Castellucci, Mion e Benetton: le gesta di una classe dirigente economica infetta

a cura di Cinzia Guidetti ♦︎ Dalle intercettazioni (tra cui anche quelle di Toti e Modiano) emerge un mondo dell'impresa non migliore della vituperata politica. Ecco le parti salienti

L'ex Ponte Morandi dopo il crollo

Giovanni Castellucci, l’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia che porta la responsabilità, perlomeno morale, della tragedia del Ponte Morandi, è un uomo che non ne sente il peso. Telefona liberamente come se non lo intercettassero e non raccogliessero elementi a suo carico anche con le attività che conduce. Continua a gestire l’azienda dietro le quinte anche dopo le dimissioni, tratta con la politica per elargire denari in cambio del rinnovo della concessione nonostante tutto, cerca per sé un posto di prestigio, magari al vertice di Alitalia (e al vertice di Lufthansa gli dà anche retta, non curante dell’enorme danno reputazionale che ne avrebbe). Si sente impunito e impunibile. Gianni Mion, l’uomo che fece la fortuna dei Benetton curando tutte le loro partecipazioni extra moda, che è consapevole, e tranquillo, sul fatto che i suoi azionisti non capiscono niente dei temi di loro responsabilità, pensano solo a fare guadagni ancora più enormi a spese della collettività, e tutto va ben, Madama la marchesa. Uno spaccato di classe dirigente economica da brivido.

È questo che mette in evidenza l’ordinanza del tribunale di Genova firmata dal giudice per le indagini preliminari, Paola Faggioni, che motiva la misura degli arresti domiciliari di Castellucci e di cui Industria Italiana è venuta in possesso, pubblicandone alcune parti. Che la classe dirigente economica fosse responsabile quanto quella politica del declino economico e industriale dell’Italia è convinzione del direttore di questo giornale fin da quando scrisse, per l’editore Longanesi, tre saggi sul tema: Gli Affari di Famiglia (2009), Il partito dei padroni (2010) e La Disfatta del Nord (2013). Eppure, ancora oggi, imperversa il luogo comune secondo cui la politica, e solo la politica, è intrinsecamente corrotta, mentre tutti gli imprenditori, soprattutto se lasciati liberi, sarebbero capaci di fare il meglio. Leggete qui e capirete. (F.A.)







“L’indagine avviata un anno fa, nata da un filone dell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi a Genova, riguarda le barriere fonoassorbenti “Integautos” sulla rete autostradale. Giovanni Castellucci era amministratore delegato di Aspi, era perfettamente al corrente della situazione delle barriere, ed era costantemente informato sulle decisioni per la gestione delle stesse che ha pienamente avvallato e sostenuto – il retroscena emerge dalle carte dell’inchiesta della procura di Genova –. Ha da sempre avuto il pieno controllo di Aspi e per molto tempo anche di Atlantia e, nonostante le sue dimissioni dal gruppo, – viene sottolineato dal gip – sussiste l’attuale e concreto pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione di reati della stessa specie. Tali esigenze cautelari si desumono principalmente dalle modalità della condotta, sintomatiche di una personalità spregiudicata e incurante del rispetto delle regole, ispirata a una logica strettamente commerciale e personalistica, anche a scapito della sicurezza collettiva.

Le accuse sono attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in pubbliche forniture”.

Castellucci e i rapporti con Michele Donferri, Mitelli e Paolo Berti

L’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci

“Significative della personalità di Castellucci e della sua influenza sono alcune conversazioni tra Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti (rispettivamente ex responsabile manutenzioni e direttore centrale operativo dell’azienda, e anche loro ai domiciliari) relative al procedimento a carico di Aspi (tenuto al tribunale di Avellino) sul tragico incidente avvenuto a luglio 2013, in cui persero la vita 40 persone a causa della caduta di un bus da un viadotto autostradale e che vedeva come imputati anche i vertici di Aspi per la carenza di una barriera di protezione. Nelle conversazioni telefoniche (11 gennaio 2019) emergono chiaramente le dinamiche e gli stretti rapporti tra Castellucci e gli indagati Berti e Donferri, e la sua capacità di condizionare i comportamenti degli altri due anche a livello processuale – spiega il gip -. Berti è adirato perché il processo si è concluso con la sua condanna e l’assoluzione degli altri dirigenti tra cui Castellucci. Dalla conversazione si comprende che Berti non ha riferito la verità per difendere la “linea aziendale” condotta che ha contribuito alla assoluzione di Castellucci. E in una successiva intercettazione al telefono con la moglie Berti dice: «Abbiamo dovuto difendere la linea alla fine qualcuno c’è andato di mezzo capito? Quelli piccoli per un modo quelli alti per un modo, e siam rimasti in mezzo noi capito?». Poche ore dopo Donferri contatta Berti, dopo aver incontrato Castellucci, e evidenzia che se avesse detto la verità e coinvolto Castellucci la situazione non sarebbe cambiata per Berti: «Indubbiamente, questa cosa qua non è che … tu non pensare che, se coinvolgevi pure lui, a te non te li davano…. È questo il tema….». E ancora «allora io sto dicendo tu… il tuo obiettivo è salvaguardare il rapporto con lui, è l’unica speranza che hai… da qui al futuro… perché ti darà tutto, tutto nel senso di condividere la strategia, condividere le cose, almeno su quello… poi state insieme per l’altro processo»” (Ponte Morandi n.d.r.).

Toti, Castellucci, Modiano e il denaro di Atlantia per salvare Banca Carige

Giovanni Toti, Presidente della Regione Liguria

“Durante gli accertamenti sono state portate alla luce anche le conoscenze da parte di Castellucci in ambienti di altissimo livello e la sua propensione alla strumentalizzazione dei rapporti a fini personali – evidenzia il gip –.

Dall’ascolto di alcune intercettazioni è emerso che all’indomani del disastro del ponte Morandi Castellucci ha cercato con ogni mezzo di ricostruire buoni rapporti con lo stato (che è il soggetto concedente e ventilava ad Aspi la revoca della concessione) offrendo, condizionatamente, cospicue somme di denaro. Dalle conversazioni si evince la disponibilità da parte di Castellucci a fornire un aiuto economico per il salvataggio della Banca Carige, al fine di ricucire rapporti con il governo.

E in due intercettazioni, quella con il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, e quella con il commissario straordinario della Carige, Pietro Modiano, traspare il tentativo di Castellucci di sfruttare i legittimi interessi istituzionali dei propri interlocutori per ottenere vantaggi indebiti.

Il 30 ottobre 2018 Giovanni Toti telefona a Castellucci: «Senti Gianni ho parlato adesso a lungo con Modiano (Pietro n.d.r.) per la roba che ti ha proposto di Carige» e prosegue «Come dire è ovvio che noi lo saluteremmo con grandissimo favore, non so quale effetto possa avere io con Giorgetti e con Salvini per dirgli che è una cosa ovviamente concordata… evidentemente survey » (sondaggio specifica il giudice).

Toti vuole salvare Carige e così propone: «L’unica cosa che possiamo fare è chiedere alla Lega, e dire ragazzi, noi ci stiamo esponendo per salvarvi una banca e togliervi rotture di coglioni…poi se non ne tenete conto siete dei pazzi! Dopodiché io impegni per sto governo non me la sento di prenderne». E Castellucci: «Tu puoi fare solo l’ambasciatore tra virgolette».

A Toti la situazione si confà e risponde: «Io posso fare l’ambasciatore e tutta la moral suasion del caso… nel momento in cui, uscisse fuori anche una tua dichiarazione d’interesse secondo me che puoi concordare con Modiano dicendo a determinate condizioni, eh potrebbe essere una roba eh, poi diventa anche per loro complicato, ora cominciano ad essere tante le cose che state facendo insomma, quindi per me è una pressione che può essere comunque utile». Il presidente spiega a Castellucci che l’aiuto a Modiano «non è una roba gigantesca, perché penso su centocinquanta milioni ma di garanzie perché di fatto» e ancora «loro stanno pensando a un aumento da quattrocento che metterebbe… in sicurezza la banca di cui duecentocinquanta sottoscritti dalla famiglia Malacalza e cento e centocinquanta sottoscritti a garanzia, come consorzio di garanzia… ». Così Castellucci risponde: «Il problema è che io per raccontarlo ai miei ho bisogno di qualcosa in più … ovviamente». E Toti: «Per quanto possa essere in più, può essere al massimo come si dice, una dichiarazione informale… di buon auspicio insomma».

Così Castellucci decide di impiegare il denaro di Atlantia per contribuire al salvataggio di Carige, però questa iniziativa deve essere inserita in un “quadro”  da riferire ai rapporti tra il gruppo e lo stato concessionario (e in particolare alla garanzia di conservare la concessione tanto che Castellucci parla di azionisti). E’ quello che si evince dalla telefonata intercettata tra Modiano e Castellucci poco prima di quella con Toti.

«Noi stiamo proseguendo su questa pista» dice Modiano. «Abbiamo visto Garavaglia (Massimo n.d.r.) e gli abbiamo spiegato questa cosa. Lui ovviamente la trova molto positiva. Ne parlava con Salvini il quale ne parlava con Di Maio per dire: amici… o mettete i soldi pubblici o lasciate i Benetton mettere i soldi».

«Con gli annessi e connessi?» domanda Castellucci.

«Eh esatto… ehm con annessi e connessi. Però a questo punto lui… che il Garavaglia è sulle piste di Di Maio… mettiamola così» replica il presidente di Carige.

Castellucci a questo punto propone: «Però perché non gli dici a Garavaglia se mi contatta prima a me che cosi facciamo un giro di orizzonte… sul fattibile e l’infattibile». «Non sarebbe affatto male» è la risposta di Modiano. Durante la telefonata con Modiano, emerge che la disponibilità manifestata da Castellucci all’aiuto economico per il salvataggio di Carige non è per nulla incondizionata tanto da fare riferimento agli annessi e i connessi – mette in evidenza il giudice –, ossia evidentemente le promesse che tenta di estorcere a proposito della concessione”.

Castellucci e Alitalia

Alitalia
Aereo Alitalia

“Dopo il suo allontanamento dal gruppo, Castellucci tenta così di ottenere prestigiosi incarichi come quello di presidente della nuova compagnia aerea Alitalia, grazie alle sue conoscenze. Da questo – si legge nell’ordinanza del tribunale di Genova – si capisce che Castellucci sia ancora pienamente inserito in posizioni di potere, e sia ancora particolarmente attivo secondo le stesse logiche di quando ricopriva cariche all’interno del gruppo Atlantia.

Pochi giorni dopo la cessazione degli incarichi in Atlantia, il 24 ottobre 2019 Castellucci si propone come presidente con deleghe di Alitalia a Joerg Michael Eberarth (amministratore delegato di Air Dolomiti compagnia aerea controllata da Lufthansa ed estraneo all’inchiesta) ricevendone peraltro il gradimento.

«… il Ministro mi ha chiesto di vedermi… stasera» dice Castellucci «Siccome lui all’inizio mi aveva chiesto di aiutarlo su Alitalia e se ero disponibile… se voi avete interesse a coinvolgermi nel progetto me lo deve dire subito perché io devo chiedere a lui… se lui ha qualcosa in contrario».

Eberhart risponde di dover sentire il parere di Carsten Spohr (presidente e amministratore delegato di Lufthansa), ma Castellucci incalza dicendo che vedrà il ministro tra due ore e che «è una cosa urgente, quindi non fa in tempo» E poi: «Magari potrebbe essere anche un ruolo di Presidente, con deleghe, su qualunque cosa, sulla strategia eccetera» e conclude con «Ok, mi faccio dare dal ministro l’ok»”.

Castellucci e Gianni Mion

Gilberto Benetton (dal sito Società Autogrill)

“Che Castellucci avesse influenza anche sul gruppo societario è chiaro in una conversazione telefonica (3 gennaio 2020) nella quale Gianni Mion riferisce a Carlo Bertazzo (attuale amministratore delegato di Atlantia) che Castellucci sta continuando a governare il processo aziendale del gruppo – spiega il gip -, cercando anche di seminare il concetto, secondo il quale Gilberto Benetton e il consiglio di Atlantia, fossero a conoscenza delle omesse manutenzioni della rete: «Adesso lui sta seminando sto concetto, ma io non escludo perché sa … (incomprensibile) … lui può darsi che abbia detto tre ca…, tre o quattro cazzate e Gilberto chissà cosa ha capito. No?». E ancora: «Il nostro problema è l’incompetenza di Gilberto possiamo dirlo, no? …. perché questo qua avevo detto tre o quattro, in un paio di consigli, tanto è vero che, ci sono stati anche degli articoli sui giornali che sono venuti fuori perché il Consiglio ha detto che bisognava spendere meno” e Bertazzi: «Sì me lo ricordo ancora sì». E Mion prosegue: «…c’era Gamberale naturalmente subito i giornali, siccome, c’era il professore Valori (verosimilmente Giancarlo Elisa Valori) che contestava un po’ la nomina di Gamberale eccetera … hanno cominciato a scrivere i Benetton non volevano fare la manutenzione»”.

 

Gianni Mion e il professore Brunetti

Luciano Benetton, uno degli azionisti di riferimento di Edizione Holding, capofila della catena di controllo di Autostrade

“In alcune conversazioni emerge l’elevata redditività di Aspi e la conseguente distribuzione di ingenti dividendi tra gli azioni – sottolinea il giudice Faggioni –, derivata in parte da tale spregiudicata linea imprenditoriale improntata alla sistematica riduzione delle manutenzioni della rete autostradale, come in quella tra Gianni Mion e il professore della Bocconi Giorgio Brunetti (2 febbraio 2020).

«Mentre il management che si era impossessato della loro testa… » commenta Mion.

«Era già il 2007, ti ricordi sto discorso?… 2007 quindi sono passati 12 anni…». E Mion replica: «Ti ricordi poi Castellucci allora diceva “facciamo noi” e Gilberto eccitato perché lui guadagnava e suo fratello di più… ».

Brunetti prosegue: «Quando hanno acquisito quella roba era una roba che loro non potevano neanche governare come concetto, non gestire ma governare, non avevano il fisico del governo giusto?» E Mion asserisce: «Chiaro. .. chiaro». E il professore continua: «pacifico che bisognava arrivare… dicevi sempre… un discorso di minoranza e di liquidabilità della quota. Lo so, è ben chiaro sto discorso qua, ben chiaro e non è mai stato recepito… ». Così Mion aggiunge: «No ma perché, non ho trovato Gilberto… no no guarda lì la responsabilità…».

Brunetti commenta con: «Si erano innamorati di sta roba senza sapere… I rischi che c’erano in sta roba… questo era il problema …». E Mion ammette: «Sì ma però poi il vero grande problema è che le manutenzioni le abbiamo fatte in calare, più passava il tempo meno facevamo … cosi distribuiamo più utili … e Gilberto e tutta la famiglia erano contenti … ».

Le gravi condotte criminose legate a una politica imprenditoriale volta alla massimizzazione dei profitti derivanti dalla concessione con lo stato, mediante la riduzione e il ritardo di spese necessarie per la manutenzione della rete autostradale affidata in concessione e a scapito della sicurezza pubblica, sono state accertate a carico della società Aspi e dei suoi dirigenti, – si legge nell’ordinanza del gip di Genova –. Dalle indagini è risultato un quadro desolante in cui è emersa l’insicurezza della rete autostradale sia in riferimento ai viadotti, che alle gallerie che alle barriere di contenimento”.
Dialoghi e testi dell’ordinanza del tribunale di Genova firmata dal giudice per le indagini preliminari, Paola Faggioni.














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