Segnali di cambiamento: il manifatturiero scatta in avanti

Frecce strategiche

di Marco de’ Francesco ♦ La produzione industriale segna + 6,6 su base annua a dicembre. In un Paese fanalino di coda nell’Unione con stime di crescita PIL al 0,9 per cento quest’anno, è un indicatore di controtendenza. Un buon viatico per il percorso verso Industry 4.0 ? L’analisi e l’interpretazione  di Paolo Gubitta

Non c’è alternativa alla digitalizzazione della produzione. La quarta rivoluzione industriale in altri Paesi è già una realtà galoppante. Da noi, com’è noto, non tutte le fabbriche sono diventate intelligenti, e le strategie hi-tech si riscontrano sul territorio solo a macchia di leopardo. Di mezzo c’è la piena attuazione del pacchetto Calenda Industria 4.0. E una nuova fase di politica industriale del Paese, che comporti anche la semplificazione della burocrazia. Nell’attesa che la macchina sia perfezionata, piccole luci si scorgono all’orizzonte.







Manifatturiero + 6,6%

L’inattesa crescita della produzione, quel balzo di dicembre (su base annua) del 6,6%, fa riflettere. Numeri pubblicati giorni fa dall’ Istituto Nazionale di Statistica (Istat), ai quali Industria Italiana ha dato rilievo, con cifre che potrebbero avere un impatto sul prodotto interno lordo del Paese. Anche perché nella media del 2016 la produzione è cresciuta dell’1,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, dice l’Istituto nazionale di statistica. L’ Istat sottolinea che «in termini tendenziali gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano una marcata variazione positiva nel comparto dell’energia (+11,9%); aumenti significativi segnano anche i beni intermedi (+7,8%) e i beni strumentali (+7,3%) mentre un aumento più contenuto registrano i beni di consumo (+2,3%)». Dunque, cosa sta accadendo?

Paolo Gubitta, docente di Organizzazione aziendale all’Università di Padova

Più beni strumentali, più crescita

«Naturalmente – afferma Paolo Gubitta, docente di Organizzazione aziendale all’Università di Padova – i numeri sono troppo “freschi” per un’analisi puntuale. Tuttavia, non è impossibile ipotizzare contingenze di scenario. Quanto al comparto dell’energia, il dato può essere legato a questioni di stagionalità. È senz’altro interessante, ma l’attenzione dovrebbe, a mio avviso, concentrarsi sulla crescita dei beni strumentali, oggetto di un rialzo considerevole, che può essere valutato alla luce di due diversi punti di vista».

Automazione di Abb
L’ aumento della domanda di beni strumentali segnale di crescita

«Anzitutto, quando avanza la domanda di beni strumentali, significa che si intravede la crescita, che c’è fiducia nel medio-termine. E poi il dato può riferirsi ad una presa di coscienza, da parte degli industriali, della necessità di ammodernare i processi produttivi. Ciò, naturalmente, per quella parte di domanda che dipende dal mercato domestico. La crisi, cioè, ha spazzato via le imprese marginali; quelle rimaste hanno compreso che non è possibile rimanere sul mercato senza ottimizzare la produzione. E ciò si realizza, nel contesto manifatturiero, con l’adozione di tecnologie abilitanti, di sistemi avanzati. In genere, si parla di benefici attesi dalla piena realizzazione di Industry 4.0: maggiori flessibilità, velocità, produttività, qualità e competitività. È anche vero che, nel nuovo contesto, chi non si rinnova è finito».

Come valutare l’incremento dell’export

E per la parte di domanda proveniente dall’estero? «È comunque una buona notizia – continua Gubitta –, ed è anzi una conferma: significa che le nostre imprese, quelle che producono beni strumentali intendo, sono molto competitive». Quanto ai beni di consumo, però, il rialzo è più limitato. «Certo – afferma il docente – perché quel dato è legato alla capacità di spesa delle famiglie, che è molto limitata. Com’è noto, le aziende che funzionano sono quelle che esportano. Il Paese, invece, non sta crescendo. Le famiglie non sono più ricche; anzi, per una certa percentuale, sono in difficoltà».

Luci e ombre dei comparti

In alcuni settori, poi, si registrano dei cali: industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-4,1%); fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-0,6%). «Il tessile, l’abbigliamento – continua Gubitta – sono in diminuzione da anni. Si pensi, ad esempio, che in Europa ci sono solo cinque aziende che producono per Denim. È evidente che, in alcuni comparti, la produzione si è spostata al di fuori dell’Unione, perché qui non c’è più spazio per tutte le attività».

Linea di montaggio della Maserati Ghibli
Positivo il dato Istat relativo alla fabbricazione dei mezzi di trasporto. Nella foto stabilimento Maserati a Grugliasco.

Bene, invece, la fabbricazione dei mezzi di trasporto (+12,2%), con risultati brillanti per FCA (volumi a quota 136,6, fatto 100 il risultato del 2010). «Quanto alle automobili realizzate per l’estero – afferma il docente – è un bene che l’azienda abbia mantenuto la produzione in Italia. Una bella fortuna. Quanto alla domanda italiana, mi viene da dire che dopo tanti anni in cui gli italiani hanno resistito alla tentazione di comprare un nuovo mezzo, è arrivato il momento in cui non si può più attendere. Se non altro per questioni di sicurezza. In pratica, è in corso una sostituzione delle automobili, appunto perché non si può più fare altrimenti».

Industria 4.0, una strada obbligata

Quale lezione dobbiamo apprendere dagli eventi in corso? «Che in quasi tutti i settori l’Industria 4.0 è un obiettivo imprescindibile per le imprese, grandi e piccole. Gradualmente, la rivoluzione in corso, orientata alla creazione di processi di valore, si è imposta come necessità. Non è una scelta, ma un fatto di sopravvivenza. Si tratta di un passaggio complicato, anche in termini sociali. Non è e non sarà indolore ma sarà inevitabile. Un discorso più approfondito andrebbe fatto su alcuni comparti, come quello del biotech e del farmaceutico, nei quali il trasferimento tecnologico, in vista di un incremento del valore intrinseco del prodotto, conta di più della digitalizzazione dei processi. Ma sono settori particolari».














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2 Commenti

  1. Naturalmente è una buona notizia, anche se l’andamento del manifatturiero non equivale, di per sé, al trend complessivo del sistema. Comunque bene! e speriamo che tutti si convincano di una ovvia verità: la change fondamentale che ha l’Italia per rimanere nel novero delle economie importanti, è appunto il manifatturiero. Un manifatturiero capace di incorporare innovazione, sapere, creatività…, ma il manifatturiero; il “saper fare”!

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