Lamborghini: una fabbrica 4.0 per il primo SUV

MODELLO: Linea Corporate, Banner Finizione Aventador SV Roadster DATA GG/MM/AA: 21/07/2016 OCCASIONE - EVENTO: Re-layout aziendale 2016 INQUADRATURA: PARTICOLARI: COLORE: TIPO DI FOTOGRAFIA: NOME FOTOGRAFO: Umberto Guizzardi LIBERATORIA: Tutti i diritti Automobili Lamborghini NOTE: Agenzia: JWT ha fatto la post produzione N. TELAIO: SOGGETTO:

di Laura Magna ♦ Urus, il nuovo modello della casa automobilistica ora di Audi-Volkswagen, uscirà da un impianto  “digital mass production” e avrà anche un motore ibrido. Ecco strategie, approcci produttivi e innovazioni della società guidata da Stefano Domenicali

Un SUV sportivo,  sul mercato a metà 2018, prodotto in una fabbrica 4.0 costruita ad hoc. Una fabbrica in cui sarà a regime, a partire dal prossimo dicembre, un sistema di “avvitatura intelligente elaborato da Bosch”. C’è questo nel prossimo futuro di Lamborghini, storica azienda con 1500 dipendenti e un fatturato che nel 2016 per la prima ha volta ha superato i 900 milioni; è cresciuto del 4% in volume anno su anno e del 7% in termini di auto vendute: 3.457, per un costo medio a vettura superiore ai 200 mila euro.







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Hùracan, il modello Lamborghini più venduto

Huracán e Aventador per un mercato mondiale

L’auto blockbuster in termini di vendite oggi è il modello Huracán, con un totale di 2.353 esemplari tra Coupé e Spyder consegnati ai clienti nell’esercizio attuale (rispetto ai 2.242 del 2015). Il modello a dodici cilindri, consegnato in 1.003 unità nel 2015,  è passato a 1.104 unità nel 2016. Grazie a una rete commerciale di 135 concessionari in 50 Paesi, la distribuzione delle vendite è ben bilanciata nelle tre macro-regioni, ognuna delle quali rappresenta circa un terzo del mercato mondiale di Lamborghini. Quanto ai Paesi, con 1.041 unità vendute, gli USA si confermano come il primo mercato, seguiti da Giappone, UK, Germania, Canada, Medio Oriente e Cina. In Italia il gruppo ha consegnato nell’anno 73 vetture, ma punta a quota 100 per l’anno 2017.

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Stefano Domenicali, Chairmam e CEO Lamborghini

Domenicali, il CEO che viene da Maranello

Fin qui i numeri di quella che resta una impresa tutta italiana, nonostante sia stata acquisita nel 1998 da Audi-Volkswagen, una casa auto tedesca che però non ha mai messo in dubbio l’italianità della sua controllata, ma che  ha addirittura rafforzato il suo carattere nazionale  otto la guida del Chairman e CEO Stefano Domenicali. Imolese di nascita, Domenicali è stato direttore della Gestione Sportiva della Ferrari dal 2008 all’inizio della stagione 2014, entrando a far parte di Audi nel novembre dello stesso anno. Nel febbraio 2016 viene nominato presidente e amministratore delegato di Lamborghini. Una vita dedicata ai motori, quella di Domenicali: a Sant’Agata Bolognese  ha rinnovato il museo su due piani dove i visitatori possono ammirare i modelli più famosi prodotti dalla Lamborghini, e ha avviato insieme ad altre aziende storiche ( tra cui Ferrari e Dallara ) una collaborazione con le Università di Bologna e Modena  per formare gli ingegneri meccanici di domani, coloro che costruiranno le auto sportive di lusso del futuro nel solco della tradizione e all’insegna della tecnologia più avanzata.

Lamborghini, da sempre nel cuore della terra dei motori

Il CEO non ha cambiato il modo di fare le Lambo: auto nella cui cifra c’è design, dinamismo, innovazione tecnologica, finiture pregiate e massima qualità. Ai due modelli attualmente in produzione a cui abbiamo accennato se ne aggiungerà un terzo che allargherà, e non di poco, il raggio di azione dell’azienda. Tutte continueranno a essere costruite a Sant’Agata Bolognese, nel cuore della terra del motori, là dove nella prima metà degli anni sessanta Ferruccio Lamborghini, già titolare di una fabbrica di trattori, decise di realizzare una nuova supersportiva di lusso, “la macchina perfetta” come dichiarò posando la prima pietra della sua fabbrica. Cosa che avvenne nel 1963: come logo scelse un toro, il suo segno zodiacale, simbolo di forza e potenza: una costante nella storia della Lamborghini.

La prima creatura di Ferruccio è la 350 GTV, un prototipo di granturismo dal motore V12 posto in posizione anteriore longitudinale. La successiva vettura di serie introdotta nel 1964, la 350 GT, prima Lamborghini della storia, è viene ridisegnata dalla Carrozzeria Touring per essere meno estrema; il motore, sempre un V12, si presenta addolcito (320 CV), e la realizzazione diventa la prima di una serie di che renderanno il marchio leggendario in tutto il mondo. Nel 1965 arriva la Miura, ed è un successo planetario: tutti la vogliono, Dean Martin, Frank Sinatra, Johnny Hallyday, lo Scià di Persia, il Principe Ranieri di Monaco, Little Tony, Rod Stewart e la modella Twiggy. Dal 1966 al 1972 ne vennero consegnati 763 esemplari in tutto il mondo, in tre differenti versioni e in ben 60 diversi colori. Nel 1982 la produzione si diversifica con la fabbricazione di un fuoristrada, la LM002 (Lamborghini Military), realizzato dal 1986 al 1993 e studiato particolarmente per esigenze specifiche di utilizzo sulle dune nei deserti.

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Il CEO Domenicali con l’ultima creazione, Urus

Il primo SUV della storia Lamborghini

«Urus, il SUV (Sport Utility Vehicle) sportivo, altro non è che l’evoluzione di questa visione che Ferruccio aveva già avuto con la sua LM002: un prodotto di eccellenza per clienti sportivi che non vogliono un oggetto estremo. Sarà  diverso da tutti gli alri SUV che si trovano sul mercato e ci consentirà di avvicinare un cliente che vuole andare a fare il week end, vuole spazio per la sacca da golf e avere i ragazzi sul sedile posteriore. Che vuole usare una Lamborghini nella vita di tutti i giorni. Ma Urus manterrà le caratteristiche di prestazione, performance, driveability, grip che sono quelle di una vera Lamborghini», dice a Industria Italiana Umberto Tossini, Direttore Risorse Umane e Organizzazione della società.

Tossini racconta come questa auto sarà prodotta nella sede storica di Sant’Agata Bolognese in una «fabbrica nuova, interamente 4.0, che raddoppia le operation. Passiamo da circa 80mila a 160mila metri quadrati, grazie a un lavoro fatto anche in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico. Centinaia di milioni di investimenti, stanziati dal 2010 al 2016, ci hanno consentito di programmare la costruzione di una nuova linea, un nuovo centro logistico, una pista di prova, nonché l’ampliamento dei reparti di ricerca e sviluppo. Altrettanto significativo sarà l’impatto in termini di risorse umane: 500 le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato previste (di cui oltre 320 già effettuate dall’inizio del progetto).

Automobili+Lamborghini+-+exterior
Lo stabilimento Lamborghini a Sant’Agata Bolognese

La produzione del nuovo modello a Sant’Agata Bolognese

«In quanto società di Audi Volkswagen -precisa Tossini- avevamo opzioni molto più accattivanti per condurre queste operation altrove nel mondo, ma abbiamo ragionato su come farle rimanere in Italia, approfittando di una serie di leve attivate anche a livello regionale che ci facessero arrivare a un livello di maturità della proposta di efficacia in termini di costi, tempi, qualità e produttività». Per stimolare la produttività l’azienda ha chiuso un contratto sindacale ad hoc, nella convinzione che il modo in cui va affrontata la questione del lavoro in una fabbrica che opera per il mercato del lusso vada profondamente cambiato.

«Il tema vero è che un nostro dipendente non opera in un tempo ciclo di un minuto come capita soprattutto nella fabbriche che fanno manufacturing, e in particolare in quelle per le quali l’ambito è il  mass market», continua Tossini. «Un nostro operatore lavora in un tempo ciclo di 35-40 minuti in cui svolge una serie di mansioni semplici che portano a un risultato complesso: ha dalla sua la tecnologia come fattore abilitante e il lavoro in team come crescita di competenze e di scambio, cose che ci consentono di avere livelli di qualità che devono essere paragonabili a quelli del mass marketing. Non produciamo milioni di vetture, ne facciamo 3500, in una linea in cui il mio operatore che torna dopo due settimane di vacanza deve essere in grado di ricordare i suoi compiti ed eseguirli con la perfezione consueta».

Umberto Tossini, Direttore Risorse Umane e Organizzazione della Lamborghini

Nel 2019 il SUV sarà anche ibrido

Il nuovo SUV, il cui nome deriva – come vuole la tradizione Lambo – da un toro, l’uro, considerato il progenitore di tutte le razze bovine a oggi esistenti, un animale dal temperamento aggressivo e dalla taglia imponente, sarà prodotto in 3500 esemplari, giusto per portare a compimento l’ambizioso programma di vendere circa 7.000 Lamborghini all’anno. Raddoppiando e poi triplicando il giro di affari attuale. Oltre al motore V8 biturbo, l’Urus potrà montare in futuro (2019) anche un powertrain ibrido, altra novità assoluta per Lamborghini. In vendita dal secondo trimestre del prossimo anno in Europa, costerà circa 200.000 euro. Secondo l’azienda, la nuova vettura avrà le potenzialità per attirare non solo gli attuali clienti Lamborghini, ma anche i possessori di SUV di altre marche. La distribuzione dei volumi sarà ben bilanciata tra le tre principali regioni EMEA (Europa e Medio Oriente), America e Asia Pacifico, mentre i principali mercati di riferimento saranno rappresentati da Stati Uniti, Cina, Medio Oriente, Gran Bretagna, Germania e Russia. In termini di volumi, ci si aspetta dunque almeno un raddoppio. Fin qui i prodotti, ma cosa possiamo dire sulla fabbrica  da cui escono?

La fabbrica Lamborghini

Con la massima attenzione alle risorse umane, dentro lo stabilimento vigono i principi della “lean production” e della gestione della qualità sviluppati per i produttori di grandi serie. La linea da dove escono 17,5 Lambo ogni giorno, 12 Huracan e 5,5 Aventador, che sono più complesse perché più artigianali, sembra più una clinica con operatori in camice che un’officina. «Con il “Lamborghini Production System” la Casa di Sant’Agata ha ripreso gli aspetti fondamentali del concetto “artigianale”, adattandoli alla produzione in piccola serie di automobili altamente esclusive e realizzando uno degli impianti di produzione più moderni del mondo, attraverso una combinazione di massima professionalità, impiantistica di alta precisione tecnologica e addetti fortemente qualificati e motivati. » racconta Tossini.

Aventador S line (14)
Linea d imontaggio Aventador

Sulla linea di montaggio

La produzione di una Lamborghini Aventador S avviene in 11 stazioni operative, dove team di addetti specializzati esegue le varie operazioni di assemblaggio nel rispetto di tempi ciclo di 80 minuti. La linea Huracán si articola invece in 25 stazioni, il cui tempo ciclo di completamento delle operazioni di assemblaggio per stazione si riduce a 35 minuti. L’ utilizzo di sistemi modernissimi assicura che anche le lavorazioni più complesse vengano svolte sempre con il medesimo livello di perfezione. I componenti richiesti per ogni step di lavoro e tipo di vettura vengono resi disponibili nell’ordine giusto su appositi carrelli.

Un sistema touchscreen descrive le singole operazioni da eseguire di volta in volta, visualizza le informazioni specifiche della vettura in lavorazione, fornisce le rispettive checklist e ne memorizza l’adempimento. Anche gli attrezzi sono progettati per garantire l’assenza di errori e la massima precisione di lavoro. Le avvitatrici elettriche, per esempio, permettono di essere impiegate solo rispettando l’ordine prestabilito per gli utensili e per interventi specifici; inoltre sono programmate per erogare la giusta coppia dinamometrica per ogni vite e memorizzano le operazioni più importanti.

Linea d imontaggio Aventador

“Lamborghini Lean Laboratory”

Al centro degli impianti di assemblaggio è situato il “Lamborghini Lean Laboratory“, deputato a registrare e perfezionare continuamente le singole fasi operative del sistema di produzione Lamborghini, oltre a svolgere attività di training degli addetti. La linea di assemblaggio motori dell’Aventador S è strutturata in 6 stazioni operative, dove viene realizzato l’assemblaggio completamente manuale dei propulsori. Ognuno dei 5,5 motori prodotti ogni giorno assolve 100 minuti di collaudo funzionale al banco prova. Ma non è tutto: uscendo dalla produzione, l’intero veicolo passa al banco di collaudo per compiere la messa in esercizio e il controllo funzionale dei suoi sistemi nel corso di un’ora circa.

Aventador+S
Aventador su strada

Il collaudo su strada

Successivamente ogni vettura è affidata a un collaudatore per assolvere una verifica meticolosa durante 80 chilometri di test drive su strada. Nel reparto di selleria vengono prodotti, secondo le richieste specifiche dei clienti, i sedili e gli interni dell’Aventador S. Già le prime fasi di lavorazione esigono una grande esperienza nell’utilizzo dei materiali di rivestimento, in particolare la pelle.  Anche se provenienti dai migliori produttori dell’Europa, le pelli vengono sottoposte una volta di più a controlli minuziosi per rilevare l’eventuale presenza di imperfezioni che sfuggirebbero a un occhio inesperto.

Innovazione dal 1983 con la fibra di carbonio

L’innovazione la fa da padrona in fabbrica, fin dalle origini. Una strategia di Lamborghini è quella di ricorrere in modo massiccio a materiali leggeri in fibra di carbonio, presupposto fondamentale per l’estremo dinamismo delle sue supersportive. Un percorso con i materiali compositi cominciato nel 1983, quando fu avviato il primo reparto compositi grazie all’arrivo da Seattle delle conoscenze sviluppate sui primi componenti in fibra di carbonio e kevlar del Boeing 767. Da allora non c’è stato un solo modello della Lamborghini che non abbia visto in misura più o meno estesa l’impiego della fibra di carbonio. Nel 1983 nasce il primo prototipo di telaio in carbonio, il primo in assoluto per una vettura stradale, quello della Lamborghini Countach Evoluzione.

Il 2007 segna una svolta importante nella storia dei compositi in Lamborghini: si crea un primo nucleo di quello che sarebbe poi diventato il laboratorio di Lamborghini all’interno della Università di Washington (UW). Ad esso vengono delegati alcuni aspetti fondamentali di sviluppo per la tecnologia out-of-autoclave in RTM, che sarebbe poi stata la base della monoscocca della futura Aventador. Nell’ottobre 2009 viene ufficialmente inaugurato il laboratorio ACSL (Advanced Composite Structures Laboratory) all’interno dell’Università statunitense: dal gennaio 2014 l’ACSL è uscito dal mondo accademico per concentrarsi esclusivamente sull’applicazione della ricerca precedentemente sviluppata.

Il focus è dunque stato trasferito dallo stadio di ricerca allo stadio di sviluppo. Ora l’ACSL si concentra sullo sviluppo di nuovi concetti di telaio e carrozzeria, sugli sviluppi di nuove applicazioni per il Forged (la tecnologia che usa i compositi in fibra di carbonio ndr.), anche per componenti di meccanica calda, e sullo sviluppo di processi automatizzati di stampaggio e di finitura. Inoltre il laboratorio lavora anche allo sviluppo di partnership con aziende leader in vari settori, sia negli Stati Uniti sia in Giappone.

Aventador+S+line+(8)
Linea di montaggio Aventador

L’assistenza al cliente: Lamborghini “flying doctors”.

Un aspetto particolare dell’Assistenza clienti di Lamborghini nel campo dei componenti in fibra di carbonio è costituito dai cosiddetti “flying doctors”. Grazie a un piccolo team di tecnici specializzati e appositamente selezionati e formati, una Aventador S danneggiata può ricevere la migliore assistenza possibile. Questi “flying doctors” supportano le officine autorizzate Lamborghini direttamente in loco valutando il danno e, successivamente, intraprendono loro stessi il lavoro di riparazione sulla struttura in fibra di carbonio. La promessa di Lamborghini è quella di garantire che la qualità della parte riparata sia identica al 100% a quella della parte originale.

Ora la fabbrica 4.0

Ma nella nuova fabbrica Lamborghini le novità non si limitano alla gamma prodotta, ma investono il modo di produzione. Tutto è in trasformazione. E, alla fine di quest’anno, sarà a regime un progetto sul quale la casa madre vuole mantenere ancora il riserbo, ovvero l’avvitatura intelligente, realizzato con Bosch. «Nel nostro progetto di industria 4.0 c’è lo sviluppo del concetto della innovazione industriale fatta a mano, che passa per sostenibilità, qualità e flessibilità e prevede produzione modulare, personalizzazione ed ecologia. L’avvitatura intelligente è un esempio di come la people strategy aiuti la trasformazione digitale», afferma Tossini.

«Prevediamo certificazione, tracciabilità, totale automazione delle lavorazioni critiche e anche capacità dell’operatore di essere aiutato. Nel quadro dell’applicazione di tutti i progetti industria 4.0, tutto questo crea un risultato di qualità anche per la vita dell’operatore che fa un lavoro specializzato che lo soddisfa. Da lui possono anche nascere idee poi utilizzate nella produzione, perché non è detto che le idee partano solo dall’alto. Non solo gli ingegneri possono trasformare il processo. Noi abbiamo una metodologia consolidata legata a un sistema di incentivazione delle idee che partono dalla base: una commissione le valuta e nel più breve tempo possibile cerca di processare e implementare quelle valide. Lo scopo principale dell’impegno è far vedere a chi ha generato l’idea la sua realizzazione: questo coinvolgimento nasce ben prima di industria 4.0, ma con industria 4.0 trova la sua  contestualizzazione più adeguata .»

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Per l’operatore –prosegue Tossini- significa anche progredire. Non si tratta di fare la giornata di formazione ma di fare in modo che le metodologie di gestione del team aiutino le persone a sentirsi più motivate e competenti e on track su un’idea di crescita che dà un senso professionale ma anche umano del lavoro portato a termine. Questo coinvolgimento  crea senso di appartenenza e orgoglio .»

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Il reparto selleria

Digitalizzazione e ITC

 Digitalizzazione e ITC nello stabilimento di Sant’Agata Bolognese sono un tutt’uno. «Si lavora a stretto contatto perché si cerca di lavorare in maniera interfunzionale, attraverso la lettura dei bisogni che è sempre trasversale e integrata.- dice Tossini – si porta valore aggiunto attraverso interconnessione e tracciabilità. A quanto ammonti questo valore aggiunto dipende poi dal modo in cui lo si misura. Sono cose che consentono di liberare spazio. Ed è vero che oggi ogni investimento si vuole sempre moltiplicato per cento e con una resa immediata. Ma la vera creazione di valore si ha solo nel medio periodo. Se io non parto da cose semplici che funzionano e non le applico su una scala più ampia su tutta la filiera del mio valore non riuscirò mai a ottenere questi risultati.»

Si tratta di un modo di lavorare che crea ridondanza e che a sua volta crea creatività, altrimenti saremmo sempre chiusi nel tunnel. -dice Tossini -. Questo è il vero senso di questa rivoluzione ed è il punto su cui possiamo vincere anche la sfida con i Paesi emergenti dove i fattori della produzione, vale a dire costi, tempi e disponibilità, sono diversi da quelli abituali per noi, che viviamo in mondo regolamentato e maturo e vogliamo offrire una certa qualità della vita alle persone».

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Il CEO Stefano Domenicali nello stabilimento di Sant’ Agata Bolognese

La valorizzazione delle risorse umane

Che vuol dire risorse umane nell’epoca del 4.0? «Le risorse umane sono un fattore abilitante della strategia: tutte le volte che affrontiamo un discorso di strategia di business oggi siamo in grado di dare un valore aggiunto che va ben oltre la semplice distribuzione delle risorse che si faceva all’origine. Oggi abbiamo voltato completamente pagina: ci occupiamo di fare in modo che le persone lavorino bene insieme, portino il massimo del loro contributo, si sentano coinvolte e motivate e che si sentano parte della storia di un’azienda, una storia che possano raccontare. Il tema è questo: il senso individuale e collettivo che si ritrovano insieme nel percorso delle persone».

La prossima sfida, dopo la Urus? Anche auto diverse da quello che si aspetta da una Lambo. Lo ha dichiarato di recente lo stesso Domenicali: «L’Aventador resterà perché è un’auto iconica. Stiamo ragionando invece sulla futura Huracan per il 2020/2024. E dobbiamo anche capire che genere di motore adottare perché i limiti di emissioni sono sempre più stringenti. Abbiamo anche lanciato una collaborazione con università internazionali per capire le caratteristiche delle supersportive del terzo millennio».














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