VTP: Venezia si puo’ rilanciare solo con l’innovazione

di Laura Magna ♦ La società che gestisce il terminal passeggeri in Laguna sta investendo pesantemente in It e in nuovi modelli di business. Il rilancio parte coi nuovi azionisti (tra cui Save) e il nuovo dg.

Doge, un sistema completamente elettronico e motorizzato per il carico e lo scarico dei bagagli. Laguna, una cabina semovente per il controllo di sicurezza di bagagli e persone. MBT, ovvero Multipurpose Boarding Tower, una torre per accogliere passeggeri in discesa o in salita sulle navi attraverso l’avveniristico SBB, lo Ship Boarding Bridge, costruito per navi da crociera di nuova generazione. Sono gli strumenti innovativi di cui è dotato il terminal dell’homeport di Venezia: li ha progettati e costruiti Venezia Terminal Passeggeri, ex braccio operativo dell’Autorità Portuale locale, che gestisce dieci terminal multifunzionali, un deposito per provviste di bordo, sei parcheggi e sette banchine nelle aree di Marittima, San Basilio e Riva dei Sette Martiri. VTP ha cambiato volto alla logistica portuale , grazie ai servizi di alta qualità che offre a tutte le navi (crociere, aliscafi, catamarani) che approdano presso lo scalo lagunare. Questo è l’atout che cala Galliano Di Marco, da luglio nuovo direttore generale di un’azienda in corso di trasformazione.







vtp6
Una delle banchine nell’area del terminal passeggeri

Venezia e VTP

Un cambiamento che avviene a 19 anni dalla fondazione del gruppo. Diciannove anni in cui VTP ha contribuito in maniera rilevante alla costruzione del modello Venezia: un home port che è tra i più grandi del Mediterraneo, con i suoi 290mila metri quadri e le dieci banchine servite da altrettanti terminal. Diciannove anni in cui sono transitati attraverso il terminale lagunare 26,9 milioni di passeggeri (17 milioni in ambito crocieristico) e durante i quali VTP ha investito 70 milioni per migliorare l’efficienza, ridurre l’impatto ambientale e aumentare il comfort e la sicurezza dei viaggiatori. Oggi questa realtà vale mezzo miliardo di euro. «Una cifra che da sola spiega perché l’area di Marittima e tutto ciò che la circonda sono patrimoni da preservare e valorizzare il più possibile», dice a Industria Italiana Di Marco.

Save tra gli azionisti

Di Marco è stato nominato non appena si è definita la nuova compagine azionaria: uscita di scena l’Autorità Portuale (che ha tenuto solo un 1% di garanzia), il gruppo è oggi controllato da APVS, con il 53% delle quote. La controllante è partecipata a maggioranza da Veneto Sviluppo, finanziaria della Regione, e per il 48% da Venezia Investimenti, cordata costituita da MSC Crociere, Costa Crociere, Royal Caribbean, Carnival e i turchi di Global Liman Isletmeleri, che dominano nella logistica del Mediterraneo. Gli altri soci rilevanti sono Finpax (22,18%, partecipata anche questa a maggioranza da Venezia Investimenti che l’ha acquisita da una cordata di agenti marittimi e operatori locali). E poi c’è il gestore dell’aeroporto Marco Polo, Save (22,18%), oltre alla Camera di Commercio di Venezia, Rovigo e del Delta Lagunare (2,64%).

Enrico Marchi
Enrico Marchi, Presidente e AD di Save

Il modello Venezia

L’idea che il porto di Venezia possa essere considerato un modello potrà sorprendere, dal momento che sono più conosciute le polemiche intorno all’inquinamento e all’opportunità di farvi accedere navi di grande stazza. Entrambi, come spiegheremo più avanti, sono miti, secondo il pensiero del nostro interlocutore. Prima vogliamo capire di più su cosa si basa questo modello. «Sostanzialmente – spiega Di Marco – si basa sul concetto dello sdoppiamento di passeggero e di tutto ciò che è merce, dal bagaglio alle provviste per la cambusa. La soluzione è stata completamente ingegnerizzata in-house, dalla nostra controllata VTP Engineering, che ha dato la spinta propulsiva creando le strutture tecnologiche innovative e sviluppando i brevetti di cui aveva bisogno la Marittima. Innovazioni di questo tipo sono il MBT e lo SBB.

vtp2
Marittima: il sistema combinato MBT/SBB

Vediamo di cosa si tratta: il terminal è dotato di un finger di collegamento tra nave e terra: una passerella, SBB, che fa arrivare il passeggero direttamente al terminal, senza che transiti sulla banchina, e lo deposita in una torre, la MBT. Nel frattempo, parallelamente, le merci percorrono un tunnel che le porta in nave o al terminal. Si tratta di un sistema che ha solo Venezia: il passeggero viene movimentato in quota e il resto in banchina».

Una soluzione logistica apprezzata, visto che molti porti hanno chiesto a VTP di contribuire alla ristrutturazione dei loro terminali: a Catania, Cagliari, Ravenna, Brindisi è stata creata una società di gestione dei terminal a cui VTP partecipa. «Il nostro valore aggiunto? Sta nella qualità del servizio, nel livello di sicurezza, nell’esportabilità delle tecnologie. Senza andare troppo lontano, sono stato appena chiamato da due importanti porti stranieri per partecipare alla gara per un nuovo terminale. – afferma Di Marco – Nell’Est Adriatico abbiamo una grande opportunità di sviluppo. E nel futuro remoto, queste soluzioni potranno essere estese anche agli aeroporti». Per questo sviluppo allargato al movimento aereo la presenza di Save tra gli azionisti potrebbe essere un valore aggiunto.

A Venezia le grandi navi devono tornare in banchina

Il modello del porto passeggeri di Venezia dunque funziona e viene esportato, non solo in Italia. Ma ancora c’è da fare. «Tra i motivi per cui sono stato scelto per guidare l’azienda – continua Di Marco – c’è sicuramente la volontà di supportare l’individuazione della migliore soluzione per il ritorno a Venezia delle navi sopra le 96mila tonnellate. Si stanno valutando diverse alternative in questo senso». O meglio tutte quelle che contemperino le esigenze di tutti i portatori di interessi, eccetto quella che prevede l’attracco off-shore. « L’attracco in mare aperto per le navi da crociera comporterebbe un declassamento del porto che immagino nessuno auspichi ,- chiosa il dg – sono opzioni che non sembrano essere in grado di rispondere alle esigenze del mercato e degli armatori ».

La tesi di Di Marco è motivata da parecchie ragioni: la principale è che l’home port è creatore di valore, ed è un patrimonio per la città. «In un home port – continua Di Marco – la nave viene sottoposta alle opportune manutenzioni e viene rifornita di tutto il necessario per passeggeri ed equipaggio per l’intero viaggio. In questo modo si attiva una economia di fornitura di centinaia di milioni di euro all’anno che coinvolge imprese sparse in tutto l’hinterland veneziano e oltre. Un declassamento a semplice porto di transito farebbe scendere drasticamente i livelli occupazionali per il venir meno di funzioni fondamentali per un porto di imbarco e sbarco, e farebbe perdere alla città di Venezia l’indotto legato all’attracco delle navi, esponendola unicamente alla pressione turistica dei visitatori».

Venice 2.0, un progetto da bocciare

Il riferimento di Di Marco è al progetto di Venice 2.0, presentato dal gruppo genovese Duferco, progetto che prevede la costruzione di un nuovo terminal alternativo per le grandi navi da crociera nei pressi di Punta Sabbioni, davanti all’isolotto artificiale creato per il Mose. L’idea era stata già stato bocciata dal Comune nel 2015, ed è poi passata al vaglio del Ministero dell’Ambiente. La questione dell’opportunità di fare attraccare in Laguna le grandi navi, quelle superiori a 96mila tonnellate di stazza, è antica e di difficile soluzione. Di Marco prova a sgombrare il campo quelli che secondo lui sono i “falsi miti” che girano intorno a questa faccenda. «Lo scalo della  Marittima – sostiene – ha qualità del servizio e sicurezza massima. Non c’è porto per crociere al mondo più sicuro di questo.

vtp7
Venezia: Il terminal VTP a Marittima

Il progetto Venice 2.0 crea invece una commistione tra passeggeri e merci che va evitata (per motivi principalmente di sicurezza, non di costo) e per questo trova scarso appoggio non solo tra a livello locale, ma anche tra i 42 armatori che al momento approdano a Venezia. Le compagnie ritengono che l’attracco debba avvenire in terraferma .- incalza Di Marco – Se la scelta si ponesse tra Marghera o l’offshore opterei per la prima opzione (vedi su questo progetto l’ intervista a Pierpaolo Baretta su Industria Italiana). Certo, è da studiare con Ministero delle Infrastrutture, Autorità portuale, Regione e Comune quale sia la soluzione meno impattante e accettabile dal punto di vista ambientale. Di certo all’interno della Marittima si possono sviluppare ancillary business, con enorme beneficio per il Comune e la città. L’idea nostra è di fare di questo porto un centro di attrazione veneziano, non solo il luogo di passaggio di passeggeri e merci».

Falsi miti legati alla Marittima

L’aspetto ambientale è un elemento topico, ma secondo Di Marco, è ammantato di retorica e falsi miti da smascherare. «Il Decreto Clini-Passera del 2012 per limitare il traffico delle grandi navi in Laguna – dice – è stata impugnato davanti al Tar e il Tar ci ha dato ragione. L’industria ha comunque deciso di auto-limitarsi, ponendo la soglia a 96mila tonnellate, il che in termini di passeggeri fa una grande differenza: i passeggeri passano da 4mila a 2mila per ogni nave. Questa limitazione ha avuto ovviamente degli effetti sul traffico: nel 2013 era arrivato a 1,8 milioni passeggeri, nel 2016 chiuderà a 1,5 milioni e nel 2017 scenderà a 1,4 milioni. Abbiamo perso 400mila passeggeri, pari a circa 4,5 milioni di fatturato. Non è calato il numero di navi in ingresso ma la dimensione ».

vtp3
Navi da crociera in transito a Venezia

E l’ambiente? Paradossalmente, secondo Di Marco, ne ha risentito negativamente : « Dal punto di vista ambientale e di sicurezza è preferibile la nave grande. Quattromila passeggeri su una nave sola sono meglio che divisi su due navi. Inoltre le navi grandi entrano con due rimorchiatori e con il doppio pilota del porto in appoggio al comandante e al suo equipaggio, muovendo meno acqua di un motoscafo. E poi Venezia è una città dove il traffico auto è sostituito da quello per mare, è inevitabile che l’inquinamento venga dal traffico marittimo nel suo complesso. L’unico punto che non mi sento di discutere – conclude Di Marco – è la sensibilità personale sulla bellezza delle navi, che per alcuni disturbano l’architettura generale della città e per altri no. Di sicuro, le navi da crociera disturbano meno delle navi merci».

Attenzione per l’ambiente

A proposito di salvaguardia ambientale, bisogna ricordare che Venezia è uno dei pochissimi posti dove è stato firmato, nel 2007, un accordo volontario per la riduzione dell’inquinamento. Si chiama Venice Blue Flag, e vi hanno aderito, oltre a VTP, Autorità Portuale, Capitaneria di Porto, Comune di Venezia, e le compagnie crocieristiche che fanno scalo al terminal di Marittima. L’accordo impone ai firmatari di utilizzare, quando si entra in Laguna, carburante a basso contenuto di zolfo, meno dello 0,1%,: «la normativa europea che prevede per i porti italiani una percentuale di zolfo inferiore allo 0,5% andrà a regime nel 2020, – precisa Di Marco – noi lo facciamo già da dieci anni. Senza considerare che in generale le navi da crociera che transitano nelle acque di Venezia sono di nuovissima generazione e quindi, per definizione, a basso impatto ambientale». Insomma, per Di Marco, l’home port di Venezia è un modello anche in termini di conservazione e salvaguardia ambientale , oltre che di sviluppo.














Articolo precedenteGoverno italiano e Industry 4.0 : quello che funziona e non del piano Calenda
Articolo successivoNon c’è Piano Industry 4.0 che tenga senza politica industriale






3 Commenti

  1. […] Degli almeno dieci milioni di turisti che ogni anno "invadono" Venezia, un 10-15% arriverebbe dalle mega-navi. Tuttavia, il trend è in netto calo, secondo l'ultimo Italian Cruise Watch 2016 presentato lo scorso settembre leggi qui. Lo studio piazza la Serenissima al quarto posto tra i maggiori porti italiani con 1,6 milioni di passeggeri movimentati a fine anno. Il rapporto prevede, inoltre, un ulteriore calo nel 2017, quando Venezia registrerà il traffico più basso degli ultimi 9 anni. Un crollo confermato anche da Galliano di Marco, direttore generale di Venezia Terminal Passeggeri, ex braccio operativo dell’Autorità Portuale locale, che gestisce dieci terminal multifunzionali, un deposito per provviste di bordo, sei parcheggi e sette banchine nelle aree di Marittima, San Basilio e Riva dei Sette Martiri. Per approfondire leggi qui  […]

  2. […] Degli almeno dieci milioni di turisti che ogni anno "invadono" Venezia, un 10-15% arriverebbe dalle mega-navi. Tuttavia, il trend è in netto calo, secondo l'ultimo Italian Cruise Watch 2016 presentato lo scorso settembre leggi qui. Lo studio piazza la Serenissima al quarto posto tra i maggiori porti italiani con 1,6 milioni di passeggeri movimentati a fine anno. Il rapporto prevede, inoltre, un ulteriore calo nel 2017, quando Venezia registrerà il traffico più basso degli ultimi 9 anni. Un crollo confermato anche da Galliano di Marco, direttore generale di Venezia Terminal Passeggeri, ex braccio operativo dell’Autorità Portuale locale, che gestisce dieci terminal multifunzionali, un deposito per provviste di bordo, sei parcheggi e sette banchine nelle aree di Marittima, San Basilio e Riva dei Sette Martiri. Per approfondire leggi qui  […]

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui