si è ispirata ai protagonisti Hi-Tech della Silicon Valley. Un altro  importante punto di controllo, ormai lo sappiamo, è il sistema operativo: se gli Oem ne creassero di propri il controllo sui dati, la fluidità del design e la funzionalità migliorerebbero molto. La terza area sulla quale i costruttori dovrebbero insistere è un accesso completo ai dati: è abilitato dal controllo delle 2 aree precedenti e permetterebbe vantaggi sostanziali per l’efficienza e nella creazione e controllo di nuovi modelli di business in campo assicurativo, nell’assistenza post-vendita e nei servizi di mobilità.

Il discorso sarebbe ancora lungo ma possiamo citare delle stime numeriche. Bcg ritiene che se questo complicato passaggio sarà fatto bene, porterà a un ritorno considerevole, ad esempio migliorando di 7.500 dollari il margine per un’automobile di segmento premium e fino a 2.600 dollari per veicoli “di volume”. Cifre importanti ottenute con una possibile maggior libertà nei prezzi per il maggior valore percepito (Tesla li aumenta periodicamente anche a fronte di modifiche hardware marginali senza grosse ripercussioni sulla domanda) e minori spese per materiali, cosa permessa anche da un’efficienza produttiva maggiore. A questo si aggiunge un recupero di valore da 1 a 2,5 miliardi di dollari lungo la catena del valore degli Oem. Ma c’è dell’altro: un costruttore che si impegni ad aggiornare Over-The-Air i suoi veicoli lungo tutto l’arco della loro vita può ottenere un valore di rivendita dell’usato più alto del 15%.

Bcg ritiene che il payoff verrà da tre fonti principali: un prodotto superiore, costi ottimizzati per veicolo come risulta dalla distinta base, e un’impresa efficiente. Le aziende dovranno sviluppare un business case chiaro e garantire un laser concentrarsi sul mettere in atto tutto ciò che è necessario per ottenere un ritorno sugli investimenti su larga scala nella trasformazione del software.

Scarsità di software?

Un’altra ricerca, pubblicata da McKinsey con il titolo The case for an end-to-end automotive-software platform, suggerisce come risolvere la questione dei sistemi operativi auto e, nello stesso tempo, lancia l’allarme su uno shortage del tutto particolare, quello della produzione del software. McKinsey evidenzia che la produttività degli sviluppatori – sia quelli interni agli Oem sia quelli dei giganti tecnologici – potrebbe non riuscire a fronteggiare la crescente complessità e quantità dei software richiesti dall’industria automotive. L’aumento della complessità dei sistemi (secondo Intel un veicolo autonomo potrebbe generare circa 2,7 Terabyte di dati/ora) aumenterà esponenzialmente la “pesantezza” del codice da produrre.

In effetti occorrerà curare sempre di più la cybersecurity perché i veicoli connessi collegano alla Rete domini precedentemente isolati, come l’infotainment, gli Adas, i powertrain e sistemi di bordo. Per poter regolare parametri del veicolo a distanza (climatizzazione, blocco portiere, luci a e altro) con una comune app occorre infatti che i sistemi dell’auto siano accessibili via Web e questo offre un’ampia superficie di attacco ai malintenzionati. La protezione da questi rischi implica codici software evoluti e quindi ancor più ponderosi. L’andamento della richiesta di software è esponenziale mentre l’aumento della produzione è all’incirca lineare e questa crea un gap sostanziale.

McKinsey evidenzia che la produttività degli sviluppatori – sia quelli interni agli Oem sia quelli dei giganti tecnologici – potrebbe non riuscire a fronteggiare la crescente complessità e quantità dei software richiesti dall’industria automotive. L’aumento della complessità dei sistemi (secondo Intel un veicolo autonomo potrebbe generare circa 2,7 Terabyte di dati/ora) aumenterà esponenzialmente la “pesantezza” del codice da produrre

La soluzione? Un cambio di approccio

Renault 5 Prototype

McKinsey evidenzia che la frammentazione vista più sopra incide anche sull’aspetto della sicurezza: gli sviluppatori che lavorano sui diversi stack software di un veicolo sono poco coordinati ed è quindi difficile allineare aggiornamenti e patch di sicurezza tra i vari moduli. La soluzione suggerita, che potrebbe anche alleviare l’insufficiente produzione di software, potrebbe essere nello sviluppo, da parte degli Oem, di una piattaforma di gestione software End to End per fronteggiare queste crescenti complessità/difficoltà. Si tratterebbe di un sistema operativo primario, abbastanza robusto e flessibile da servire i principali sistemi in tutto il veicolo, sul quale si “innesterebbero” moduli software sviluppati su una base di codice comune.

In questo modo le prestazioni sarebbero migliori e più stabili, con le interfacce fra i diversi domini molto più semplici perché i vari sistemi potrebbero “parlare” direttamente tra loro senza conversioni fra linguaggi. La base di codice comune aumenterebbe sia la cybersecurity sia la produttività dello sviluppo perché l’aggiunta di funzioni che implichino più domini implicherebbe una riscrittura del codice solo parziale. Una piattaforma software end-to-end potrebbe migliorare le interfacce uomo-macchina e rendere facilmente condivisibili e coerenti i metodi di output e input. Anche la sicurezza stradale trarrebbe vantaggi da questa architettura, che permetterebbe notifiche immediate e di ogni tipo (visivo, uditivo e tattile) in tutto l’abitacolo. Sarebbe anche più facile seguire le evoluzioni del design e delle interfacce utente e modificare le interfacce stesse per modelli diversi di segmenti differenti.

 

Le mosse degli Oem

Ma c’è un altro aspetto che rende molto appetibili i sistemi operativi automotive: la possibilità di una gestione flessibile e dinamica delle risorse computazionali, ad esempio supportando gli Adas in caso di difficoltà. Un sistema operativo non frammentato è ancor più indicato per i veicoli elettrici che dispongono di poco calore residuo per la climatizzazione e devono quindi attingere energia dalla batteria. Per gestire al meglio il bilancio energetico i veicoli elettrici dovranno quindi poter contare su software che possano coordinare al meglio i vari domini. Aggiungiamo che i motori elettrici sono intrinsecamente “più digitali” di quelli endotermici ed è quindi naturale l’accoppiata con un software perfezionato e in grado di far dialogare efficientemente i vari sistemi. Tesla non ha mai parlato molto del suo sistema operativo (si sa che esiste ed è proprietario) ma alla fine dell’anno scorso un team di analisti di Frost & Sullivan lo ha “spacchettato”, trovando che è stato costruito partendo dal foglio bianco. Secondo Sarwant Singh, managing partner di Frost & Sullivan, Tesla può ottenere migliori prestazioni e funzionalità e godere di una migliore protezione contro i pirati informatici avendo meno gateway di accesso.

il Gruppo Volkswagen fa sul serio, se pensiamo che la sua divisione Car.Software guidata da Audi, ha circa 4.000 addetti

In effetti “tutti i domini sono costruiti su quel singolo sistema operativo, riflettendo un approccio molto diverso da quello degli altri Oem, e questo è un qualcosa che solo le aziende tecnologiche esperte di software possono fare”. In effetti c’è molto “pinguino” nelle Tesla, se è vero che l’azienda ha attualmente posizioni aperte per ‘Embedded Software Engineer, Linux Platforms’ e “Software Manager – Software Technical Lead, Linux Software Platforms’. C’è anche Daimler a considerare Linux per il suo sistema operativo Mbos, il Mercedes-Benz Operating System. Il Software Architect per Mbos ha una laurea in informatica o simili, conoscenze di Linux, QNX (un sistema operativo real-time per i sistemi embedded basato su Unix e sviluppato da BlackBerry), Autosar (è una piattaforma software aperta e standardizzata per le ECU automobilistiche) e deve avere esperienza in Security e On Board Diagnosis. Anche il Gruppo Volkswagen fa sul serio, se pensiamo che la sua divisione Car.Software guidata da Audi, ha circa 4.000 addetti (ne abbiamo parlato qui). Notiamo che il gruppo ha accordi con Amazon per il cloud industriale e con Microsoft per quello dei veicoli.

Come funziona Mercedes-Benz Operating System?

Software République: la sfida francese per l’auto digitale

Luca De Meo, ceo Gruppo Renault, con la concept car Mégan eVision

Software République è un’alleanza fra cinque grandi nomi d’oltralpe con l’obiettivo di mettere a fattor comune i rispettivi know-how per recitare un ruolo da protagonisti nel mercato della mobilità di domani (ne abbiamo parlato qui). Che non è fatto solo di automobili. Promossa da Gruppo Renault, l’alleanza conta su 5 membri fondatori: Atos (specialista in servizi Ict, 12 miliardi di euro di fatturato), Dassault Systèmes (leader nel Cad 3D, digital twin, Plm da 4,45 miliardi), Groupe Renault (43,5 miliardi di fatturato nell’annus horribilis 2020), StMicroelectronics (realtà italo francese leader in Europa sui semiconduttori, 10,2 miliardi di fatturato) e Thales (specialista nell’elettronica per i segmenti aerospaziale, difesa, sicurezza e trasporti, da 17 miliardi di fatturato).

Fra i primi progetti di cooperazione di Software Republique c’è “Plug&Charge”, un complesso di tecnologie e servizi grazie al quale si potranno installare colonnine di ricarica capaci di riconoscere e ricaricare in modo completamente automatico i veicoli elettrici compatibili. Un altro settore attivato da subito è quello dell’ottimizzazione dei flussi di mobilità relativi ai territori. Qui si tratta di sviluppare tecnologie che semplifichino lo scambio di informazioni sulla mobilità tra città e regioni in modalità aperta, per realizzare sistemi di mobilità integrata che aiutino i consumatori a scegliere volta per volta le soluzioni di mobilità ottimali, le autorità a simulare e prevedere scenari di mobility (eventi, emergenze eccetera), gli operatori ad arricchire i servizi offerti (car sharing, colonnine di ricarica) e gli urbanisti a pianificare in anticipo l’utilizzo del territorio.

Quali sono le caratteristiche che avrà il nuovo servizio?

La connected-car by Stellantis Foxconn

Le tecnologie Stellantis Foxconn

L’accordo Stellantis Foxconn per dar vita alla joint venture Mobile Drive appare meno olistico delle iniziative di VW e Renault, ma è comunque interessante perché coinvolge un nome molto noto della consumer electronics ma meno “ingombrante” rispetto a Google o Apple (ne abbiamo parlato qui). Il focus è sull’importante questione dei dati, evocata più sopra. La dichiarazione che si punta a rendere la soluzione proprietaria di interfaccia con lo smartphone più godibile di Apple CarPlay e Android Auto è infatti una mossa per riappropriarsi dei dati, che riguardano anche il veicolo, che altrimenti andrebbero direttamente, via cellulare, nei server dei 2 colossi dell’informatica. Lo scopo della JV sarà di sviluppare piattaforme tecnologiche (inizialmente rappresentate dai cockpit) al servizio di nuovi modelli di business e saranno questi a determinare questa ripartizione.

Questi cockpit andranno in tutto il portfolio dei marchi Stellantis, ognuno con le sue specificità. La JV con Foxconn permette di velocizzare l’adozione di queste nuove tecnologie. Il ruolo di Mobile Drive sarà principalmente l’incontrare i bisogni dei clienti e sarà sviluppato un hardware differente da quello dei competitor, con una focalizzazione sui veicoli elettrici. La customizzazione a seconda dei marchi avverrà in base alle loro distinte identità e il cruscotto soddisferà la passione del cliente, riflettendo il DNA dei marchi. Altra differenziazione sarà sull’hardware, scalabile per i vari contenuti e per la segmentazione dei vari modelli, che influenzerà dimensioni e numero dei display. La core technology e il codice verranno condivisi per aumentare le economie di scala.














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