AAA: Risk manager cercasi

di Laura Magna ♦ Cresce anche all’interno delle Pmi la necessità di figure che ricoprano questo ruolo. E anche chi nei fatti già lo svolge, ora può certificare le sue competenze. Anra, l’associazione di categoria, spiega come fare e il suo impegno per la formazione. Parlano Castelli e De Felice

Il ruolo dei risk manager europei sta diventando più importante dal punto di vista strategico all’interno delle aziende presso cui operano, tanto che spesso chi ricopre questa funzione interpreta un ruolo paragonabile a quello destinato a chi siede nei vertici e nei consigli di amministrazione. Grazie a questa posizione privilegiata, i risk manager hanno una visione più completa dei rischi che potrebbero influenzare la capacità di raggiungere gli obiettivi della loro impresa. E, dall’altro lato, diventano fornitori di un supporto indispensabile per il processo decisionale stesso, un processo che sempre meno può prescindere dalla valutazione olistica dei rischi.

E’ per questa ragione che la figura che abbiamo descritto tende a istituzionalizzarsi, ed è per questo che FERMA, la Federation of European Risk Management Associations, che rappresenta gli interessi di più di 4.700 risk manager e insurance manager europei, ha elaborato nel 2015 una Certificazione, denominata RIMAP – acronimo di “Risk Management Professional”, –  che ne attesta la professionalità. Un certificato che potrà fornire valore aggiunto anche a chi da esperto già svolge questo ruolo  sia in azienda che come consulente esterno. ANRA, l’associazione che dal 1972 raggruppa i risk manager e i responsabili delle assicurazioni aziendali italiani, ne è a tal punto consapevole da aver strutturato un corso di formazione e preparazione all’esame per ottenere la certificazione.







 

Castelli
Maurizio Castelli, consulente scientifico di ANRA e direttore dei corsi ALP e RIFT

I corsi RIFT e ANRA-Alp

Si chiama RIFT, acronimo di RImap Fast Track  il corso pensato appunto per chi ha già un buon livello di esperienza e una conoscenza approfondita della materia e non desidera seguire un percorso graduale che parta dai fondamenti. La prima edizione si terrà dal 22 al 24 maggio 2018 a Milano: tre giornate intense in cui i tutor ANRA accompagneranno i partecipanti all’esame attraverso una full immersion nel mondo del Risk Management. «RIFT non è l’unica modalità per accedere alla certificazione RIMAP. Infatti dal 2016 c’è un altro corso, che dà la possibilità, primo e unico in Europa, di fare in Italia e in italiano l’esame online per l’accesso alla certificazione. Si chiama ANRA-Alp e si rivolge a neofiti della materia o comunque a persone che fanno già i risk manager ma intendono seguire un corso che copra integralmente e in maniera approfondita le tematiche oggetto di questa professione. Il corso ALP dura 120 ore spalmate su 15 giornate», precisa il Maurizio Castelli, consulente scientifico di ANRA e direttore dei corsi ALP e RIFT.

Castelli sottolinea come il concetto di RIFT sia profondamente diverso da quello di ALP: «RIFT è pensato per i professionisti del risk management che non hanno tempo o necessità di ripartire dai basics, ma che allo stesso tempo non se la sentono di sostenere RIMAP senza preparazione. L’accesso all’esame è consentito anche in autonomia, senza la partecipazione ad alcun corso, ma in presenza di un tutor riconosciuto da FERMA. Tuttavia si tratta di un esame complesso, fatto da cento domande in inglese: non è così scontato che lo si superi. Un conto è fare il risk manager di professione, un altro conto è possedere terminologia, standard, nozioni che non si usano quotidianamente. Anche il più competente dei risk manager ha bisogno di ripassare la terminologia, imparare quella in inglese e formalizzare le conoscenze. Il corso rapido di tre giornate prevede dunque un ripasso generale articolato nei 4 moduli su cui si struttura il body of knowledge di Rimap, con slide in inglese, prove pratiche con esempi di quiz e infine nel pomeriggio della terza giornata l’esame che si svolge online con le domande di FERMA. Tutto avviene nella sede milanese di ANRA. Noi ci occupiamo di fornire il tutor e ogni adempimento burocratico necessario. Per superare l’esame si deve rispondere correttamente almeno al 70% dei quesiti».

Una certificazione che conviene al manager e all’azienda

Il vantaggio di ottenere una certificazione, anche per un risk manager esperto, sono evidenti. «In ogni campo la certificazione sta diventando se non un must un criterio preferenziale», dice Castelli. «Sicuramente dal punto di vista dell’azienda è così. Attualmente esiste ancora molta confusione sul terreno del risk management: è un tema ancora nuovo in cui spesso si improvvisano risk manager persone con vari tipi di background, per esempio persone che arrivano dalle banche dove si occupavano solo di rischio finanziario o da società di internal audit dove facevano solo attività di mappatura dei rischi. Chi possiede il Certificato RIMAP possiede la padronanza dell’intero body of knowledge necessario a un esperto del rischio, attestata da parte della massima autorità europea in materia. Dunque, di fatto, ha un marchio di qualità che aumenta il suo valore sul mercato, oltre alla certezza delle proprie competenze e un’occasione di aggiornamento professionale».

In un mondo in cui «le Pmi sottostimano ancora grandemente i rischi, un ruolo di crescente importanza sarà giocato dai consulenti esterni, che ovviamente, sono quelli che hanno maggiormente da guadagnare da un bollino di qualità. Le medie aziende, per non parlare di quelle piccole, non hanno quasi mai una figura dedicata e quasi mai si possono permettere di averla. Quindi devono fare riferimento ai consulenti, affiancando questi esperti ove possibile a una figura part time interna. Le medie aziende hanno tuttora insufficiente attenzione a questi temi ma non ne hanno meno bisogno delle grandi aziende, perché il loro livello di resilienza è inferiore. Anche eventi meno significativi possono essere tali da poterle mettere in ginocchio. C’è un po’ di fatalismo e di presunta conoscenza dei rischi, ma non essendoci un approccio strutturato e metodico, anche se c’è consapevolezza qualcosa sfugge».

 

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In aumento i rischi legati alla trasformazione digitale

Quali sono i rischi che preoccupano di più: un sondaggio

Ma quali sono i rischi maggiormente percepiti all’interno delle aziende europee? Lo rivela l’ultimo sondaggio European Risk and Insurance Survey condotto da FERMA. Seconda l’associazione europea è aumentata la preoccupazione per la situazione economica e per i casi di interruzione dell’attività, minacce che, insieme all’instabilità politica, sono stati identificati come i tre rischi principali per le imprese. Anche i rischi digitali – attacchi informatici/la sicurezza dei dati, i sistemi informatici e data center – sono aumentati nel 2016. Più della metà dei 634 intervistati stanno promuovendo l’implementazione della cultura del rischio all’interno della loro impresa (68%), sviluppando il risk management come parte della loro strategia di business (62%) e sviluppando programmi di business continuity e altre modalità di risposta alle crisi; e i due terzi (66%) di essi riferiscono al consiglio d’amministrazione o al top management.

«L’indagine realizzata da FERMA mostra come alcune buone pratiche di gestione dei rischi stiano anche nelle nostre imprese diventando una prassi normale, proprio in virtù della cultura del risk management che con fatica stiamo contribuendo a formare e far progredire nel nostro Paese. Analizzando ad esempio il profilo dei 360 soci ANRA, poco meno del 10% assolve la funzione del Chief Risk Officer, mentre il 31% è Risk Manager e il 28% Insurance e/o Claims Manager», commenta Alessandro De Felice, Presidente di ANRA nonché Chief Risk Officer della multinazionale dei cavi Prysmian.

Gli intervistati da FERMA indicano anche che vorrebbero competenze e tecnologie aggiuntive, come le analisi di scenario e le lezioni apprese dopo lo svolgimento di un evento, per migliorare la comprensione della natura dei rischi complessi con cui le loro aziende si devono confrontare. Di conseguenza, chiedono che i loro consulenti, broker e assicuratori vadano oltre il loro tradizionale ruolo e forniscano sostegno a tali attività. Ad esempio, per la maggior parte dei risk manager (86%), il controllo e il trasferimento dei rischi rimangono una responsabilità quotidiana, ma la prevenzione delle perdite è diventata la priorità assoluta.

 

 

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Alessandro De Felice, Presidente di ANRA

Anche in Italia, l’attenzione alla gestione del rischio sta cambiando

Non stupisce che la preoccupazione per i rischi digitali e informatici stia aumentando e che i risk manager siano alla ricerca di una maggiore collaborazione con le compagnie assicurative sulla prevenzione delle perdite e la gestione dei sinistri. Gli acquisti della copertura per i rischi cyber sono aumentati dal 2014, ma i due terzi delle aziende ancora non comprano questo tipo di protezione.«Analizzando i rischi che i soci ANRA vedono come prioritari si inquadrano – continua De Felice – quelli Operativi di Asset e Business Continuity nell’81,7% dei casi, quelli Strategici di rischi reputazionali all’80,7%, fra quelli Finanziari il rischio di credito nell’84,4% dei casi e per quelli che attengono l’ambito Legal & Compliance primeggiano i rischi di responsabilità contrattuali per l’81,7% del panel associati».

«La situazione è molto diversa a seconda che parliamo di grandi aziende o Pmi- prosegue De Felice – Il tessuto economico è fatto in prevalenza da Pmi e dimensionalmente, a volte, è difficile giustificare la presenza di una persona dedicata alla gestione dei rischi. Ma c’è nel personale delle Pmi c’è un enorme potenziale nell’ambito legale o amministrativo che nell’ottica di una cultura di gestione del rischio potrebbero specializzarsi e capirne di più sul vantaggio di una gestione integrata dei rischi. L’Anra può contribuire a formare queste figure, in modo da aggiungere una ulteriore capacità professionale in grado di contribuire al successo dell’azienda; perché controllando i rischi l’azienda stabilizza i risultati e riduce la volatilità degli obiettivi.»

«Nelle grandi aziende è diverso: nella maggioranza dei casi la figura del risk manager è interna e dedicata. E tuttavia, proprio per questo, l’azienda vorrebbe assumere a coprire il ruolo, una persona certificata, per garantire che il risk management sia condotto secondo le regole del gioco. Una terza area è il mondo della piccola azienda dove stiamo assistendo da qualche anno a una forte crescita dei consulenti di risk management, che lo fanno in outsourcing e anche in questo ambito la certificazione potrebbero essere molto interessante, in quanto una garanzia per le aziende assistite».

In ogni caso, conclude De Felice: «la formazione è sempre indispensabile soprattutto nel mondo del risk management. Mettere in discussione le proprie conoscenze per stare dietro ai cambiamenti è fondamentale: siamo passati negli ultimi trent’anni da una gestione assicurativa a una gestione dei rischi assicurabili, da una dell’enterprise risk management a quella che è la nuova tendenza di governance risk and compliance. Che equivale a un’abitudine all’agire in trasparenza dell’azienda nei confronti non solo degli azionisti, ma anche di clienti, fornitori e socialità in generale con un chiaro sistema di controllo interno, di deleghe nella gestione, in compliance a norme e regolamenti e valutando i rischi connessi al perseguimento degli obiettivi. Oggi questa è la tendenza più affermata dell’evoluzione del ruolo: il codice di autodisciplina delle società quotate richiede un’implementazione chiara. Abbiamo come primo interlocutore il Cda e il Top management aziendale e la capacità richiesta al risk manager è di conoscere perfettamente i sistemi di creazione del valore aggiunto aziendale e di essere in grado di percepire i segnali in maniera da fornire una reportistica che possa essere strategica nel processo decisionale dell’azienda. Uno strumento che contribuisca a dare luogo a un processo decisionale consapevole da parte del board e dei manager».














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