Tassa sui robot? Tutti sono contrari, ma il problema sollevato da Bill Gates è reale

di Luigi Dell’Olio ♦ Industria italiana ha interpellato Confindustria, Sindacati e i protagonisti dell’automazione (Kuka, Fanuc, Comau). Tutti – tranne Carmelo Barbagallo della Uil – sono contrari e ritengono impropria  la tassa. Ma il tema occupazionale esiste eccome

Il dibattito mondiale è stato aperto da Bill Gates, che in una intervista al giornale americano Quartz  ha suggerito: tassiamo i robot come se fossero operai umani, in questo modo otterremo da loro le risorse necessarie per pagare il welfare e i servizi di pubblica utilità. Anche perché, nel mondo, potrebbero venirsi a creare decine di milioni di disoccupati. Del resto, secondo uno studio di McKinsey, il 45% degli impieghi attualmente svolti dalle persone potrebbe essere automatizzato a lungo termine.







La proposta del fondatore di Microsoft, ieri imprenditore di successo storico e planetario e oggi sostanzialmente filantropo a tempo pieno, trova sostegno solo tra gli estremisti di destra e sinistra, o tra alcuni leader di movimenti di protesta, come i 5 Stelle. Nei fatti non solo è inattuabile, ma avrebbe l’effetto di distruggere valore economico, nonché sociale. Tuttavia la proposta (provocazione) ha avuto un merito: attirare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale sul problema occupazionale che l’automazione potrebbe creare nelle fasi di passaggio. Un problema che è esclusivamente politico, non certo aziendale. Ma comunque un problema enorme. A tale proposito, Industria Italiana ha interpellato Confindustria, Sindacati e i protagonisti dell’automazione (Kuka, Fanuc, Comau). Tutti, come ci si poteva aspettare, dicono no. Ma le motivazione del no sono comunque di grande interesse.

Alberto Baban: soluzione che non ha possibilità di realizzazione

«Mi sembra palesemente una sciocchezza. Uno che ha costruito il suo successo sulle nuove tecnologie non può pensare di risolvere un problema enorme con una soluzione che non ha alcuna possibilità di realizzazione». Raggiunto da Industria Italiana, Alberto Baban, presidente della Piccola Industria di Confindustria non si risparmia, bocciando senza riserve la proposta avanzata da Bill Gates di tassare i robot che sostituiscono i lavoratori in carne e ossa. «Se però il fondatore di Microsoft lo ha fatto per creare un dibattito sul tema, la prospettiva cambia» avverte. «Infatti in queste settimane il tema è diventato di dominio comune ed è giusto che sia così. Nei prossimi mesi e anni vi sarà sempre più automazione nell’industria, il che offre possibilità, ma crea anche grandi sfide al mondo del lavoro. Occorre ideare soluzioni per chi perde il lavoro, andando al di là della boutade relativa alla tassa sui robot».

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Alberto Baban: occorre ideare soluzioni per chi perde il lavoro, andando al di là della boutade relativa alla tassa sui robot

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Alberto Baban
Alberto Baban, presidente della Piccola Industria di Confindustria

Il parere dei produttori: Kuka, Fanuc, Comau

Industria Italiana ha voluto sentire in primo luogo i produttori di robot per capire se si stanno preparando all’eventuale stretta, e nessuno sembra prendere in considerazione l’eventualità. «Quella di Gates non può che essere che una provocazione», commenta Alberto Pellero, strategy & marketing manager di Kuka. «Altrimenti vorrebbe dire tassare l’innovazione tecnologica». Il manager ricorda che oggi i robot permettono di assolvere in maniera automatizzata a mansioni usuranti o pericolose (si pensi solo per menzionare un esempio al settore fonderia, con temperature ambientali elevate e condizioni di lavoro estreme) e permettono peraltro di produrre oggetti di qualità superiore e con maggiore produttività. «Sarebbe come se avessimo tassato i software da ufficio, come fogli di calcolo o compilatori di testo elettronici, strumenti abituali di lavoro, ma che potevano far pensare ad una riduzione del personale addetto».

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Alberto Pellero (Kuka Robotics): quella di Gates non può che essere che una provocazione, altrimenti vorrebbe dire tassare l’innovazione tecnologica

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Alberto Pellero KUKA Roboter Italia SpA
Alberto Pellero, strategy & marketing manager di Kuka

Il problema della sostituzione al lavoro, con le macchine che prendono il posto dell’uomo, comunque è innegabile. Per Pellero, «la robotica e in generale l’automazione hanno creato alcune figure professionali prima inesistenti, come gli esperti in automazione, meccatronica, programmazione controlli numerici e così. Queste figure hanno attualmente programmi di studio sempre più frequenti nelle scuole tecniche secondare e nelle facoltà universitarie. Parallelamente esistono i conduttori delle isole robotizzate, che spesso sono le stesse persone che prima lavoravano sulle linee, e che adesso supervisionano il funzionamento delle stesse (a fronte di una aumentata produttività della linea stessa)».

Robot Kuka

Un pensiero a grandi linee condiviso da Marco Ghirardello, vice president di Fanuc per l’Europa e general manager per l’Italia. «Non sono i robot o l’automazione a ridurre i posti di lavoro», è la premessa. «Oggi si compete quotidianamente con realtà internazionali che hanno costi del lavoro o strutture produttive nettamente più competitive dell’Italia. In realtà i robot e l’automazione permettono alle nostre aziende di mantenere una competitività che altrimenti avrebbero già perso, obbligandole a chiudere oppure a delocalizzare. In questo contesto i robot sono strumenti essenziali per mantenere posti di lavoro».

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Marco Ghirardello (Fanuc ): i robot e l’automazione permettono alle nostre aziende di mantenere una competitività che altrimenti avrebbero già perso

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Marco Ghirardello - FRTR
Marco Ghirardello, vice president di Fanuc per l’Europa e general manager per l’Italia

Per altro Ghirardello sottolinea i benefici della robot-economy sulle scelte strategiche delle aziende. «Molte realtà hanno potuto mantenere la produzione in Italia, e non essere costrette a delocalizzare con conseguente impatto sull’occupazione. Inoltre si è creato un tessuto di aziende specializzate in automazione che hanno un ingegno creativo che non ha pari».

Robot Fanuc

Maurizio Cremonini, Comau marketing director, ritiene che la proposta di Bill Gates non sia utile a far crescere l’economia globale e cita alcuni numeri in merito. «In Germania il rapporto nelle fabbriche è in media di 300 robot ogni 10.000 impiegati, in Italia di 200, in Cina solo di 60. Come dimostrano questi numeri, siamo ben lontani dallo scenario negativo disegnato da Gates», sottolinea. «In realtà, abbiamo solo ridotto – e in alcuni casi siamo addirittura riusciti ad eliminare – le mansioni più disagevoli, pesanti, ripetitive e pericolose, che per lungo tempo sono state in carico agli operatori».

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Maurizio Cremonini (Comau): abbiamo   ridotto  le mansioni più disagevoli, pesanti, ripetitive e pericolose, che per lungo tempo sono state in carico agli operatori

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Il robot collaborativo Aura Comau

Cisl contraria alla tassa

Se la posizione di chi fa business con i robot può apparire scontata, per quanto le argomentazioni proposte siano articolate, la proposta Gates non scalda nemmeno gli animi sindacali. Giuseppe Farina, segretario confederale della Cisl vede due difetti nel ragionamento dell’imprenditore americano: «In Italia abbiamo l’urgenza di accelerare i processi di innovazione, mentre la tassa sui robot produrrebbe l’effetto opposto. Siamo sulla buona strada con gli incentivi del Governo per l’industria 4.0 e sarebbe davvero un peccato tornare indietro». La seconda critica riguarda la destinazione dei fondi raccolti con la tassa, vale a dire il sostegno al reddito di chi perde il lavoro o addirittura non riesce proprio a entrare in questo mondo. «Occorre pensare a misure per aiutare i giovani a lavorare, non per assisterli», replica.

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Giuseppe Farina (Cisl):In Italia abbiamo l’urgenza di accelerare i processi di innovazione, mentre la tassa sui robot produrrebbe l’effetto opposto

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Operai e robot al lavoro nello stabilimento ABB, Dalmine (BG); Courtesy ABB

Forti riserve vengono espresse anche da Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano: «Bisogna riconoscere un merito a Bill Gates: aver risollevato la questione e alimentato un dibattito mondiale su un tema che è cruciale per il futuro dell’economia». Entrando nell’ambito della discussione, invece, boccia la proposta, «in primo luogo perché si configura come una tassa sull’innovazione, che rischierebbe di frenare lo sviluppo, mentre la quarta rivoluzione industriale offre grandi opportunità e non si può disincentivare a priori». In secondo luogo perché «secondo i principi dell’economia liberista, il soggetto pubblico dovrebbe intervenire su un fattore economico nel momento in cui si evidenziasse un disequilibrio o un esito socialmente iniquo, non a priori e senza evidenze specifiche».

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Giovanni Miragliotta (Politecnico Milano): si configura come una tassa sull’innovazione, che rischierebbe di frenarne lo sviluppo, mentre la Quarta rivoluzione industriale offre grandi opportunità

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Ad ogni modo, il problema esiste. «L’affermarsi dell’automazione e dell’Intelligenza Artificiale mettono a rischio in particolare professioni con mansioni ripetitive, sia dal punto di vista manuale che cognitivo, che in diversi casi saranno sostituite da soluzioni immateriali (software e programmi) o materiali (robot o altri dispositivi intelligenti)», sottolinea Miragliotta. Per far fronte a questa emergenza, propone di agire con «la chiave fiscale» definendo «una corretta tassazione degli operatori (high tech e non) che trarranno i maggiori benefici dall’innovazione perché avvenga la giusta redistribuzione alla comunità».

Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil

Carmelo Barbagallo (Uil):  una forma di tassazione ci vuole

Per Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil, è il caso di  approfondire la questione avanzata dalla proposta Gates. «L’industria 4.0 può rappresentare un’eccezionale opportunità di crescita, ma può anche determinare una significativa riduzione della tradizionale forza lavoro», sottolinea. «Il conseguente calo occupazionale va gestito con adeguati strumenti e con cospicue risorse, per evitare ripercussioni sociali così devastanti da inficiare i vantaggi che possono essere generati dalla digitalizzazione e dalla robotizzazione dei processi produttivi».

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Carmelo Barbagallo (UIL): se grazie ai robot si produrrà ricchezza aggiuntiva, è opportuno studiare una forma di tassazione che consenta di redistribuire parte di quella ricchezza a beneficio di chi ha dovuto cedere il passo all’avanzata tecnologica

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Serviranno, dunque, formazione e ammortizzatori. «Se grazie ai robot si produrrà ricchezza aggiuntiva, è opportuno studiare una forma di tassazione che consenta di redistribuire parte di quella ricchezza a beneficio di chi ha dovuto cedere il passo all’avanzata tecnologica. Quelle risorse andranno indirizzate verso il sostegno al reddito o verso la riqualificazione professionale finalizzata alla creazione di nuovi lavori». In sostanza, «è giusto che la rivoluzione industriale favorisca il sistema industriale ed economico, la crescita e lo sviluppo, ma sarebbe ingiusto e controproducente se ciò avvenisse a costo di sacrifici sociali irreparabili».

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Robot ABB; Courtesy ABB

 D’accordo Hamon, candidato presidenziali francesi

Eppure non manca qualche voce in favore della proposta Gates. Nelle scorse settimane il Parlamento europeo ha votato una risoluzione che invita la Commissione europea a stabilire delle regole su varie questioni che riguardano i robot, (vedi Industria Italiana) tra cui quelle relative alla responsabilità civile in caso di incidenti. Sempre su questo tema, però, è stata bocciata la proposta di inserire in una risoluzione l’obbligo per le aziende che scelgono di automatizzare la propria produzione di pagare dei corsi di formazione per i lavoratori che perdono il posto. Ad avanzarla era stata l’europarlamentare lussemburghese Mady Delvaux, del gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici. Il candidato socialista alle prossime elezioni presidenziali francesi, Benoit Hamon, vede con favore la tassa sui robot per finanziare il reddito di cittadinanza.














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2 Commenti

  1. Nei prossimi 50 anni i robot e l’intelligenza artificiale cancelleranno milioni di posti di lavoro. Gli unici posti di lavoro ben remunerati saranno quelli di manager, ingegneri, artisti e sportivi. Le persone normali si arrangeranno con piccolo arrigianato ed economia di sussistenza.
    Necessariamente si arrivera’ ad un UBI (universal basic income) e a mio avviso dovra’ essere basato su una redistribuzione ai residenti di un terrotorio in cambio di vendere e/o produrre sullo stesso territorio. Una sorta di “modello Alaska” insomma, ma che valga non solo per il petrolio ma per tutte le risorse di un paese (Incluso gli stessi spazi, le infrastrutture, le concessioni) che verranno messe a disposizione delle aziende.

    • Grazie. Apprezziamo molto il suo intervento che concorda in linea di massima con quanto scritto dal ns. Direttore, Filippo Astone, nell’articolo pubblicato questa mattina sull’argomento.

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