Manifattura additiva: la call to action del gruppo di lavoro “Additive” di Afil

di Marco de' Francesco ♦︎ L'Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia vuole sviluppare una strategia condivisa sulla stampa 3D coinvolgendo colossi come Cosberg, Italtel, Ori Martin, Pirelli Tyre, Rivierasca, Whirlpool, Blm, Feralpi, ST Microelectronics, Candy Haier Group

È in corso una call di Afil per dar vita ad una strategic community sulla manifattura additiva. Ne faranno parte Tenova, società (del Gruppo Techint) con sede a Castellanza (Varese) specializzata in soluzioni di ingegneria per l’industria metallurgica e mineraria e la filiale italiana della multinazionale svizzero-svedese dell’automazione Abb, che nel Belpaese fattura 2,5 miliardi di euro con 6mila dipendenti. Entrambe le società hanno maturato, nello sviluppo di questa tecnologia, esperienze di rilievo che meritano di essere raccontate perché di grande interesse per i lettori di Industria Italiana. Tenova ha coordinato il progetto Made4Lo, nato in ambiti Afil e che ha unito altre importanti realtà industriali e accademiche. L’obiettivo principale era quello di realizzare, impiegando tecnologie di Additive Manufacturing, delle componenti di metallo di grandi dimensioni e multimateriali. Come si leggerà sono stati prodotti diversi manufatti, utilizzando delle tecniche all’avanguardia.

Quanto ad Abb Italia, ha dato vita ad un vero e proprio progetto industriale che ha coinvolto lo stabilimento di Dalmine. Non solo sono state identificate e implementate le tecnologie per la stampa 3D, ma sono state anche integrate con i sistemi di controllo preesistenti, in modo da conosce la disponibilità dei componenti real time. Tutto ciò, però, ha riguardato solo la plastica. L’obiettivo più importante è quello di realizzare una produzione di AM metallico vasta e sostenibile, con riutilizzo delle polveri, e integrata nei sistemi di controllo già operativi. Sotto questo profilo, sono stati realizzati solo dei piloti, anche perché resta aperta la questione dei costi. Afil Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia – è presieduta da Diego Andreis ed è il cluster regionale per il manifatturiero avanzato. In questo comparto, è il soggetto di riferimento di Regione Lombardia per la definizione delle traiettorie di ricerca e innovazione nell’ambito della strategia di specializzazione intelligente S3.







Le Strategic Community sono invece, per dirla con Andreis, «i motori della progettualità in Afil».  Si tratta di comunità di esponenti di imprese, università e centri di ricerca create attorno a tematiche tecnologiche rilevanti per la manifattura: servono a individuare le priorità delle aziende, per consentire alla Regione di sviluppare una programmazione di medio e lungo termine. Servono anche a rendere le aziende e gli attori della ricerca lombarda più competitivi nell’implementare le attività di ricerca e innovazione per indirizzare le priorità definite. L’articolo trae spunto da un evento online di qualche giorno fa, “Additive Manufacturing per la produzione sostenibile di serie: la sfida di Abb”, cui hanno partecipato, oltre ad Andreis, il cluster manager di Afil Giacomo Copani, l’R&D director Metals Tenova Enrico Malfa, il ricercatore del Politecnico di Milano Daniele Tamborini, il professore del dipartimento di ingegneria civile dell’università di Pavia Ferdinando Auricchio, nonché l’Advanced Processes and Technologies Manager e il Production Development Manager di Abb Italia, rispettivamente Fabio Golinelli e Luigi Semeraro. Proprio in questa occasione è stata lanciata la Call, che fa registrare già alcune manifestazioni di interesse.

Andreis (Afil): creare un ecosistema forte per supportare la crescita per le filiere

L’esperienza di Abb nell’additive manufacturing

Fabio Golinelli, Advanced Processes and Technologies Manager at Abb

Golinelli ha affermato che «Abb crede molto nel valore della strategic community e della collaborazione, soprattutto in un campo come quello dell’additive manufacturing». Ma di cosa si tratta? Abb ha dato vita ad un piano grazie al quale già una decina di componenti ottenuti con la stampa 3D sono in produzione, tutti di plastica; uno in particolare, in nylon caricato a vetro. E il metallo? «Abbiamo realizzato solo due piloti – ha affermato Semeraro –: richiede sistemi molto complicati, pertanto stiamo valutando quali spazi dello stabilimenti dedicare a questa tecnologia».

Un progetto in due fasi

Il  progetto ha un arco temporale vasto, fino al 2025. L’idea era quella di realizzare componenti complessi, anche metallici, da inserire nei prodotti Abb dello stabilimento di Dalmine (Bergamo) che comprende tre strutture: “apparecchi” (interruttori di media tensione), quadri elettrici e servizi (ad esempio, la manutenzione).

In una prima fase, detta di “acquisizione del know how”, si è dato vita ad un team inter-funzionale che impegna risorse di processo, di ricerca e sviluppo di industrializzazione del prodotto nonché il laboratorio prototipi.

Il production development manager di Abb Luigi Semeraro

In una seconda fase, si è trattato anzitutto di identificare l’esatta tecnologia per la stampa 3d da implementare. E di collegarla al Mes (Manufacturing Execution System), che serve per controllare la fabbrica e allineare la produzione, e al gestionale Sap. «In questo modo, sappiamo quando il componente è disponibile, e possiamo integrarlo nel prodotto» – ha affermato Semeraro.

Grazie a canali come Afil e Cfi (Cluster Nazionale Fabbrica Intelligente, l’associazione che, presieduta dal cdo di Ansaldo Energia e ceo di Ansaldo Nucleare Luca Manuelli, riunisce aziende, regioni e università per aggregare gli attori più importanti a livello nazionale in tema di manifattura avanzata), si è cercato il supporto di soggetti esterni: fornitori di tecnologie, partner e atenei. Quelli appartenenti alle prime due categorie sono stati selezionati secondo due criteri: anzitutto il possesso di tecnologie adatte ai componenti di Abb, che devono mantenere certe performance tecniche ed elettromeccaniche; in secondo luogo, in base ai costi, che secondo Semeraro rappresentano «un tema di grande rilievo»: se i lotti sono limitati, la spesa per la strumentazione incide molto. Quanto alle università, il loro apporto è risultato particolarmente rilevante in tema di reingegnerizzazione. «L’additive manufacturing – ha continuato Semeraro – comporta un radicale cambiamento di paradigma nel design: consente di creare con un solo pezzo componenti che prima erano costruiti associando, saldando e incollando decine di elementi meccanici. E in queste operazioni, le università hanno conoscenze molto avanzate».

Abb AM timeline

I piloti in metallo

Il primo è relativo ad un equalizzatore di campo, e cioè un oggetto di forma semisferica che serve a redistribuire le cariche elettriche, per consentire il passaggio della corrente in sicurezza.

Il secondo concerne un oggetto che rappresenta la parte cinematica di un attuatore meccanico.  Prima il prodotto era realizzato con la forgiatura e con altre lavorazioni – meccaniche, termiche e di rettifica. «Fabbricarlo in 3D – ha aggiunto Semeraro – ha dato buoni risultati dal punto di vista ingegneristico. Sotto il profilo dei costi però, non è ancora conveniente per noi. Le spese per la polvere e la fase manuale di post-processing pesano ancora molto».

Abb additive manufacturing

La challenge

Abb ha indetto una sfida sulla manifattura additiva metallica per superare il problema dei piccoli lotti e altre questioni. Si pensi al problema del cambiamento delle polveri quando si utilizza la stessa macchina per sostanze diverse. O a quello dei tempi di produzione post processing, o ancora a quello della disposizione dei macchinari in vista della sicurezza. Si sono candidati in sette fra scale-up, organizzazioni e start-up per diventare fornitori del Lighthouse. Industria Italiana si è occupata della vicenda in questo articolo. La challenge è parte dell’iniziativa XFactory Open Innovation Challenge (Xfoic), lanciata dal Cfi. «Vogliamo vedere – ha affermato Golinelli – se qualcuna di queste realtà innovative ha l’idea giusta, quella che ci consentirebbe di utilizzare meglio la tecnologia AM in un contesto di una produzione vasta». Adesso Abb, che è membro del Cluster Afil, vuole stimolare la nascita di una Strategic Community di innovatori lombardi che lavorino con continuità alle sfide suddette, comuni anche ad altri produttori industriali.

Abb prodott am

L’esperienza di Made4Lo, un progetto nato dal gruppo di lavoro “Additive” di AFIL coordinato da Tenova

Il progetto Made4Lo ha mobilitato l’intera catena del valore

L’R&D director di Tenova Enrico Malfa

Il progetto Made4Lo, “metal additive 4 Lombardy” è nato nel 2015, ha affermato Malfa, «quando in Afil si è preso coscienza della necessità di affrontare la tematica dell’AM considerando l’intera catena del valore: dal processo di produzione delle polveri alla stampa dei componenti, al trattamento termico, alla finitura e alla qualifica del bene e infine al test di esercizio».

Si trattava, dunque, di realizzare una “fabbrica diffusa” per lo sviluppo made in Lombardia delle tecnologie di stampa 3D dei metalli, una delle tecnologie abilitanti dell’Industria 4.0. La rete Afil si è attivata per creare il consenso e mettere insieme realtà disposte a condividere il know-how e le risorse. Oltre a Tenova, facevano parte del gruppo di lavoro importanti aziende, come Ttm Laser, Officine Meccaniche Giuseppe Lafranconi, Gfm, Gf Machining Solutions, Fubri, Co.stamp, Blm e 3d New Technologies. Ed erano della partita anche l’Università di Pavia e il Politecnico di Milano. Per il progetto sono stati investiti 6,6 milioni di euro, con un contributo a fondo perduto da parte di Regione Lombardia – nell’ambito degli accordi per la ricerca e l’innovazione –di 3,5 milioni stanziati grazie al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale.

Caso studio 2 Made4lo

I contenuti del progetto

Anzitutto, dal punto di vista della sfida tecnologica, si trattava di mettere a punto processi per polveri a basso costo e pezzi di grandi dimensioni. Si intendeva stampare con nuovi materiali, e con un approccio multimateriale. Quanto ai sistemi di stampa, si sono utilizzate tecnologie «che nel 2015 – ha affermato Malfa – erano pura innovazione». Ad esempio, Ded (Direct energy deposition), Slm (Selective laser melting), Heat treatment furnace, Hybrid direct energy deposition. Fin dall’inizio, grande rilievo è stato conferito alla sostenibilità, sia economica che ambientale, prevedendo il riutilizzo di scarti e ricicli e prendendo in considerazione la salubrità e la sicurezza del luogo di lavoro. Infine, in termini di conoscenza, si voleva diffondere il Know How relativo ai processi di questa particolare modalità di fabbricazione.

Caso studio made4lo

I risultati conseguiti

Il ricercatore del Politecnico di Milano Daniele Tamborini

Anzitutto sono stati sviluppati sette casi d’uso. Fra questi, un componente cilindrico per il settore siderurgico, in rame puro: misurava 150 mm per 60 mm. Secondo Daniele Tamborini, qui la sfida era proprio l’utilizzo di un metallo altamente riflettente e pertanto difficile da lavorare con il laser. La geometria, poi, era complessa. Si è riusciti nell’impresa grazie ad una particolare sorgente di luce verde. Ancora, un altro componente per la siderurgia, di dimensioni ancora più importanti: 500 mm di lunghezza per 150 mm di diametro. La sfida, in questo caso, era legata alla multi-materialità: il bene è realizzato, nelle sue diverse parti, con due leghe differenti. In terzo luogo, un tool alla cui realizzazione ha partecipato anche un’azienda esterna al partenariato, Böhler. Anche qui, ha ricordato Tamborini, si sono utilizzate due leghe molto diverse e assai difficili da trattare: quella al carburo di tungsteno e cobalto e quella al ferro, cobalto e molibdeno.

In quarto luogo, uno scarico di grosse dimensioni per il settore automotive: l’ingombro era 140 mm per 400 mm per 420 mm.  La geometria era complessa: risultava infatti dall’insieme di un tubolare con un collettore. Infine, un tassello dotato di canali conformabili. È stato realizzato alternando fasi di deposizione e fasi di machining. Quanto all’impatto del progetto sul territorio, questo ha reso accessibile alle Pmi lombarde un metodo di produzione innovativo, riducendo gli impatti sull’ambiente e rendendo economici lotti di produzione limitati. Il metodo, peraltro, necessita di profili professionali nuovi e specializzati.

Caso studio 1 Made4lo

Afil, dai gruppi di lavoro alle strategic community

Il cluster manager di Afil Giacomo Copani

Attualmente AFIL ha 135 membri, di cui 109 imprese, e 26 tra centri di ricerca e associazioni industriali. Tra i soci industriali, oltre a molte PMI, si annoverano anche molti grandi player tra i quali, ad esempio, oltre alle due aziende citate, CosbergItaltelOri MartinPirelli TyreRivierascaWhirlpool, Blm, Feralpi, ST Microelectronics, Candy Haier Group e tanti altri. Tra le associazioni imprenditoriali, Assolombarda, e le territoriali confindustriali di Bergamo, Como, Lecco e Sondrio, Varese, nonché Confindustria Lombardia. Tra gli Atenei e i centri di ricerca, il Politecnico di Milano, le università di Pavia, Milano Bicocca, Carlo Cattaneo, la Cattolica del Sacro Cuore, gli atenei di Bergamo e di Brescia, il Cnr-Stiima e altri. Una delle innovazioni di Andreis – che peraltro è il managing director dell’innovativa azienda di micro pompe Fluid-o-Tech, ed è altresì vicepresidente del Gruppo Meccatronici di Assolombarda e vicepresidente di Federmeccanica – è stata l’ideazione delle Strategic Community.

Cosa siano, si è già detto.  Per completezza, è bene aggiungere che sono in fase di costruzione e consolidamento a partire da gruppi di lavoro pre-esistenti nel cluster. Secondo Copani, nascono “dal basso”. Sono proposte direttamente dai Soci che indicano tematiche prioritarie sulle quali vogliono fare massa critica e lavorare all’interno dei canali del Cluster per beneficiare della facilitazione offerta da Afil in termini di organizzazione, networking, dialogo con la Regione Lombardia, posizionamento internazionale e possibilità di incidere sulle politiche di ricerca e innovazione a livello regionale, nazionale ed europeo. Tra quelle che derivano dai pre-esistenti gruppi di lavoro, una è sull’intelligenza artificiale, un’altra è sull’economia circolare e infine una, appunto, sull’additive manufacturing; una nuova community è stata recentemente lanciata sulla produzione alimentare sicura e sostenibile ed altre sono in fase di progettazione ed avvio proprio in questo periodo: su 5G e wireless Ict, batterie per auto, idrogeno e tessile.

Il professore Ferdinando Auricchio dell’Università di Pavia

Per Andreis, la community sull’Additive Manufacturing è necessaria perché «la sfida della manifattura additiva non si vince da soli: l’obiettivo è quello di mettere insieme esperienze e competenze di aziende diverse per dar vita a progetti che abbiano una ricaduta positiva per tutti i partecipanti». Si stratta di associare il know how di imprese dislocate lungo la supply chain, dal produttore di polveri a quello di macchinari. Si intende allargare il campo agli atenei. Secondo Auricchio infine, l’AM è una tecnologia che «cambia le carte in tavola»: il life cycle del prodotto può essere definito fin dall’inizio in maniera diversa rispetto allo stesso bene realizzato con procedimenti ordinari. «Questo collega l’additive manufacturing ad un altro argomento sul quale la Regione Lombardia si sta spendendo moltissimo, che è quello dell’economia circolare».  L’idea è che i beni possano essere riciclati a fine vita e che i componenti non usati, come ad esempio le polveri, possano essere reimmessi nel ciclo produttivo facilmente.

Ripubblicazione dell’articolo del 23 febbraio 2021














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