Venti anni fa fu definito il “paradiso degli elettroni”. Oggi, invece, è una tecnologia affidabile, sicura, “manipolabile”, ed è uno dei cavalli di battaglia della più importante azienda europea per la produzione di magneti, la Asg Superconductors di Genova, l’ex Unità Magneti di Ansaldo acquisita 22 anni fa dalla famiglia Malacalza. Parliamo del diboruro di magnesio (MgB2), un composto binario inorganico che ha una speciale caratteristica: diventa superconduttivo ad una temperatura di 40 gradi Kelvin – e cioè 40 gradi sopra lo zero assoluto – invece dei 4 gradi Kelvin o poco più che servono ad altri materiali. Una piccola differenza di temperatura, ma un abisso in termini di energia: ne occorre 10 volte di meno per raggiungere lo stato di “resistenza nulla”, una condizione in cui gli elettroni corrono come in un’autostrada senza attrito, senza alcuna dispersione. E proprio ora che il mondo è fatalmente assetato di energia – i cui costi sono crescenti – si aprono nuovi orizzonti per le applicazioni industriali di questa tecnologia. Quali?
Anzitutto nelle reti di trasporto dell’energia. Non si tratta di qualcosa che può essere immaginato in termini immediati ma grazie ai passi avanti della tecnologia superconduttiva è possibile iniziare a pensare, in fase prototipale, a speciali cavi interrati raffreddati da idrogeno liquido o da elio gassoso (grazie a pompe criogeniche intervallate a circa 25 km di distanza) che potrebbero trasferire notevoli quantità di energia senza ricorrere all’alta tensione, tutto questo senza perdere un elettrone per strada, e a costi competitivi una volta entrati nella fase di industrializzazione e maturità della soluzione. Si risparmierebbe molto per le spese dell’infrastruttura, grazie al ridottissimo impatto ambientale rispetto a quello dei cavi convenzionali in metallo. In questo contesto l’efficienza globale del sistema aumenterebbe, e si potrebbero servire luoghi remoti, come i parchi eolici offshore; o i porti, per evitare che le navi mantengano accesi i motori per non spegnere i device dell’elettronica di bordo. In secondo luogo nell’accumulo dell’energia. Si possono già creare sistemi di storage basati su bobine superconduttive, gli Smes, che possono raggiungere un grado di efficienza molto superiore rispetto ai sistemi chimici, non hanno degrado né la carica diminuisce con il passare del tempo.
In terzo luogo, nella manifattura: con cavi e magneti superconduttivi è possibile pensare di realizzare speciali forni che inducono il riscaldo di metalli e leghe in pochi secondi e con enorme efficienza nella siderurgia; in questo modo si possono creare motori e generatori elettrici leggeri ed efficienti, poiché possono fare a meno dell’acciaio; e ciò potrebbe trovare applicazione sia nello shopfloor che negli aerei green, sui quali stanno lavorando in prospettive ormai non troppo lontanetutti i colossi dell’aeronautica civile. In una prospettiva futura, quella delle missioni spaziali, inoltre, l’azienda ha completato un progetto europeo per la realizzazione di uno scudo magnetico, in grado di schermare le radiazioni mortali che colpiscono le navicelle e gli astronauti. Di tutto ciò abbiamo parlato con Giovanni Grasso, responsabile del business development di Asg Superconductors, nonché delle vendite dell’unità Columbus MgB2, figlia di uno spin-off del Lamia – un laboratorio dell’Infm, l’Istituto nazionale per la fisica dei materiali, oggi nel Cnr – nel quale il fisico genovese, 21 anni fa, brevettò il procedimento per ottenere il diboruro di magnesio superconduttivo. Del quale è, a tutti gli effetti, l’inventore.
D: Per cavi e magneti superconduttivi, l’azienda ha sviluppato una propria tecnologia basata sul diboruro di magnesio. Quali vantaggi comporta il suo utilizzo?
R: Una riduzione della spesa di energia di un fattore dieci per raggiungere la temperatura di funzionamento rispetto a tecnologie superconduttive convenzionali. Il fatto è che il raffreddamento dei magneti o dei cavi, necessario per attivare la resistenza zero al passaggio della corrente, è un po’ il tallone d’Achille della superconduttività. Normalmente si utilizza l’elio liquido, a 4 gradi kelvin, e cioè a 4 gradi sopra lo zero assoluto, quello teorico. Per questo i magneti così raffreddati trovano utilizzo in grandi installazioni, come ad esempio quelle del Cern per lo studio della materia o in esperimenti come Iter, sulla fusione nucleare; o ancora negli ospedali, che sono predisposti alle tecnologie criogeniche per la risonanza magnetica. Con il diboruro di magnesio, invece, la temperatura critica è di circa 20 gradi kelvin; la differenza è di soli 16 gradi kelvin, ma come si diceva c’è un abisso in termini energetici per raggiungerla.
D: E cosa si può fare con cavi e magneti al diboruro di magnesio?
R: Tante cose in prospettiva e con i partner giusti disposti a investire negli sviluppi. Si pensi all’aereo a motore elettrico. Con i magneti superconduttivi si può ottenere un campo magnetico elevato utilizzando molto meno materiale superconduttore, e quindi risparmiando peso prezioso, considerando che l’apparecchio è destinato a volare. E con il diboruro di magnesio sarebbe tutto ancora più semplice. L’industria aeronautica mondiale, sta già lavorando in prospettiva a questi progetti.
D: Qual è il vantaggio in termini di efficienza tra conduttività e superconduttività?
R: Raggiunta la temperatura critica, la densità della corrente è dalle 100 alle 1000 volte superiore di quella ordinaria del rame a temperatura ambiente. Per fare un paragone non tecnico ma più facilmente comprensibile a tutti, è come passare dalla connessione 56 k alla fibra ottica. Ma ci sono altri vantaggi.
D: Quali altri vantaggi?
R: Anzitutto il cavo è molto più piccolo, e questa circostanza è destinata a contare sempre di più in un periodo storico in cui quasi tutte le materie prime costano di più; in secondo luogo, non si verificano i comuni fenomeni di dispersione dell’energia.
D: Svantaggi?
R: Ovviamente, la spesa per la refrigerazione; ma abbiamo detto che con il diboruro di magnesio questa è contenuta. In tutti i casi, occorre fare una previsione che è al tempo stesso una premessa: quando il consumo di energia è meno importante del guadagno di efficienza, allora la superconduzione conviene.
D: A parte l’aereo elettrico, quale altra applicazione industriale potrebbe trovare la superconduzione al diboruro di magnesio?
R: Anzitutto, nel trasporto di energia. Un cavo di diboruro di magnesio, inserito in un tubo contenitore dove sia presente idrogeno liquidi o elio gassoso raffreddato attraverso pompe criogeniche ogni 25 km, potrebbe trasferirne grandi quantità con perdite zero. Occorre però un cambio di paradigma: oggi si utilizzano linee ad alta tensione, perché per effetto Joule un conduttore elettrico dissipa potenza sotto forma di calore in misura direttamente proporzionale alla propria resistenza elettrica e al quadrato dell’intensità della corrente; dunque, dal momento che la potenza elettrica ha un rapporto diretto con la tensione, in condizioni normali conviene aumentare quest’ultima piuttosto che la corrente. Ecco, tutto ciò con la superconduzione non ha più senso: l’energia può essere trasmessa direttamente a bassa tensione. Inoltre, occorrerebbe l’interramento, al posto delle linee aeree; ma sarebbe un’operazione semplice e con un footprint limitatissimo. Lo scavo convenzionale, per linee normali, occupa lo spazio di un’autostrada; in questo caso, parliamo di mezzo metro di larghezza.
D: E quanto costerebbe una linea superconduttiva interrata ad elevata potenza?
R: Noi riteniamo che a fronte di tutti i vantaggi sopralencati in termini di prestazioni, efficienza e footprint potrebbe avere costi allineati rispetto ad una linea convenzionale ma chiaramente noi saremmo fornitori di un componente tecnologico e per dare risposte certe e concrete occorre collaborare e approfondire con un partner “di mestiere”. A livello di studi il progetto europeo Best Path è arrivato addirittura a prevedere un risparmio del 20%…
D: Perché pensa che questa strada possa avere successo?
R: Ad esempio perché, in base al pacchetto della Commissione Europea “Fit for 55”, l’efficienza energetica diventa la priorità principale richiesta agli Stati membri per raggiungere importanti obiettivi nella lotta al cambiamento climatico. E perché lo stesso documento stabilisce che dal 2035 si potranno produrre solo auto green. Queste, però, richiederanno una rete diversa: con l’immissione e il rilascio continuo di energia, sarà molto più instabile, e allora il tema del contenimento della dispersione diventerà centrale. In generale non si può pensare di rispettare il paradigma green senza fare un salto tecnologico e, chiaramente, occorre che tutta la filiera lavori con lo stesso obiettivo.
D: E cosa dicono le utilities? Sono loro che devono pensare alle reti.
R: Noi con le utilities parliamo da tempo ma chiaramente sono temi riservati e che devono ancora maturare considerando anche la delicatezza di innovare in un settore chiave come quello del trasporto e distribuzione di energia. Quello che ci rende più ottimisti è la maggiore attenzione alla tecnologia superconduttiva. La rete esistente è sempre più complessa ed è sempre meno adatta alle esigenze del futuro. Inoltre, ora tutti sono più sensibili al tema sia per il green deal e, al tempo stesso, per via del costo elevato dell’energia e delle materie prime. Su tutto questo poi si sono inseriti, come purtroppo tutti sappiamo, gli scenari bellici vicini all’Europa. In un quadro di interesse crescente forse si potrebbe iniziare con il cold ironing, e cioè con la fornitura di energia alle navi in porto. Attualmente, per mantenere i sistemi elettrici operativi, le imbarcazioni lasciano il motore acceso, generando un considerevole inquinamento ambientale. Anche in questo caso si potrebbero alimentare le imbarcazioni utilizzando per i cavi la nostra tecnologia superconduttiva
D: Peraltro, è possibile utilizzare le reti di distribuzione dell’idrogeno liquido per portare energia elettrica.
R: Esatto. Noi abbiamo studiato in fase prototipale una soluzione apposita, “Cablepipe”, che trasporta simultaneamente 60 kg/h di idrogeno liquido, nella sezione esteriore di un tubo isolato dal punto di vista termico, e da 20 a 200 Mw di energia elettrica senza perdite, grazie a cavi in diboruro di magnesio custoditi nella sezione interna del tubo. Occorrono anche stazioni di liquefazione dell’idrogeno basate su turbine o compressori, ma sono tecnologie ormai mature. In realtà sistemi come “Cablepipe” potrebbero moltiplicare i benefici del trasporto di energia in varie forme occupando spazi davvero contenuti.
D: Altre applicazioni nell’industria?
R: Si potrebbe pensare ad innovare ad esempio nella siderurgia, ed in particolare nella produzione di alluminio. Attualmente, lavorare il metallo ha costi energetici molto elevati. Le fonderie potrebbero essere alimentate con i nostri cavi, e si potrebbe causare il riscaldamento del metallo con l’induzione elettromagnetica. È un processo molto veloce – bastano pochi secondi – e sicuro: il calore si sviluppa direttamente nel materiale, senza rischio di incendio e senza impurità dovute ai residui della combustione. Ed è soprattutto economico: non ci sono dispersioni termiche legate al riscaldamento dall’esterno. Non c’è bisogno di una fiamma. Il processo passa dal 50% al 90% di efficienza rispetto ad un forno tradizionale. Su questo modello, stiamo lavorando insieme ad una azienda coreana che produce forni industriali. Ma ci sono altre possibili applicazioni dei cavi superconduttivi. Si pensi ai motori o ai generatori elettrici.
D: Che si può fare a proposito di motori o generatori elettrici?
R: All’interno di un generatore o di un motore vi sono avvolgimenti che producono un campo magnetico. L’utilizzo di fili superconduttori consente di ridurre significativamente la dimensione di tali avvolgimenti, raggiungendo nel contempo campi magnetici, e quindi potenze, più elevate. Ora, con la superconduzione il sistema è molto più efficiente, e quindi tutto quel metallo, che oggi ha un costo, non serve. Un’altra applicazione interessante è lo Smes.
D: Che cos’è lo Smes?
R: È un sistema di accumulo dell’energia, detto Superconducting Magnetic Energy Storage (Smes): viene immagazzinata nel campo magnetico creato dal flusso di corrente continua in una bobina superconduttiva raffreddata criogenicamente a una temperatura inferiore a quella critica. Tipicamente, un sistema di questo genere comprende tre parti: la bobina, un device per il condizionamento e un criostato. Una volta che la prima viene caricata, la corrente non decade e l’energia magnetica può essere immagazzinata indefinitamente, cosa che di per sé rappresenta già un primo vantaggio rispetto ai sistemi “chimici” di accumulo, che scontano un deperimento continuo della carica. Un altro vantaggio è che il ritardo durante il charging time è piuttosto breve; ma quello più importante è che l’efficienza di andata e ritorno è maggiore del 95%.
D: E allora perché i sistemi Smes non sostituiscono altre modalità meno efficienti di accumulo?
R: Il fatto è che la densità non è troppo elevata; quindi, per aumentarla, occorre disporre di volumi vasti, di grandi spazi. Ci sono applicazioni dove ciò non è un problema e altre in cui lo è. Occorre valutare caso per caso. Curiosamente poi c’è un campo futuribile dove del diboruro di magnesio non si può fare a meno: quello delle missioni spaziali.
D: Che c’entrano le missioni spaziali?
R: Finché una navicella è in orbita, è protetta dal campo magnetico terrestre; ma, in una missione verso Marte, ad esempio, sarebbe costantemente “colpita” dal vento solare, e cioè da un flusso di particelle cariche (elettroni, protoni con energie normalmente compresi tra 1,5 e 10 keV; Ndr) emesso dall’alta atmosfera del Sole e dai raggi cosmici, particelle molto energetiche provenienti dallo spazio profondo: altre stelle, novae, supernovae, quasar. In pratica, l’equipaggio sarebbe attinto da una dose molto elevata di radiazioni ionizzanti, che superata una certa dose giornaliera incidono su tessuti biologici, e possono causare danni seri, al corpo umano e al cervello in particolare. Per questo motivo in passato l’Unione Europea ha finanziato uno specifico progetto, il piano SR2S (Space radiation superconductive shield) il cui coordinatore è stato l’attuale docente di fisica sperimentale all’università di Trento Roberto Battiston. Si tratta di creare uno scudo magnetico attorno alla navicella. Un cavo superconduttore per looping caricato ad alta corrente ne produrrà uno molto intenso, del diametro di una decina di metri e 30mila volte più potente di quello terrestre. Noi siamo della partita, perché il cavo sarà in diboruro di magnesio. A differenza che per le applicazioni sul nostro pianeta in quel caso non occorrerà neppure raffreddarlo: una volta schermata la luce solare, la temperatura dello spazio è vicina allo zero, dal momento che non esiste un’atmosfera che distribuisce il calore. Infine, c’è il Sfcl.
D: Cos’è il Sfcl?
R: Sta per “Superconducting Fault Current Limiter”. Si tratta di dispositivi che proteggono le apparecchiature elettriche nell’infrastruttura di distribuzione e trasmissione da sovracorrenti dannose che possono derivare da cortocircuiti. In pratica sono strumenti che, quando c’è una concentrazione di carica, la “assorbono”, consentendo alla rete di resistere al guasto. Pertanto, sono considerati parte integrante delle reti intelligenti, che hanno bisogno di strutture “autoriparanti”, per essere affidabili e flessibili senza la necessità di ricorrere a costosi aggiornamenti o sostituzioni. Anche qui, in considerazione del grande sviluppo delle rinnovabili e dei conseguenti adattamenti necessari alle reti per adeguarle ai nuovi scenari pensiamo che la tecnologia superconduttiva declinata ai fini di protezione da eventi avversi possa tornare molto utile salvaguardando continuità di esercizio ed evitando di dover “bruciare” e sostituire trasformatori o altre componenti. Mentre il maggior costo iniziale potrebbe essere poi riassorbito in termini di costi di manutenzione.