Quattro sfide per la mobilità elettrica dopo la pandemia

di Margherita Tommasini ♦︎ Miglioramento del ciclo di vita delle batterie, espansione delle infrastrutture di ricarica, evoluzione verso i modelli V2G (vehicle-to-grid) e V2X (vehicle-to-everything): sono i trend di sviluppo dell'electric mobility. Che in Italia è cresciuta del 150% nei primi nove mesi del 2020. Gli obiettivi del Piano nazionale integrato per energia e clima. Se n'è parlato in un webinar by Bi-Rex

Innovazione nelle batterie, sviluppo delle infrastrutture di ricarica, evoluzione verso i modelli V2G (vehicle-to-grid) e V2X (vehicle-to-everything): sono i trend di sviluppo del mondo della mobilità elettrica, che nell’anno della pandemia ha avuto un momento di svolta. Le tecnologiche abilitanti, al centro di un webinar Bi-Rex, e gli investimenti europei in questa direzione offrono opportunità competitive per le aziende italiane L’anno della pandemia ha segnato una svolta per le auto elettriche. Secondo l’ultima edizione dello Smart Mobility Report del Politecnico di Milano, nei primi nove mesi del 2020 in Italia sono state immatricolate quasi 30mila auto elettriche, una cifra modestissima in valore assoluto, ma pari a una crescita del 150% rispetto allo stesso periodo del 2019. Una tendenza confermata dal recente studio Why Electric Cars Can’t Come Fast Enough di Boston Consulting Group, secondo cui la quota di mercato globale dei veicoli elettrificati, ibridi o puri, è salita al 12% nel 2020 e supererà il 50% nel 2026.

Guardando al futuro, il Pniec (Piano nazionale integrato per energia e clima) prevede di arrivare entro il 2030 a 6 milioni di veicoli elettrici immatricolati sul territorio nazionale, di cui 4 milioni totalmente elettrici e 2 milioni di tipo plug in. Per avere un ordine di grandezza, oggi i veicoli elettrici circolanti in Italia sono circa 70mila. L’obiettivo da raggiungere è ambizioso e richiede una collaborazione tra il Governo e tutti i player coinvolti, dagli Oem ai componentisti auto, ai produttori di batterie, alle aziende del settore Energy, ai fornitori di servizi Ict. Quali sono le sfide da affrontare per cogliere il momento di slancio e raggiungere gli obiettivi del Pniec?







In questo articolo ne prendiamo in considerazione quattro, che rappresentano i trend di sviluppo della mobilità elettrica. La prima sfida è migliorare il ciclo di vita delle batterie, seguita dalla necessità di ampliamento dell’infrastruttura di ricarica. Le altre due sfide riguardano l’evoluzione verso il modello V2G (Vehicle-to-Grid), che permette il flusso bidirezionale di energia dalla rete al veicolo e viceversa, e il modello V2X (vehicle-to-everything), che usa le moderne tecnologie 4.0 per creare un ecosistema di mobilità connessa. Lo stato dell’arte delle tecnologie che spingono questi trend e gli sviluppi futuri sono stati al centro di un webinar promosso dal Competence Center Bi-Rex di Bologna, da cui abbiamo preso spunto per approfondire e tematiche. 

Lo studio Why Electric Cars Can’t Come Fast Enough di Boston Consulting Group, secondo cui la quota di mercato globale dei veicoli elettrificati, ibridi o puri, è salita al 12% nel 2020 e supererà il 50% nel 2026

Sfida 1. Migliorare la gestione del ciclo di vita delle batterie 

La tecnologia di produzione delle batterie oggi più utilizzata è quella a ioni di litio, che comporta non pochi problemi sia dal punto di vista economico che ambientale: in questo tipo di batterie vengono impiegati elementi come il litio e il cobalto, che non sono risorse infinite e quindi spostano, ma non risolvono, la questione dell’esaurimento delle risorse naturali. Si pone poi il problema dello smaltimento delle batterie esauste, che rimane una responsabilità dei produttori: litio e cobalto sono materiali riciclabili, ma il riciclo sostenibile richiede lo sviluppo di una filiera nazionale ed europea in grado di gestire tutto il ciclo di vita delle batterie.

«Questi aspetti stanno spingendo la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie per la produzione delle batterie per risolvere sia il problema del reperimento delle risorse che il riciclo di componenti e materiali nella fase di smaltimento», dice Sergio Di Blasi di Modis Consulting, partner di Bi-Rex. «È un settore in grande evoluzione, considerando il fabbisogno di batterie che ci sarà nei prossimi anni con la crescente adozione di veicoli elettrici».

L’Unione Europea sta affrontando il tema con l’European Battery Alliance (Eba), un network di più di 600 aziende pubbliche e private che coprono l’intera catena di valore delle batterie, dai produttori alle aziende dell’energia ai car maker, tra i quali il Centro Ricerche Fiat, Enea, Enel, Bosh, BMW, Daimler, Siemens, Schneider Electric. L’obiettivo è abbinare le esigenze della transizione energetica con la costruzione di un solido mercato europeo delle batterie, rilanciando la competizione in cui un settore attualmente dominato da industrie cinesi e asiatiche.

Innovazione nelle batterie, sviluppo delle infrastrutture di ricarica, evoluzione verso i modelli V2G (vehicle-to-grid) e V2X (vehicle-to-everything): sono i trend di sviluppo del mondo della mobilità elettrica, che nell’anno della pandemia ha avuto un momento di svolta

Sfida 2. Espandere la rete di ricarica per soddisfare le future esigenze

Su un totale europeo di circa 250mila punti di ricarica, in Italia ci sono 13mila punti di ricarica normali e 6mila veloci, contro i 38mila della Francia e i 42mila della Germania. Per quanto riguarda la distribuzione chilometrica, in Italia ci sono due punti di ricarica ogni 100 km, mentre in Europa la distribuzione mentre è intorno a 5, con alcune punte di spicco: Paesi Bassi con 48 punti di ricarica ogni 100 km, Norvegia 30, Svizzera poco più di 10, Germania 8.

Su un totale europeo di circa 250mila punti di ricarica, in Italia ci sono 13mila punti di ricarica normali e 6mila veloci, contro i 38mila della Francia e i 42mila della Germania

La Commissione Europea ha fissato come obiettivo per il 2030 l’installazione di tre milioni di punti di ricarica e, con le recenti Guidance Notes rilasciate a febbraio 2021 nell’ambito dell’iniziativa flagship “Recharge e Refuel”, invita i Paesi membri a facilitare la realizzazione di punti di ricarica sui territori nazionali. «L’indicazione europea è stata recepita nel Pnrr italiano. La voce specifica (missione 2) sulla rivoluzione verde e transizione ecologica prevede stanziamenti per circa 60 miliardi di euro, di cui circa 24 miliardi per energie rinnovabili e mobilità sostenibile», ci spiega il professor Ciro Attaianese, direttore del Consorzio Interuniversitario Nazionale sulla Elettrificazione della Mobilità (Elmo). Nello specifico, per la realizzazione di infrastrutture di ricarica elettrica sono allocati 740 milioni e l’obiettivo è realizzare circa 21mila punti di ricarica rapidi, di cui 7.500 in autostrada. «Sono ancora troppo pochi, ma sarebbero realizzati con i fondi del Pnrr e potrebbero fare da volano per altri investimenti da parte di privati. Lo sviluppo della mobilità elettrica avrà quindi importanti riflessi sull’evoluzione del sistema elettrico nazionale».

Come funziona un sistema di ricarica? Fonte Elmo.La Commissione Europea ha fissato come obiettivo per il 2030 l’installazione di tre milioni di punti di ricarica e, con le recenti Guidance Notes rilasciate a febbraio 2021 nell’ambito dell’iniziativa flagship “Recharge e Refuel”, invita i Paesi membri a facilitare la realizzazione di punti di ricarica sui territori nazionali

Ricarica ultra-rapida: equiparare i tempi di ricarica di un’auto elettrica a quelli delle auto a benzina o diesel

A livello teorico è possibile realizzare auto elettriche con autonomia di 500/700 chilometri, ma in pratica il costo delle batterie non permette ai produttori di offrire veicoli elettrici con un costo competitivo rispetto ai veicoli con motore a combustione. Una possibile soluzione è rappresentata dalla ricarica ultra-fast, che permette di ricaricare un’auto elettrica in tempi paragonabili a quelli di un’auto a benzina o diesel. È un settore in fase di sviluppo e le principali sfide tecnologiche sono il forte impatto sulla rete, la necessità di sistemi elettronici di elevata potenza e complessità, la gestione termica del pacco batterie del veicolo, la gestione dell’isolamento elettrico.

saranno i consumatori ad accelerare l’adozione di massa: la
penetrazione delle vetture a zero emissioni toccherà il 43% in Europa e il 40% in
Cina. A questo punto un buon numero di costruttori abbandonerà la produzione di
motori termici, ormai non più conveniente, per dedicarsi soltanto all’elettrico. Fonte BCG

Sfida 3. Verso il V2G: il veicolo diventa fornitore di energia per la rete elettrica

Le batterie presenti nei veicoli elettrici sono accumulatori di energia, che viene utilizzata per la mobilità. Ma si può anche pensare di sfruttarla nel senso opposto: è il veicolo stesso che fornisce energia alla rete, in caso di necessità. È il concetto del V2G (Vehicle-to-Grid), che sfrutta un flusso bidirezionale per trasformare il veicolo in una sorgente di accumulo distribuita, in grado di fornire energia elettrica alla rete. Per passare dall’attuale modello V1G, in cui il veicolo preleva energia dalla rete, al modello V2G attualmente in fase di sviluppo, sono necessari convertitori bidirezionali che regolano il flusso di energia tra veicolo e rete attraverso le postazioni di ricarica.

L’obiettivo è integrare il veicolo nella gestione flessibile della rete elettrica, nell’ambito degli standard esistenti e in via di definizione per le Smart Grid, per raggiungere la completa interoperabilità tra veicolo, infrastruttura di ricarica, sistemi di gestione e distribuzione dell’energia. Un esempio significativo in questo senso è la piattaforma Vehicle to Grid realizzata nell’area Mirafiori di Torino da Fca in collaborazione con Engie e Terna. Lanciato lo scorso settembre, è un impianto pilota che ambisce a diventare il più grande esperimento al mondo delle tecnologie V2G.

Il concetto del V2G (Vehicle-to-Grid) sfrutta un flusso bidirezionale per trasformare il veicolo in una sorgente di accumulo distribuita, in grado di fornire energia elettrica alla rete

Sfida 4. Dal V2G al V2X (vehicle-to-everything): verso un nuovo paradigma di mobilità connessa

L’evoluzione naturale del modello V2G è il V2X (vehicle-to-everything), in cui il veicolo non è più il focus, ma un elemento dell’ecosistema connesso che include infrastrutture stradali intelligenti, sensori distribuiti, centri di controllo pubblici e privati. In questo contesto ogni nodo della rete è in grado di scambiare dinamicamente dati e informazioni con gli altri nodi. Si crea così un ambiente cooperativo distribuito, che funge da abilitatore di servizi Ict innovativi i cui beneficiari possono essere oltre agli utenti finali, i fornitori di energia, i produttori di batterie, amministrazioni pubbliche e tutte le aziende legate alla mobilità. «Stiamo andando verso nuovi paradigmi di mobilità connessa, cooperante e automatizzata (Ccam) – sottolinea Attaianese – Un veicolo che si muove genera dati che possono essere scambiati punto punto con altri veicoli o transitare attraverso la rete e alimentare sistemi di Big Data».

A che punto siamo in questo percorso? Secondo la visione di Nissan, attualmente siamo a metà strada nell’ambito dei veicoli connessi, ovvero la fase in cui dal veicolo come “hardware” si passa al veicolo connesso a servizi cloud per applicazioni di infotainement, geolocalizzazione, manutenzione predittiva. Siamo ancora agli albori del V2X, ma tecnologie abilitanti quali IoT e Big Data sono già disponibili. Le tecnologie V2X permettono ai veicoli di raccogliere grandi volumi di dati prodotti dai sistemi di bordo, e condividerli in tempo reale attraverso la rete, migliorando la “percezione” dell’ambiente circostante e migliorando la sicurezza della guida, soprattutto nell’ottica della guida autonoma.

Secondo la visione di Nissan, attualmente siamo a metà strada nell’ambito dei veicoli connessi, ovvero la fase in cui dal veicolo come “hardware” si passa al veicolo connesso a servizi cloud per applicazioni di infotainement, geolocalizzazione, manutenzione predittiva. Siamo ancora agli albori del V2X, ma tecnologie abilitanti quali IoT e Big Data sono già disponibili

Nello specifico, le tecnologie V2X comprendono:

  • tecnologie V2I (Vehicle-to-Infrastructure), che abilitano lo scambio di dati tra il veicolo e altri oggetti dotati di sensori, come i semafori intelligenti, che possono essere usati per rilevare e scambiare informazioni sul traffico
  • tecnologie V2N (Vehicle-to-Network), che permettono al veicolo di accedere a servizi cloud attraverso la rete
  • tecnologie V2V (Vehicle-to-Vehicle),  che permettono la condivisione di dati tra veicoli
  • tecnologie V2P (Vehicle-to-Pedestrian), che consentono lo scambio di dati tra il veicolo e i pedoni attraverso dispositivi mobili o indossabili dotati di sensori.
L’evoluzione naturale del modello V2G è il V2X (vehicle-to-everything), in cui il veicolo non è più il focus, ma un elemento dell’ecosistema connesso che include infrastrutture stradali intelligenti, sensori distribuiti, centri di controllo pubblici e privati. In questo contesto ogni nodo della rete è in grado di scambiare dinamicamente dati e informazioni con gli altri nodi

Secondo Attaianese, «la differenza con il passato è la velocità con cui queste innovazioni si impongono, quindi possiamo aspettarci applicazioni già nei prossimi 5/10 anni. Lo sviluppo tecnologico si sta muovendo in questa direzione e anche i veicoli a guida autonoma, che sembrano ancora lontani, rappresentano un’enorme palestra per tutto il settore».














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