Auto elettrica: gli utili arriveranno solo nel 2030, ma intanto i car maker dovrebbero svenarsi con “investimenti poderosi”

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di Marco de’ Francesco ♦ Difficile da intravedere oggi, ma inesorabile. E’ la transizione dai veicoli a combustione tradizionale a quelli elettrici. Alla fine del percorso ad ostacoli imposto dalle nuove norme ecologiche Ue resteranno sul campo vinti e vincitori. Chi saranno tra i car maker tradizionali Renault-Nissan-MitsubishiVolkswagen, 25 per Hyundai-Kia, Chang’an Motors, Daimler, General Motors, Toyota, Fca e Jaguar Land Rover? E come avverrà il trapasso ? Le previsioni di Stefano Aversa di AlixPartners

«Investimenti poderosi per una rivoluzione “forzata” dal Regolatore e con ritorni solo a lungo termine». Parole di Stefano Aversa, vice presidente globale e presidente Emea della società di management consulting AlixPartners, che di recente ha realizzato uno studio specifico sull’automotive, “Betting Big in Electrification and Autonomous”. I carmaker sono chiamati ad aprire da subito il portafoglio in vista di profitti che assumeranno consistenza nel 2030. Non si può fare altrimenti. Non si tratta di una normale evoluzione del mercato: l’auto green, elettrica o ibrida, si impone in modo accelerato sotto la spinta di amministrazioni locali, nazionali ed internazionali che in tutto il mondo definiscono nuovi limiti alla circolazione per i veicoli diesel e benzina. Il gasolio è sotto scacco anche a seguito dello scandalo del diesel del 2015, mentre la benzina fatica a causa di una normativa Eu che impone di abbassare le emissioni di CO2 a 95 grammi al kilometro.

La deadline è dietro l’angolo: il 2021. E per il 2025 e 2030 il Parlamento europeo ha segnato target ancora più ambiziosi, con ulteriori riduzioni del 20% e del 30% per le auto, e più consistenti ancora per i camion. La situazione si è complicata con il nuovo test per l’omologazione dei veicoli leggeri, il Wltp, che comporta procedure più rigorose rispetto alle vecchie prove in vigore fino a poco tempo fa. Meglio puntare sull’auto green, il cui acquisto, in Francia, Germania e altri Paesi è sponsorizzato con appositi incentivi. «I carmaker – afferma Aversa – sono chiamati a reinventare velocemente la propria industria». In un contesto tutt’altro che semplice: le vendite rallenteranno nei Paesi come la Germania, il Giappone, gli Usa: l’elettrico costa, ed i consumatori potrebbero tendere a tenersi la vecchia macchina più a lungo.







 

Stefano Aversa, vice presidente globale e presidente Emea della società di management consulting AlixPartners

 

La rivoluzione in corso: la fine del diesel e il trionfo di ibrido ed elettrico

Gli investimenti annunciati nell’elettrico dalle case automobilistiche e a breve, per il periodo fino al 2023, sono enormi. Una sessantina di miliardi per Renault-Nissan-Mitsubishi, una cinquantina per Volkswagen, 25 per Hyundai-Kia, circa 14 per la cinese Chang’an Motors, fra i 10 e i 12 per Daimler e General Motors, fra i quattro e gli otto per Toyota, Fca e Jaguar Land Rover, e altri impieghi minori. «Sono cifre davvero considerevoli in relazioni a volumi ancora molto bassi – afferma Aversa -; e infatti penso che nel contesto dell’elettrico i carmaker dovranno stringere alleanze». Attualmente, Tesla copre il 50% del mercato, ancora minuscolo. «nei segmenti premium in cui Tesla è presente – afferma Aversa – non ha ancora una vera concorrenza. C’è la nuova Jaguar I-Pace, il primo Suv completamente elettrico di questa casa automobilistica, e poco altro». Ma a breve ci sarà il lancio di molti nuovi modelli. Esattamente 200 entro il 2022, di cui più di 60 da parte di player cinesi. La maggior parte dei lanci è prevista per l’anno prossimo: 115. Molti verranno effettuati da aziende tedesche, come la Volkswagen.

Chi vincerà? «Non tutti gli investimenti porteranno a un miglioramento della posizione competitiva – chiarisce Aversa -: le vetture elettriche sono ancora molto costose. Oggi, per una autonomia soddisfacente, ci vogliono dai 50mila euro in su. La sfida è arrivare a prezzi di vendita dai 30mila euro in su. Tesla ha il vantaggio di essere partita per prima e di avere sviluppato alcune tecnologie proprietarie; ma la concorrenza dei costruttori “tradizionali”, in particolare tedeschi, si farà sentire molto presto. Fca, si e’ focalizzata per adesso sull’ibrido “mild”, ma ha accumulato ritardo rispetto ai costruttori leader di questa tecnologia come Toyota e Lexus. Per tutti comunque, il ritorno negli investimenti sarà incerto ed a lungo termine».

 

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Tesla Norway

 

E in effetti, a guardare oggi i dati dei veicoli green in Italia, con auto ibride ed elettriche che rappresentano rispettivamente il 4,4% e lo 0,3% delle vendite totali dei primi dieci mesi dell’anno in corso, si è tentati di incasellare il fenomeno in un qualche contesto di nicchia, accessibile ad una ristretta cerchia di persone benestanti e attente all’ambiente. Ma il nanismo attuale non deve ingannare. Nel 2030, questi veicoli domineranno più della metà del mercato. Per l’esattezza, quell’anno in Europa si venderanno, secondo le proiezioni di AlixPartners, 6,5 milioni di auto elettriche, 3,5 milioni di ibride con ricarica alla spina e 4,9 milioni di ibride, contro i soli 7,1 milioni di veicoli a benzina e gli 1,9 milioni di mezzi diesel. «Una trasformazione epocale – continua Aversa – e che sta già accadendo, nonostante il fatto che per ora si possano osservarne solo i prodromi».

L’affermazione dei veicoli green, però, non sarà graduale. In una prima fase, tra oggi e il 2020, si assisterà all’erosione del mercato del diesel da parte di quello della benzina. «Soprattutto nelle aree metropolitane – continua Aversa – è in atto una guerra al diesel, che, se estesa anche a quelli di ultima generazione, rimane difficilmente giustificabile, ma con conseguenze negative ed irreversibili su tutta la filiera produttiva». Se nel 2017 si vendevano 9 milioni di auto diesel, nel 2020 se ne venderanno 5,4; nello stesso lasso di tempo, i numeri della benzina sono 10,9 e 14,4 milioni. Già dal 2025, si assisterà ad un più deciso affermarsi di auto elettriche e ibride, e ad un calo dei motori tradizionali che non riguarderà più solo il diesel, ma anche la benzina. Nel 2030 la svolta di cui si è parlato. Il problema del calo delle vendite nel diesel riguarda anche i componentisti. «La grandi aziende, come la Bosch – chiarisce Aversa – si occupano sia di benzina che di diesel: dunque, in vista del declino di quest’ultimo, si stanno concentrando sul primo. Ma chi per mestiere produce componenti per motori a gasolio deve attendersi ulteriori e consistenti cali di fatturato».

 

Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea

L’offensiva europea contro la CO2 e il test mondiale sulle emissioni per l’omologazione

Le case automobilistiche non devono solo aprire il portafoglio solo per essere presenti nel mercato dell’elettrico fra 12 anni; devono anche investire per mettersi in regola con i parametri Europei sull’anidride carbonica. In effetti l’Eu ha fissato in 95 grammi al kilometro le emissioni massime per il 2021. C’è poco tempo. E la situazione non è rosea. «Il diesel – afferma Aversa – è un motore molto più efficiente di quello a benzina quanto a riduzione di CO2. Accade che il crollo del primo, già in atto, sta amplificando il problema della riduzione delle emissioni da parte dei produttori». Secondo gli ultimi dati disponibili (2017) le emissioni medie di CO2 sono aumentate in Europa dello 0,4% in un anno e ora sono a quota 118,5. «Ciò è accaduto anche nei principali mercati, come il Regno Unito, la Francia, la Spagna e la Germania. Ora che la deadline si avvicina, si è fatto un passo indietro».

Quanto alle singole case automobilistiche, si conoscono solo i dati del 2016. Quella più indietro è Daimler, con 125 grammi; sul podio delle più virtuose Toyota con 105. Tutte le altre, Bmw, Fca, Ford, Volkswagen, Renault-Nissan e Psa, sono ben lontane dall’obiettivo, tanto che molti osservatori ritengono che sia a questo punto improbabile che tutte le case riescano nell’impresa. Secondo le proiezioni elaborate da P.A. Consulting, solo Volvo, Toyota, Renault-Nissan e Jaguar Land Rover ce la faranno. Peraltro, secondo alcuni osservatori (Automobilwoche, che afferma di riportare dati di PA Consulting) Fca rischierebbe la multa più alta, pari a 1,3 miliardi di Euro, seguita da Volkswagen con 1,2 miliardi.

 

Una centralina Bosch per il controllo delle emissioni diesel

Vista in una prospettiva a medio termine, poi, la situazione si fa ancora più pesante per i produttori. Infatti il Parlamento europeo, un mese fa, ha stabilito i limiti per il 2025 e per il 2030: cali, rispettivamente, del 20% e del 30% rispetto ai 95 grammi previsti per il 2021. L’Acea, l’associazione Europea dei produttori di automobili, ha definito questi target «irrealistici». E per i camion va anche peggio. Per questi il Parlamento europeo richiede riduzioni del 20% entro il 2025 e del 35% entro il 2030. Anche in questo caso, come in quello delle auto, sono previsti crediti per incoraggiare i produttori a lanciare veicoli a “zero” e basse emissioni; ma anche multe per quelli che non vendano una quota obbligatoria di mezzi “green”. Secondo l’Acea, l’obiettivo del 2025 richiederebbe ai produttori di adottare nuove tecnologie sui veicoli che sono già in avanzata fase di sviluppo, e questo è un enorme problema. E non è finita qui.

Un altro cambiamento di sistema sta inguaiando i carmaker. Per le auto la vicenda si è complicata con l’entrata in vigore, dal primo Settembre, del Wltp (Worldwide harmonized Light vehicles Test Procedure), che definisce una norma armonizzata globale per determinare i livelli di inquinanti e emissioni di anidride carbonica, consumo di carburante o di energia di autovetture e furgoni commerciali leggeri. È stata studiata da esperti europei, giapponesi e indiani. «È – afferma Aversa – un test per l’omologazione del veicolo con una procedura assai più rigorosa e realistica del vecchio Nedc (nuovo ciclo di guida europeo), la prova in vigore per anni nel Vecchio Continente». Ai fini dell’immatricolazione, il Wltpera già in vigore dal primo Settembre 2017.

Per i non addetti ai lavori, l’omologazione riguarda il costruttore, e viene rilasciata quando il veicolo soddisfa i requisiti di legge; l’immatricolazione riguarda il proprietario, e associa un certo modello ad una targa. In questo contesto, importa la prima. Il problema è che le stesse vetture danno risultati diversi con il nuovo test. Per esempio, con il NEDC alla Volkswagen Passat Variant 2.0 Tdi 150 CV occorrevano 4 litri per fare 100 km; con il Wltp 4,1 litri. Non sono sfumature, quando si deve decidere se un mezzo è adatto a circolare e a rimanere nel mercato. «Il cambio di normativa sta creando problemi seri al settore – afferma Aversa -. Le vendite nel terzo trimestre non sono andate molto bene, anche a causa dell’adeguamento al Wltp. Tutte le case automobilistiche si trovano attualmente in una specie di collo di bottiglia».

Il mercato poco performante o in calo in Paesi chiave come la Germania, gli USA e il Regno Unito

I considerevoli investimenti sull’elettrico vanno effettuati in un periodo che non si presenta troppo felice per i mercati maturi. «Il fatto è – spiega Aversa – che la sostituzione del diesel con l’elettrico e l’ibrido costa: stiamo parlando di una differenza fino a 10.000 euro per vetture non premium e di una riduzione pesante del valore residuo dei diesel. La reazione a breve dei consumatori sarà quella di tenere l’auto vecchia più a lungo, con riduzione dei volumi di vendita nei mercati saturi». Complessivamente, il mercato Europeo dell’auto crescerà dell’1% all’anno fino al 2025. Ma anzitutto va detto che questo aumento non sarà equamente distribuito per area geografica, anzi.

L’Europa

Si pensi che l’Est Europa crescerà del 6% all’anno, grazie a incrementi di rilievo in Russia e Turchia; quella Centrale avanzerà ad un ritmo un po’ più limitato, attorno al 2,4% all’anno. Importante, fra questi Paesi, il ruolo della Polonia, che guiderà il rialzo grazie a buoni fondamentali macroeconomici. In sostanziale stallo (+ 0,3% annuo) il Sud Europa, con limitati progressi in Italia e Spagna, in linea con il trend dell’economia. Infine, il dato più pesante. La maglia nera spetterà all’Europa Occidentale che segnerà una decrescita dello 0,6% all’anno e che ha in sé Paesi strategici per la produzione, la Germania, e per il consumo, il Regno Unito. Si pensi che questa parte d’Europa copre attualmente ben più della metà del mercato continentale.

Il Resto del Mondo

Va peraltro sottolineato che non sarà solo l’Europa Occidentale a soffrire. Il mercato nordamericano non è destinato a crescere per niente: arretrerà impercettibilmente di uno 0,1% annuo, mentre quello giapponese, in stato di saturazione, è destinato ad un arretramento più deciso, pari all’1% all’anno. Continuerà a crescere, a ritmi sostenuti (3,8%), la Cina, ma anche il Sud Est asiatico (+ 3,9%), il Sud America (+ 4,9%) e il Medio Oriente (+ 4,9%). Inutile sottolineare che l’avanzamento cinese è quello più interessante, un po’ perché si porterà dietro altri Paesi del Sud dell’Asia, quelli direttamente collegati all’economia di Pechino, e un po’ perché è la fetta di auto della Greater China arriverà nel 2025 a 38 milioni di veicoli, contro i 22 europei e i 22 nordamericani.

Il Pick up continua ad avere una larga fetta di mercato negli Usa
Gli Usa

A proposito di Stati Uniti, va detto che il mercato si sta dirigendo sempre di più verso i cosiddetti Compact Suv, quelli che si adattano meglio agli scenari urbani per dimensioni e per la posizione di guida rialzata, che consente di controllare meglio il mezzo; e gli Small Suv, quelli che hanno alcune caratteristiche dei Suv veri e propri ma che non vanno utilizzati fuori dal contesto urbano. Stanno crollando, e crolleranno ancora di più le macchine tradizionali di mezza taglia, le compatte e le piccole; insomma, quelle più ecologiche. «Attualmente – afferma Aversa – vanno bene Suv e Pick-up, vetture ingombranti e poco ecologiche, che fanno parte della tradizione di Ford, Gm e JEEP/RAM. Il fatto è che l’economia americana tira, il prezzo della benzina è rimasto basso: alla fine, ha prevalso il gusto del consumatore, tradizionalmente orientato su mezzi più voluminosi e versatili. È un bene per i produttori, visto che garantiscono una più alta profittabilità, anche ai produttori premium Europei. Infatti, tra i mezzi più venduti ci sono la Bmw X3 e la Audi Q3 e Q4».














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