Appian, il low-code è solo una parte della storia…

di Renzo Zonin ♦︎ Una piattaforma di Full Automation – sia in cloud che on-premise - su cui si possono digitalizzare i processi aziendali. E in cui interagiscono persone, robot, dati e regole di business facendo leva anche sull’Ai. Ciò consente all’azienda americana di essere presente in tutti i principali settori di mercato: financial services, automotive, food, farmaceutico, manifatturiero. Ne abbiamo parlato con Silvia Fossati, Managing Director della società in Italia

Mai come in questi ultimi mesi è apparso chiaro che la velocità di reazione è un requisito fondamentale per la sopravvivenza delle aziende. Sapersi adattare rapidamente a mutamenti di mercato, o a condizioni imprevedibili, ed essere in grado di mantenere la business continuity può fare la differenza fra chi rimarrà aperto e chi sarà costretto a tirare giù la serranda. Questa esigenza di velocità si scontra con la sempre maggiore complessità delle procedure operative, soprattutto nelle aziende medie e grandi. Identificare un progetto, modellare un processo, scrivere un’applicazione sono attività complesse, soprattutto quando si riferiscono a procedure che coinvolgeranno decine o centinaia di dipendenti, stabilimenti e linee di montaggio, flotte di veicoli e via discorrendo.

In questo stato di cose le aziende cercano soluzioni IT che consentano una maggiore reattività, non solo dal punto di vista operativo ma anche nello sviluppo di nuove applicazioni. Una possibile soluzione è l’adozione di un sistema di sviluppo che faccia largo uso di macro-componenti, con procedure e oggetti già pronti o facilmente adattabili e assemblabili in modo rapido, anche in modalità grafica. Una piattaforma interessante da questo punto di vista è Appian (prodotto che dà il nome anche all’azienda che lo propone sul mercato). In realtà, Appian non è solo una piattaforma di sviluppo cosiddetta “low code”, ovvero con minimi requisiti di scrittura codice, ma è un’architettura più sofisticata che comprende funzionalità di creazione e gestione delle soluzioni applicative, di Digital Process Automation e di Case Management dinamico, sia in cloud che on-premise. Di fatto, integra le tre più pressanti richieste che arrivano all’IT aziendale dal management.







 

Chi è Appian

Per sapere di più sull’azienda e sulla piattaforma da cui prende il nome abbiamo parlato con Silvia Fossati, Managing Director di Appian Italia e Area Vice President per il Sud Europa, che per l’azienda comprende Italia, Spagna, Francia e Portogallo. Appian a livello mondiale ha chiuso il 2019 con un incremento di fatturato del 17% sul 2018, arrivando a 266,3 milioni di dollari, mentre i ricavi sulla vendita di licenze sono arrivati a 155,1 milioni di dollari (+34%). in Italia l’azienda impiega circa 20 dipendenti, e la sua sede è a Milano. Appian conta inoltre su una rete indiretta costituita da una trentina di partner, dalle aziende di consulenza globali ai system integrator passando per le software house che sviluppano software applicativo.

Silvia Fossati, Managing Director di Appian Italia e Area Vice President per il Sud Europa

«Appian è una società con base a Washington DC che nasce nel 1999 da 4 fondatori, i quali sono attualmente ancora in azienda, quindi c’è grande continuità – racconta Fossati – È cresciuta e si è consolidata negli USA ed è poi sbarcata in Europa, prima in UK e poi progressivamente in tutte le country. Dal 2018 è quotata al Nasdaq ed è stata la prima azienda a farlo nel mondo del low-code, Appian è stata un vero pioniere in questo ambito. Appian Italia esiste dal 2015, anche se il mercato è stato aperto precedentemente da un’altra società che ha fatto da reseller quando non eravamo presenti direttamente (si trattava di Easynex, NdR). Appian è una società e anche un prodotto, nel senso che la value proposition di questa azienda punta su un unico prodotto, che si è evoluto nel tempo. È partito come piattaforma di business process management, quindi una tecnologia per fare automazione di processo, e si è poi evoluta diventando anche una piattaforma di case management, e con l’ultima dimensione che è stata aggiunta è progressivamente divenuta una piattaforma di sviluppo applicativo in modalità low-code. Questa è una tecnologia che permette di sviluppare applicazioni non programmando in modo tradizionale, ma mettendo a disposizione una serie di building block, un po’ come i Lego, una serie di mattoncini preconfezionati, con i quali si va a costruire l’applicazione semplicemente coordinandoli insieme in modalità grafica. Il concetto di low-code permette di avere tutte le componenti base già a disposizione, già configurate e, senza necessità di fare programmazione, si tratta solo di mettere insieme i vari mattoncini per realizzare l’applicazione finale».

Sul mercato ci sono varie soluzioni per ridurre il ricorso alla scrittura di codice, dagli ambienti di sviluppo RAD (Rapid Application Development) ai linguaggi di astrazione ad alto livello, ai sistemi di visual programming, ma la piattaforma Appian fa qualcosa di più, proprio per le sue caratteristiche peculiari. «La caratteristica di questo strumento è che, avendo una storia che parte dal business process management, arriva al case management e si posiziona ora come low code, e in tutte queste tre dimensioni Appian è considerato leader di mercato – conferma Fossati – È l’unico prodotto che a livello mondiale, secondo gli analisti, si posiziona come leader su tutte e tre queste dimensioni. Negli ultimi anni abbiamo evoluto l’offering, includendo funzionalità di RPA e di Intelligenza Artificiale. Grazie al nostro accordo con Google e alla recente acquisizione di Novayre Solutions SL, una società di robotic process automation, riusciamo oggi a fornire una piattaforma di Full Automation su cui si possono digitalizzare interi processi aziendali, in cui interagiscono persone, robot, dati e regole di business – facendo leva anche sull’intelligenza artificiale».

 

Perché Appian

Ma come viene utilizzata la piattaforma di Appian dalla clientela? E quali sono gli ambiti di applicazione più frequenti? «Appian viene usata per indirizzare con un’unica tecnologia una molteplicità di richieste e di progetti. Abbiamo clienti in diversi settori merceologici che ci utilizzano in diverse aree di business, dal client onboarding al customer service, dai processi di innovation alla produzione, alla compliance, c’è veramente un po’ di tutto. Gli ambiti d’uso dipendono molto dal settore merceologico, ma per sintetizzare sicuramente Appian è impiegato nell’efficientamento e ottimizzazione delle operation ad ampio raggio, che siano nel settore finanziario o automobilistico. L’altro grande ambito riguarda il miglioramento della customer experience, il dare al proprio cliente, e ai dipendenti che lavorano con la clientela, una visione integrata di tutto ciò che lo riguarda. Per esempio il miglioramento di un call center, per mettere a disposizione una vista a 360 gradi del cliente senza dover saltare su tanti sistemi diversi, è una applicazione che è stata implementata da molte aziende. E il terzo grande filone è in ambito risk & compliance: in tutti quei processi dove viene richiesta una compliance specifica, una particolare mitigazione del rischio, le aziende vedono la nostra piattaforma come una valida risposta a questo tipo di esigenze».

Per esempio, oggi ci troviamo in una situazione di emergenza che tutti sappiamo. Una situazione che, al di là dell’aspetto medico e umano, ha portato tutte le aziende a rendersi conto che bisogna cambiare il paradigma sul modo di lavorare. Si sono trovate di colpo a dover gestire tutto in smart working senza essere pronte. Avere una tecnologia che in poche settimane permette di indirizzare dei processi che prima funzionavano in un modo e che ora devono funzionare in un altro è un grandissimo valore. Si possono realizzare nuovi processi da remoto, ospitarli in cloud e metterli in produzione rapidamente».

L’interfaccia di Appian Robotic Workforce Manager

Settori di mercato

Per quanto riguarda i vari segmenti di mercato, Appian è presente in tutti i principali settori merceologici, ma il cliente di riferimento è tipicamente la grande azienda. «Il nostro target è l’enterprise, la grande azienda, anche perché per la nostra esperienza la grande azienda è quella che più ha necessità di fare efficienza di processo, essendo tipicamente dispersa sia da un punto di vista organizzativo che fisico, con un gran numero di persone che devono essere messe a lavorare insieme. Il finanziario è un nostro settore di riferimento, in quanto le aziende del settore hanno una grandissima necessità di ottimizzazione delle operation, di efficientamento, ma anche di dare un miglior servizio al cliente – spiega Fossati – questo è un settore importante sul quale abbiamo tantissime referenze. In Italia siamo presenti sia sui financial services sia su automotive, food, farmaceutico, manifatturiero. È una customer base estesa dove abbiamo una molteplicità di progetti in corso nelle aree più disparate. Per citarne un paio, con due tipologie di clienti diversi, il gruppo Bancario Cooperativo Iccrea, che ci ha scelti come piattaforma abilitante per la loro digital transformation e riconosce il valore della nostra tecnologia anche nella rapidità con la quale noi implementiamo le applicazioni, grazie alle componenti precostituite. Iccrea in un anno ha sviluppato 13 applicazioni core business, 6 delle quali nei primi sei mesi. Parliamo di progetti come la gestione frodi, lo sviluppo di un nuovo prodotto, l’anti-money laundering. Per esempio nella gestione delle frodi con la nostra applicazione hanno ridotto il backlog del 100%. E nello sviluppo del nuovo prodotto hanno dimezzato il lead time di esecuzione dell’attività. Parliamo quindi di impatti importanti. Un esempio in ambito food è Amadori, altro cliente storico, che usa Appian in un ambito completamente diverso, ovvero il fleet management. Hanno un’ampia flotta interna e gestirla è un processo chiave. Hanno ridotto il lead time dell’attività da due settimane a tre giorni, usando la nostra piattaforma per la generazione degli ordini, l’approvazione delle fatture eccetera. Questi esempi danno un’idea di come la nostra piattaforma viene sposata dai nostri clienti che la usano a 360 gradi nelle aree più disparate». Senza dimenticare l’impegno nel settore governativo. «Appian è nata a Washington D. C. ed i primi clienti sono stati nel government americano e federale. Una quota parte significativa, quasi tutte le organizzazioni federali americane sono nostre clienti. Dove c’è carta, burocrazia, processi da ottimizzare, sia nel privato che nel pubblico, la nostra tecnologia è una grande risposta».

Interfaccia Appian per mobile

I mattoni di Appian

Inutile nascondersi che in una piattaforma low code, un ruolo fondamentale lo giocano proprio i “mattoncini”: il loro numero, la loro qualità, la loro reperibilità, e il fatto che sia possibile produrne di nuovi per utilizzi più personalizzati. Come funziona dunque il processo di produzione/creazione blocchi, dove li trovo, chi li crea? «All’interno della piattaforma ci sono centinaia di questi componenti. La piattaforma è assolutamente aperta, e come tale può essere spesa, usando sempre il paragone dei mattoncini Lego posso costruire altri mattoni e importarli nella piattaforma. Abbiamo i nostri professional services e i nostri partner che a volte sviluppano funzionalità particolari e c’è un processo di validazione da parte della nostra ingegneria e poi all’interno della CommunityAppian, che comprende tutte le persone di Appian, i partner e i clienti. Queste componenti vengono messe a disposizione anche con livelli di certificazione diversi. Alcune le certifichiamo noi, altre sono a disposizione ma non certificate, alcune magari sono certificate per il cloud e altre no». Ma cosa succede quando un’azienda ha bisogno di integrare nei suoi processi di gestione algoritmi sofisticati, dalle tecnologie di intelligenza artificiale per il trattamento documentale a quelle di machine learning? Ci sono anche blocchi per queste funzioni sofisticate? «All’interno della nostra offerta, in particolare per quanto riguarda la parte di IA, sono inclusi i servizi di Google, che non richiedono nessun tipo di attività tecnica per usufruirne e non serve nemmeno fare un contratto con Google. La nostra tecnologia poi è completamente aperta e si interfaccia con qualunque tipo di strumento che l’azienda abbia a disposizione, attraverso le caratteristiche standard di integrazione, come servizi REST o SOAP, o attraverso connettori verso soluzioni di mercato, come Salesforce o SAP. Quindi nella misura in cui dall’altra parte ho un sistema che dà la possibilità di integrarsi, noi possiamo integrarci con questo sistema. Molte aziende usano la nostra tecnologia per fare da collante e dare la visione completa di un processo aziendale che attraversa una molteplicità di sistemi. Quindi noi abbiamo tutti i nostri clienti che integrano la nostra tecnologia con i loro sistemi legacy, ERP, la logistica, la produzione, eccetera.

Se un cliente ha fatto degli investimenti sia in ambito di motori di intelligenza artificiale, sia di strumenti di robotic process automation (al di la dell’offering che abbiamo all’interno della piattaforma) noi diamo la possibilità di integrarli all’interno della nostra tecnologia e quindi di aumentarne il valore. Questo è un use case che troviamo spesso: clienti che hanno investito in modo significativo in RPA e caricato una serie di bot all’interno dell’organizzazione per automatizzare determinati microtask ripetitivi, poi per rendere questa cosa organicamente funzionante hanno bisogno di un orchestratore di tutti questi microtask; quindi usano la nostra tecnologia “a ombrello” sopra questi bot per orchestrarli, per gestire tutte le eccezioni e per estendere l’automazione al processo completo ».

 

Com’è la struttura dei costi?

Appian corporate building

«È una subscription, un canone di utilizzo, sia on premise sia in cloud l’approccio è identico. In questo modo si permette al cliente on premise di migrare al cloud quando è maturo per farlo. Il nostro prodotto può essere installato on premise o in cloud ed è esattamente identico, quindi un cliente può decidere di transitare da un’installazione all’altra. Ovviamente noi consigliamo il cloud perché rende il cliente libero di focalizzarsi solo sulle tematiche di business e non sulle parti puramente infrastrutturali. La base di computo del canone di utilizzo è il numero di utenti che usano la piattaforma in produzione. Poi ci sono alcune articolazioni, ma la metrica base è il numero di utenti in produzione. Gli ambienti di sviluppo, test, pre-produzione non vengono considerati nel computo. Quindi nella misura in cui ho uno sviluppatore che è anche utente di produzione lo conto, ma non esiste una licenza di sviluppo. La licenza che diamo è omnicomprensiva delle funzionalità, quindi non c’è una licenza per specifici moduli. Diamo tutte le funzionalità dello strumento.

Per quanto riguarda la tipologia di cloud, il nostro è un fully managed cloud, ci basiamo su AWS, ma il cliente vede soltanto noi come interfaccia, AWS è completamente trasparente per l’azienda. Lo gestiamo completamente noi, facciamo gli upgrade, gestiamo il monitoring, la sicurezza. Noi investiamo tantissimo in innovazione e ogni trimestre rilasciamo una nuova release disegnata per essere automaticamente compatibile con quanto fatto precedentemente. Quindi i nostri clienti in cloud vengono automaticamente aggiornati a impatto zero ogni tre mesi. Quando parliamo di cloud parliamo di questo tipo di servizio. Se invece un cliente decide di installare Appian su un cloud di sua scelta, dal nostro punto di vista è come se fosse on premise perché è il cliente che lo gestisce e si parla solo di hosting».

 

Il futuro

Recentemente una nuova release ha aggiunto varie componenti alla piattaforma. Dove va Appian? «C’è stata l’acquisizione di Novayre Solutions, la cui tecnologia RPA ora è integrata nella piattaforma, un accordo più esteso con Google e una partnership con Celonis per la parte di process mining. L’Intelligent Document Processing è stato aggiunto con l’ultima release e arriva grazie all’intelligenza artificiale di Google. Noi continuiamo a far evolvere questa piattaforma e la sua tecnologia con il fine di portarla sempre più dal low code al no code, e ogni release trimestrale va in quella direzione. Il nostro Ceo ha dato come obiettivo ai nostri ingegneri che il tempo medio di sviluppo con Appian per costruire un’applicazione  si dimezzi ogni due anni».

Nel medio termine, pensate che fattori come lo smart working, la robotizzazione, la progressiva automazione dei processi per usare meno personale in ufficio, provocheranno unulteriore aumento della richiesta delle vostre soluzioni? «Noi questa tendenza già la vediamo, abbiamo trend di crescita a due cifre che continuiamo a confermare – spiega Fossati – e il business è molto solido. Ci basiamo su un installato di clienti contenti della nostra tecnologia e che continua a investire con noi. Nel futuro vedo una conferma dell’attuale trend, al di là di quella che può essere la situazione specifica di questi mesi, che potrebbe portare le aziende a una migrazione anche più accelerata verso questo tipo di tecnologia. La situazione contingente ha forzato un salto quantico nella nostra concezione di lavoro, perché se alcune aziende più informatizzate ed evolute erano già pronte allo smart working e al lavoro robotizzato, molte altre non lo erano e si sono trovate a reinventarsi in tempo zero. Secondo me questa situazione ha prodotto un’accelerazione di un cambiamento che normalmente avrebbe richiesto forse 10 anni. Nulla sarà più come prima. Al di là del fatto che prima di tornare alla normalità ci vorranno mesi per ragioni sanitarie, ma ormai c’è una via tracciata, le aziende hanno capito che non possono farsi trovare impreparate due volte. Se dai i laptop ai dipendenti non è che fra 6 mesi si torna a fare come prima, questo diventerà il nuovo modo di lavorare».














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