di Paolo Del Forno ♦ Al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano è andato in scena il primo atto di un’impresa di conoscenza per portare alla ribalta la Meccatronica. Con Diego Andreis, scienziati, scrittori, studenti, filosofi
Non chiamatelo evento. Certo, si è tenuto in un teatro, ed è stato uno spettacolo. Ma L’importanza di chiamarsi Meccatronici – andato in scena a Milano al Piccolo Teatro Studio Melato lunedì 27 marzo scorso su un’idea di Assolombarda Confindustria Milano, Monza e Brianza – è soprattutto il primo atto di una profonda e vasta impresa di conoscenza voluta da Assolombarda con in testa il Gruppo Meccatronici, guidato dal suo presidente Diego Andreis.
Dalla Metalmeccanica alla Meccatronica
Un’impresa rivolta all’Italia attorno al cambiamento in atto in un settore produttivo, la Metalmeccanica 4.0, ovvero la Meccatronica (parola sconosciuta ai più). I cui processi e prodotti entrano quotidianamente nelle vite di tutti noi, interpellando, anche se non ce ne accorgiamo, il rapporto tra l’uomo e la tecnologia nell’era della trasformazione digitale. Trasformazione che come ha dimostrato al termine della serata Diego Andreis – mettendo in relazione il robot collaborativo Yumi® di ABB con la piccola Alice, attraverso un manufatto uscito da una stampante 3D – produce valore, ma soprattutto “valori”, come bellezza, inclusione, responsabilità, coinvolgimento.
#ItaliaMeccatronica
Il progetto di conoscenza si chiama #ItaliaMeccatronica. E al Piccolo Teatro Studio Melato si è presentato al Paese con i suoi intenti, che richiedono, per utilizzare le parole del professor Stefano Moriggi – Storico e filosofo della Scienza – di «Non usare la categoria del buonsenso quando affrontiamo il discorso della tecnologia». Attraverso parole, suoni, colori, gesti, performance interattive tra robot e uomo la complessità e i caratteri della Meccatronica sono andati in scena e hanno svelato i suoi quattro motori ‘interconnessi’: l’impresa, l’ecosistema di relazioni intangibili (l’universo meccatronico), l’ingegno, l’uomo.
La fabbrica Meccatronica
L’impresa che non è più quella sporca e alienante che l’immaginario collettivo identifica con la fabbrica è stata raccontata da Andreis che riprendendo Oscar Wilde ha indicato il futuro del produrre dicendo che «la Meccatronica ci dice che sì la fabbrica deve produrre profitto, ma è anche il luogo dove la linea della forza si interseca alla linea della bellezza… Un luogo dove il mondo aumentato è realtà quotidiana per consegnarci un futuro emozionante».
L’ingegno al centro
Un futuro che il passato ha costruito come hanno raccontata gli attori Lucia Marinsalta e Pasquale di Filippo, i quali, attingendo alle parole preveggenti di scrittori dello scorso secolo come José Saramago e Primo Levi, hanno portato il pubblico a ragionare sulle origini del lavoro porta di ingresso dell’ universo meccatronico, perlustrato poi da Stefano Moriggi. Per il quale «da sempre l’uomo è chiamato a gestire le svolte culturali». L’ingegno dunque al centro e soprattutto l’ingegno meccatronico che è da un lato ritmo e movimento vissuto nella fabbrica da sempre e svelato al Piccolo dalle danzatrici Anna Basti e Chiara Toniutti su coerografie di Mauro Bigonzetti e dall’altro dall’agire della ricerca, che Paolo Ariano – fisico e neuroscienziato dell’Istituto italiano di Tecnologia – ha fatto sperimentare al pubblico.
L’uomo meccatronico
Ma è dall’uomo meccatronico, l’uomo del futuro che sono giunte le parole più emozionanti: le parole di tre studenti attivi nella Fondazione ITS Lombardia Meccatronica. Giovani uomini e donne che hanno svelato come dalla pura osservazione della realtà circostante e dalla coincidenza fra il proprio desiderio e il sapere tecnologio abbiano scoperto la propria strada. La nostra strada. La fabbrica meccatronica.