Anitec-Assinform: le pmi e start-up del settore ict sono cresciute del 17,9% nel 2020

I principali acceleratori della crescita di queste aziende sono i digital enabler. Alta l'attenzione sulla sospensione delle registrazioni telematiche

Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform

Anite-Assinform ha presentato la prima analisi sui trend e le performance economiche di start-up e pmi (da qui in poi S&Pmii) innovative del settore ict. Un settore che nonostante il Covid, è cresciuto: le nuove registrazioni delle raggiungono quota 2.006 con un incremento del +17,9%, superiore di quasi 5 punti alla dinamica complessiva delle nuove registrazioni in tutti i settori (+13,3%). Nel 2020 il 33,4% delle nuove start-up e pmi innovivative in ambito ICT è stato costituito costituite online, un valore non distante da quello del 2019 (33,3%) contro il 31,4% nel perimetro complessivo (27,2% nel 2019). Nel corso del 2021 sarà necessario monitorare se e quanto la sospensione della procedura di costituzione online per le start-up innovative, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato del 29 marzo 2021, impatterà sulla crescita delle registrazioni.

Queste imprese sono concentrate nel Nord Italia: a fine febbraio 2021 sono 6.663 le start-up e pmi innovative in ambito ict attualmente iscritte alla sezione speciale del Registro Imprese, pari al 47,8% del totale. Quasi 1 su 2 appartiene al settore ict e nel complesso più di 7 su 10 sono aziende nel comparto del software e consulenza It e quasi 2 su 10 nei servizi It. La Lombardia ospita oltre un quarto di tutte le start-up innovative italiane (27,0%) ma la percentuale di quella operanti nel settore ict è ancora superiore, con una quota del 29,5%. Seguono Lazio (13,5%) e Campania (8%) Veneto (7,3%), Emilia Romagna (7,1%), Piemonte (5,9%) e Puglia e Toscana (4,6% e 4,3% rispettivamente). Resta preoccupante la carenza di realtà simili al Sud, malgrado i diversi incentivi proposti.







Come tutte le start-up innovative, anche quelle ict sono soprattutto micro-imprese. Circa due su tre hanno fino a 4 addetti, un capitale proprio inferiore a 10.000 euro e un valore della produzione fino a 100-150 mila euro. Quasi una su 5 (o il 19,9%) sono imprese fondate da under-35 e le imprese femminili sono pari al 10,7% nel settore ict contro 13,1%, registrato nel complesso.

Le componenti più innovative dell’intero mercato digitale, o Digital Enabler, hanno confermato il loro ruolo trainante dell’intero mercato anche nel 2020 con tassi a due cifre e hanno visto progredire la loro quota dal 19,5% del 2019 al 21% del 2020.

Dall’analisi dei filoni di attività indicati dalle imprese sulle vetrine della piattaforma #ItalyFrontiers, i Digital Enabler sui quali si concentrano queste imprese sono principalmente sulle soluzioni di IoT (indicate da 644 imprese) e Industria 4.0 (indicate da 229 imprese), e un buon numero di aziende sono attive in ambito intelligenza artificiale e machine learning (599 imprese), mobile app (457 imprese), big data & data e social science (468 imprese), blockchain e cybersecurity (270 imprese).

Un numero rilevante di S&PMII registrate con codici ATECO diversi da quelli che formano il settore ICT indica nelle loro profilazioni filoni di attività in ambito ICT e digitale. Il criterio della “prevalenza” consente loro di indicare presenza di prodotti e servizi dall’alto valore tecnologico pur essendo il loro core business in settori non ICT. Così, 488 S&PMII non ICT indicano di essere attive nell’ IoT, 384 in Industria 4.0 e 197 in IA e machine learning.

È un chiaro segnale di come le aziende nei settori «non ICT» comincino ad attivarsi sui nuovi scenari abilitati dall’innovazione digitale: dall’automazione «intelligente» dei processi esistenti, alla creazione di nuovi modelli di business soprattutto grazie alla monetizzazione dei dati scambiati lungo le filiere, fino a vere e proprie scoperte scientifiche o innovazioni ingegneristiche che indirizzano nuovi problemi con le startup «deep tech» molto spesso in collaborazione con le università.

Attività brevettuale e personale altamente qualificato poco diffusi

L’attività brevettuale è presente in 1.085 aziende ovvero il 16,3% delle imprese innovative registrate. Di poco più presente il personale altamente qualificato, in 1.735 casi (il 26,6%) e decisamente molto più diffusa la presenza di spesa R&S in 4.986 casi (il 74,8%).

Per distribuzione geografica, l’attività brevettuale è nettamente più presente nel Nord-Ovest e, a seguire, nel Nord-Est rispetto agli altri territori, ma ancora troppo poco diffusa tra le aziende del Centro e del Sud e Isole.

Anche le realtà con una quota significativa di personale altamente qualificato hanno una maggiore concentrazione a Nord-Ovest, segno che nelle altre regioni, oltre a non essere abbastanza diffuso il ricorso a finanziamenti e incentivi per la creazione di start up e per l’imprenditorialità dei ricercatori, sono anche meno diffuse le iniziative di collaborazione con le università (spesso centro di incubazione delle start-up ict) e molto più elevata e preoccupante è la carenza di competenze stem e ict.

Sono più diffuse le imprese con un livello significativo di intensità di spesa R&S, anche perché la definizione di spesa R&S è intesa in un’accezione più estesa rispetto al R&S in senso stretto.

Il valore della produzione e valore aggiunto in forte aumento

Gli indicatori economici e finanziari delineano scenari positivi anche se con profili diversificati.

Tra le S&Pmii ict iscritte nella sezione speciale del Registro Imprese per il periodo 2017-2019, il valore della produzione complessivo è in costante aumento da 239,3 milioni di euro nel 2017 a 364,4 e a 481,5 milioni nel 2019, così come il valore aggiunto complessivo (da 87 milioni di euro nel 2017 a 130,6 e a 166,6 milioni nel 2019).

In media in tutti e tre gli anni per ogni euro di produzione le S&Pmii ict generano 35 centesimi di valore aggiunto, un valore più elevato rispetto ai circa 24 centesimi di tutti i settori.

Produzione e valore aggiunto registrano tassi di crescita maggiori per le S&Pmii ict  con focus su Industria 4.0 e Digital Enabler. Il valore aggiunto medio per ogni euro di produzione è ancora più alto laddove l’attività è focalizzata su industria 4.0 (36,8 centesimi nel 2019) o sui Digital Enabler (43,8 centesimi). Inferiore al valore medio delle S&Pmii ict anche la negatività del roe medio, a -30,5 centesimi per le attività focalizzate su industria 4.0 e a -24,1 per le attività focalizzate sui Digital Enabler, mentre l’indebitamento per entrambi i casi è sostanzialmente stabile.

«Il 2020 ci ha consegnato un Paese molto più digitale e sia l’evoluzione e il controllo dell’attuale emergenza che il recupero di fiducia nel clima economico complessivo lasciano intravedere una ripresa del mercato digitale con una crescita prevista del 3,5%», commenta Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform. «I mercati associati ai Digital Enabler offrono opportunità di crescita importanti anche alle start-up e pmi innovative del settore ict . I prossimi mesi saranno cruciali per accelerare l’entrata di nuove aziende e la crescita di quelle esistenti, anche nel contesto dei nuovi progetti che saranno supportati dal pnrr, e, soprattutto al sud, per colmare il gap di diffusione promuovendo ecosistemi università-ricerca-impresa sempre più “fertili” per la creazione di nuove startup innovative».

«Mai come in questo momento è necessario realizzare un’Italia consapevolmente digitale, capace di mettere le sue energie migliori al servizio dell’innovazione» – ha dichiarato Paolo Ghezzi, direttore generale di InfoCamere – «Dallo studio presentato oggi emergono segnali incoraggianti che vanno valorizzati dalle politiche nazionali, soprattutto per il contributo che l’universo delle start-up e pmi innovative può offrire alla costruzione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza del Next Generation Italia. Emerge chiaramente come l’universo dell’innovazione del Paese sia stato in grado di fronteggiare il cambiamento, sia quello legato all’innovazione e alla sostenibilità che quello causato dagli shock sistemici come la pandemia. Seguire da vicino questi fenomeni, attraverso i dati del Registro delle Imprese, è un tassello della strategia che deve accompagnare lo sviluppo di queste realtà sul mercato».














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