Il futuro dell’automazione in una scatola nera

di  Franco Canna ♦ Crescita del 10% per superare i 34 milioni di euro di fatturato: è questo l’obiettivo che si propone di raggiungere quest’anno il Gruppo Righi,  attivo nel settore dell’automazione industriale, con una strategia che punta su sviluppo e innovazione, apertura e integrazione, brevetti e internazionalizzazione.

Il Gruppo, nel quale lavorano oltre 150 persone, è costituito dalla holding (Righi Group) e da tre società operative: Righi Elettroservizi SpA, società d’ingegneria che sviluppa software e realizza quadri di controllo e impianti e che costituisce l’80% delle attività complessive; Techab Srl, società di ingegneria nel settore dell’automazione industriale con sede a Parma;e Denken Italia Srl , che si occupa di robotica e di sistemi di visione per l’industria manifatturiera. Il fatturato registrato nell’ultimo anno fiscale è stato di 31 milioni di euro (+8% sull’anno precedente), con un utile di 1,75 milioni.  Per ottenere questi risultati l’azienda ha trasformato nel tempo la propria attività, convertendosi da costruttore di quadri elettrici e impianti in un partner al servizio delle imprese manifatturiere in grado di proporre soluzioni che, grazie alle competenze d’ingegneria e al lavoro di integrazione, permettono ai propri clienti di realizzare efficaci percorsi d’innovazione.







Da produttore a fornitore di servizi

L’azienda, che oggi ha sede in un compound con oltre 18.000 metri di area scoperta e 8.000 di area coperta, al cui interno sorge la palazzina tecnica denominata significativamente “Think Tech”, è il risultato dell’evoluzione di un progetto nato venticinque anni fa, nel 1991, quando Mauro Righi fondò la Righi Elettroservizi, primo traguardo per un imprenditore che aveva iniziato a coltivare la sua passione in un garage, come nelle migliori tradizioni delle aziende tecnologiche americane. Oggi Mauro Righi è socio di maggioranza dell’azienda (ne detiene il 55%, mentre il restante 45% è dei suoi tre soci Aldo Righi, Valentina Righi e Emiliano Negosanti).“Negli ultimi anni ci siamo trasformati da azienda produttrice in una realtà fornitrice di servizi di tecnologia”, racconta Righi. “Lo abbiamo fatto sviluppando e realizzando una precisa idea di ‘network’ che ci vede impegnati per lo sviluppo tecnologico accanto ai nostri migliori clienti e i nostri migliori fornitori”.

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La sede del Gruppo Righi a Mercato Saraceno ( FC)
Un cuore d’ingegneria

Nel Gruppo Righi il 40% del personale è costituito da progettisti e ingegneri che lavorano allo sviluppo software e alla progettazione di soluzioni innovative. Dalle vendite di software l’azienda ricava circa l’8% del fatturato, ma la componente ingegneristica legata all’integrazione di sistemi rappresenta nel suo complesso il 60% dei ricavi del gruppo. Un’attività che non può fare a meno di una costante iniezione di risorse per la ricerca applicata, alla quale viene riservato ogni anno il 3% del fatturato, cifra che passa al 5% se si considerano anche gli investimenti in formazione, infrastrutture e organizzazione.

Mauro Righi
Mauro Righi
Non solo Italia

Grazie al proprio know-how il Gruppo Righi è riuscito a conquistare la fiducia anche di clienti stranieri. Il 60% del fatturato, se si considerano anche le vendite a clienti italiani che esportano, è generato all’estero. Come può una realtà italiana competere sui mercati internazionali? Grazie alla specializzazione e alle competenze: “Lavoriamo su nicchie di mercato e riusciamo a essere competitivi grazie all’innovazione, alla flessibilità e alla velocità con la quale siamo in grado di risolvere i problemi dei nostri clienti”, spiega Righi. Questo sviluppo ha richiesto l’adeguamento delle competenze sia nella proposta commerciale, sia nel servizio di assistenza post-vendita: il centro servizi dell’azienda funge infatti sia da server, sia da centro per l’assistenza 24 ore su 24 ai clienti situati in ogni parte del mondo.

Innovazione, apertura e pragmatismo

Per il gruppo Righi la ricerca applicata è estremamente importante. Righi Elettroservizi, l’azienda del gruppo che si occupa di integrazione, è laboratorio di ricerca applicata per conto terzi autorizzato dal MIUR, iscritto all’Albo dei laboratori di ricerca esterni pubblici e privati altamente qualificati.“Siamo un’azienda che si muove lungo tre direttrici”, racconta Righi. “La prima è l’innovazione continua al nostro interno. A questa affianchiamo una naturale apertura rispetto al mondo esterno, con iniziative di collaborazione e partnership con fornitori e clienti. Il terzo pilastro della nostra attività è il pragmatismo: non dimentichiamo mai che i nostri clienti vengono da noi per portare a casa risultati concreti”.Il punto di forza della proposta del Gruppo Righi sono le competenze, intese come somma delle esperienze delle persone che vi lavorano e della loro capacità di comprendere le esigenze clienti. “La nostra offerta può essere sintetizzata nelle due parole semplicità e integrazione”, spiega Righi.

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Sistema di visione e ispezione

Il futuro dell’automazione? Una black box

“I nostri clienti sono grandi aziende e per loro la vera sfida di Industry 4.0 è l’integrazione intelligente dei sistemi con funzionalità di autocontrollo”, spiega Righi. “Questo è il punto di arrivo a cui puntiamo: l’automazione deve diventare una scatola nera, una black box autonoma che riceve degli input e offre dei precisi output. Il cliente non deve preoccuparsi di come è fatta e come funzioni”.Se questo è il traguardo, per arrivarci serve (tanta) ricerca applicata. “Noi lavoriamo su due fronti che hanno però una matrice comune: il primo riguarda l’innovazione nelle applicazioni e nel controllo dei processi presso il cliente”, racconta Righi. “A questo ambito poniamo particolare attenzione: utilizziamo tecnologie innovative per migliorare i processi dei nostri clienti, con l’obiettivo di soddisfare il loro bisogno latente, le esigenze che risiedono dietro la loro richiesta originale e di cui non sono ancora consapevoli. Il nostro intento è ‘stupire’ il cliente offrendogli qualcosa in più”.

Una rete di competenze

Il secondo ambito è relativo allo sviluppo di prodotti, software o sistemi innovativi, “sempre con l’ambizione di poter così soddisfare i bisogni latenti”, spiega Righi. “Per questa attività abbiamo bisogno della collaborazione dei nostri partner, in una logica di innovazione aperta in rete. Il nostro compito parte dalla scelta dei migliori fornitori (tra cui Siemens, Rockwell Automation, Schneider Electric e B&R, ndr) e si sviluppa poi in un lavoro di integrazione dei loro prodotti in un processo che soddisfi e superi la richiesta del cliente”.Una rete che non può fare a meno della collaborazione con il cliente. “Spesso abbiamo la fortuna di lavorare con clienti importanti, che condividono la nostra visione e che comprendono il significato di un investimento in innovazione dei processi. In questi casi i nostri tecnici entrano nel team di progettazione e di sviluppo del cliente, affiancando le figure che detengono il know-how di processo, insieme con gli esperti delle tecnologie messi a disposizione dai fornitori. In questo modo riusciamo a fare sistema e a innescare un processo di innovazione virtuosa che ci permette di andare veramente oltre il risultato sperato”.

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Operatori in fabbrica
E le Pmi ?

I clienti del Gruppo Righi sono prevalentemente grandi aziende. “Per noi è fondamentale lavorare con realtà che sappiano mettersi in discussione nel cammino verso l’innovazione. Chi lo fa in Italia sono le grandi aziende e un’élite di medie e piccole imprese. Industry 4.0 è un messaggio, una filosofia che deve però aprire un percorso di sviluppo concreto. L’esperienza ci ha insegnato che, con alcune mirabili eccezioni, le aziende che fatturano meno di 20-30 milioni sono meno sensibili a questi temi”. Uno scenario destinato a restare immutato? Non necessariamente.“Se un giorno la tecnologia diventerà davvero a buon mercato e la cultura maturerà, si creeranno le condizioni perché anche le Pmi diventino protagoniste di percorsi di innovazione”,risponde Righi. “Oggi le Pmi che investono sono quelle che si trovano in una filiera dinamica con una capogruppo attenta a questi temi. Sono, per certi versi,‘costrette’ a innovare. Ma l’innovazione deve essere una scelta consapevole, che richiede un management sensibile all’argomento”.

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Una cella di collaudo interruttori

Cambiare mentalità

Esiste un problema di mentalità nel management di molte aziende,non solo nelle Pmi. “Gli ingegneri che lavorano nei reparti tecnici delle aziende non sempre sono preparati sui temi emergenti e non hanno il coraggio di fare una proposta di cambiamento sostenibile al management”,commenta Righi. “Nel mondo industriale, in aziende di tutte le dimensioni, ci sono figure non predisposte al cambiamento:ciò che funziona non si tocca perché non si vuole rischiare, soprattutto quando si tratta di intervenire sui processi produttivi che funzionano. Un esempio? Stiamo ultimando un importante progetto presso un’azienda di grandi dimensioni con sede in Lombardia, dove nonostante fossero presenti impianti di processo importanti – posso assicurarlo – abbiamo trovato l’età della pietra: mancavano i backup, non esistevano policy per la tutela della proprietà intellettuale, i componenti di automazione erano obsoleti nonostante la giovane età degli impianti, e le architetture in uso erano chiuse .E questo non è, purtroppo, un caso isolato nel panorama manifatturiero italiano”.














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