La road map di IMA verso la produzione 4.0

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di Filippo Astone e Marco de’ Francesco ♦ L’azienda guidata da Alberto Vacchi sta attuando la transizione verso la smart manufacturing. Si lavora su IoT e digitalizzazione della supply chain. Una sfida importante è l’integrazione digitale dell’elevato numero di fornitori, ai quali vengono delegati importanti segmenti di produzione.

 Il 4.0 declinato in tre interventi strategici per il Gruppo IMA, (Industria Macchine Automatiche) un leader mondiale nella progettazione e produzione di macchine automatiche per il processo e il confezionamento di prodotti farmaceutici, cosmetici, alimentari, tè e caffè. Il contesto è quello di una importante realtà manifatturiera; le aree di intervento riguardano l’IoT, la digitalizzazione della supply chain e quella dei processi interni. Si tratta di sviluppare il dialogo digitale tra l’azienda, le macchine e le cose; ma anche tra l’impresa e i fornitori e, nel medio periodo, i clienti e gli stessi dipendenti. Un salto nel mondo della quarta rivoluzione industriale che il gruppo di Ozzano dell’Emilia (Bologna) sta realizzando partendo da IMA Digital, una struttura appositamente creata per presidiare le tecnologie più avanzate e per applicare le logiche informatiche a rapporti già in corso. L’azienda ha compreso che solo così si avanza nei mercati e si conquista spazio nella filiera.

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Alberto Vacchi,Presidente IMA S.p.A

Il Gruppo IMA

Il Gruppo IMA, 1,3 miliardi di fatturato, 5.100 dipendenti, 38 siti produttivi (Italia, Germania, Francia, Svizzera, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti, India, Malesia, Cina, Argentina) e 80 Paesi coperti dalla rete di vendita, è ampiamente internazionalizzato, con una quota export pari all’86%. Il 2016 ha fatto registrare un considerevole (+ 21%) aumento del margine operativo lordo, ora a quota 179,2 milioni; e dell’utile di esercizio (+ 30,3%), che ha raggiunto i 101,4 milioni. In realtà, tutte le cifre del bilancio sono in crescita.







IMA S.p.A. è quotata alla Borsa di Milano dal 1995. Nel mondo del packaging (che in Emilia Romagna ha una tradizione storica) e della meccanica in generale è considerata un riferimento importantissimo. Alberto Vacchi, di recente, è stato protagonista delle cronache economiche per la sua candidatura alla presidenza di Confindustria, che non ha raggiunto per pochissimi voti.

Il Gruppo è titolare di oltre 1.400 tra brevetti e domande di brevetto attivi nel mondo e ha lanciato numerosi nuovi modelli di macchine negli ultimi anni. Sono oltre 500 i progettisti impegnati nell’innovazione di prodotto. Secondo il Gruppo, la posizione di leadership è il risultato di investimenti significativi in Ricerca e Sviluppo. Si tratta di capire a che punto è in fatto di digitalizzazione. Chi ne sa di più è Pier Luigi Vanti, dal 2015 digital manager e chief technology officer.
Industria Italiana lo ha incontrato nel corso di una manifestazione e gli ha fatto alcune domande.

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Pier Luigi Vanti, digital manager e chief technology officer IMA Group

Le aree d’intervento 4.0: IoT

«Per noi Industria 4.0 significa sostanzialmente agire in tre macroaree – afferma Vanti – IOT, digitalizzazione della nostra supply chain e quella dei processi interni. Quanto alla prima, stiamo lavorando su due sottocategorie: una riguarda la capacità dei nostri impianti di comunicare. Fino a poco tempo fa non erano in grado di farlo; erano complessi, ma stand-alone. Ora, a poco a poco, stanno acquisendo la capacità di dialogare tra di loro, di comunicare remotamente con control-room e con robot collaborativi che aiuteranno gli operatori nelle attività che richiedono minori qualifiche e competenze.»

«L’altra – prosegue Vanti – riguarda la digitalizzazione degli operatori che lavorano sulla macchina: sia gli addetti all’intervento tecnico interno, sia quelli dei clienti che utilizzano le macchine Ima day by day per le loro produzioni. Operatori che verranno dotati di strumenti più semplici da utilizzare, per interfacciarsi con gli impianti, che gli consentiranno di accedere alle informazioni in maniera molto chiara e veloce. Personale che potrà accedere all’e-learning e a training da remoto. E questa è un’area sulla quale Ima sta investendo energie sviluppando progetti ad hoc.»

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IMA Group: macchina chiuditrice per confezionamento cosmetici
Supply chain

« Quanto alla seconda macroarea,- dice Vanti – noi siamo un’azienda che fa territorio, che integra centinaia di supplier. È la nostra forza, la collaborazione a network di una catena di fornitura di servizi assai diversificati (progettazione, software, e altro). In un certo senso, il territorio, in un raggio di 70, 100 chilometri, somministra alla capo-filiera IMA le prestazioni di cui ha bisogno.»

Processi interni

«Quanto alla terza,- conclude Vanti – l’azienda deve essere digitalizzata anche nelle sue funzioni indirette: servizi al personale, di vigilanza, di comunicazione (app, smartphone, tablet per i dipendenti, per accedere a informazioni aziendali: dal cartaceo alla mobilità; si stanno valutando anche le tecnologie wearable, come gli smart-glasses; ndr). Certo, la seconda e la terza area possono apparire, d’acchito e dal di fuori, di minor pregio rispetto alla prima; in realtà rappresentano una importante leva per la crescita del Gruppo. Infatti, c’è di mezzo un’importante questione di fidelizzazione dei propri clienti, fornitori e partner».

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IMA Group: prodotti delle macchine per la linea Packaging and Automation

Focus sulla manutenzione : preventiva piuttosto che predittiva

Il Gruppo, come si diceva, assembla macchine nelle divisioni Pharma (macchine automatiche per il processo e il confezionamento dei prodotti farmaceutici), Diary & Food (sia macchine singole che linee complete), Packaging and Automation (per il confezionamento di tè, tisane, caffè, bevande e confectionery, e per il processo e il confezionamento di cosmetici e toiletries), e Ilapack (per l’imballaggio). Un tema di particolare rilievo è quello della manutenzione. «Quella predittiva è all’orizzonte – afferma Vanti – ma non è il primo obiettivo in tema. Anzitutto, infatti, puntiamo all’efficienza e la qualità in questo genere di attività.»

«Il secondo traguardo- prosegue Vanti – è invece la manutenzione programmata. L’azienda si sta impegnando a elaborare tecnologie in grado di valutare gli stati di usura e di consumo delle componenti dei suoi impianti attraverso processi di comunicazione e networking a bordo macchina (con alert diretti all’operatore o alla control-room) partendo dal presupposto che un fermo improvviso della produzione provoca danni per milioni di euro.»

«Riuscire a pianificare – spiega il digital manager di IMA Group – con 15 o 30 giorni di anticipo un intervento di manutenzione grazie alla circostanza che l’impianto ha fatto sapere ai destinatari del messaggio che certi meccanismi si stanno usurando è una assoluta priorità e costituisce, per noi, una forma di manutenzione preventiva piuttosto che predittiva. Quest’ultima – e cioè la capacità, sulla scorta di trend storici e di accadimenti di varia natura, di pronosticare un malfunzionamento – è un tema di software quanto a piattaforma ma anche di competenze, perché gli eventi oggetto di interesse devono essere filtrati, escludendo i cosiddetti “falsi positivi”».

Un mercato che si allarga

I sensori applicati alle macchine consentono di tenerle sotto controllo e di conseguire migliori performance, di cui il cliente si avvantaggia. È possibile immaginare il riconoscimento di una fee dal cliente sulla scorta di ciò? «Sì – continua Vanti –ma non nell’immediato, perché attualmente il costo di queste garanzie non è stato stimato, in termini commerciali. C’è tuttavia la richiesta di diversi clienti; sta a noi accettarla o meno».

C’è poi da considerare un altro argomento. In che misura i produttori di macchine, come IMA, si stanno trasformando in erogatori di servizi? Si vende la macchina per il packaging o il servizio packaging grazie alla macchina? «È un trend – afferma ancora – ma non è detto che sia inesorabile. È un’opportunità. Si pensi a ciò che è accaduto in passato nel mondo dell’IT: in passato le aziende acquistavano le stampanti; poi, alcune hanno comprato i servizi di stampa pay-per-use, altre hanno continuato come prima. A mio parere, il fornitore deve essere in grado di offrire entrambe le cose. D’altra parte, ci saranno sempre i clienti che preferiranno acquistare, ritenendo troppo costosa l’altra modalità; e ci saranno altri clienti che invece vorranno delegare la responsabilità della produttività delle macchine al fornitore. La verità è che c’è spazio per entrambi i mercati».

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IMA Group: astucciatrice verticale

L’organizzazione aziendale decisiva per i processi core

I processi core (amministrazione, controllo di gestione,magazzino; e altro) di IMA sono gestiti grazie a strumenti SAP (colosso dei gestionali da 22 miliardi di euro di fatturato, oltre 84mila dipendenti in più di 130 paesi, 345mila clienti in 180 paesi e più di 15mila società partner in tutto il globo), «che però non utilizziamo – precisa Vanti – per i processi relativi all’interazione con i clienti né per la progettazione». Ma in realtà si può passare al 4.0 partendo da una piattaforma E.R.P. (Enterprise resource planning)? «Ora SAP per esempio è dotata di strumenti molto avanzati, sia per la raccolta che per l’analisi dei dati. Naturalmente, anche SAP ha dei competitor agguerriti. Ma per il passaggio in discussione, l’elemento più importante è quello dell’organizzazione aziendale e del know-how».

Il ruolo del CEO 4.0

Oggi il Ceo è una figura centrale nel processo di digitalizzazione e in generale nel percorso diretto al 4.0. Quali difficoltà incontra? «Anzitutto l’interazione con le strutture tecniche. Ci sono ostacoli in termini di linguaggio. Per lungo tempo, infatti, il management e questi apparati hanno vissuto come compartimenti stagni, senza contaminazione; e in tutte le aziende che conosco il Ceo non è mai stato responsabile dello sviluppo e dell’innovazione del software on board agli impianti. Peraltro, si riscontrano anche difficoltà di tipo amministrativo.- precisa Vanti – Il fatto è che IMA è un’azienda che porta avanti un business distinto in divisioni; l’AD deve pertanto mettere in relazione strutture per nulla avvezze al dialogo. D’altra parte, un processo 4.0 non può essere sviluppato in modalità parcellizzata, da questa o quella unità. Infine, oggi il Ceo deve fare scouting di soluzioni e di partner, attività tutt’altro che semplice: il ventaglio è molto ampio e diversificato».

Big Data: per ora niente cloud

Parliamo di Big Data. Come è stata affrontata la questione? «Per il momento non è stato un tema prioritario – afferma Vanti -; la tipologia che trattiamo è quella dei Big Data locali. Per esempio, la raccolta dei dati dei sensori applicati agli impianti non va portata su cloud. Non ci abbiamo mai pensato, del resto. Che senso avrebbe portare su cloud i 15mila campionamenti di un accelerometro? Questi tipi di big data servono per studiare algoritmi, per valutare situazioni diagnostiche critiche. Sul cloud, invece, finiscono dati preanalizzati, prefiltrati o degli alert. Parliamo di giga, ovviamente, ma l’inoltro per ora non comporta un problema tecnologico, né credo che lo possa diventare. L’analisi, invece, rappresenta una sfida: dobbiamo utilizzare dei paradigmi diversi rispetto al passato. Occorre una cultura differente, per esaminare i dati provenienti dagli impianti industriali».

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IMA Digital

A proposito di IMA Digital, la struttura appositamente creata per presidiare le tecnologie più avanzate e per applicare le logiche informatiche a rapporti già in corso, il presidente e Ceo Alberto Vacchi ha di recente affermato che «l’uso degli strumenti della società dell’informazione sta nel nostro DNA fin dalle prime applicazioni al mondo della meccanica, ma oggi viene richiesto un passo in più, e noi ci stiamo organizzando per farlo al meglio e concretamente. Siamo molto attenti anche ai punti di forza e alle debolezze che l’Industria 4.0 nella piena applicazione potrebbe evidenziare. Abbiamo avviato un dibattito costruttivo con il mondo del lavoro per comprendere al meglio le forze in gioco nella “cosiddetta” quarta rivoluzione industriale». Sempre per Vacchi «l’innovazione digitale è prioritaria per l’aumento della competitività del Gruppo».

La Road Map per 4.0

Tornando a Vanti, a suo giudizio «l’enfasi che è stata data di recente al 4.0 ha svegliato delle energie dormienti. Comunque sia, IMA continuerà a crescere, così com’è cresciuta negli ultimi cinque anni. Il fatturato si porterà a quota 1,4 miliardi nel 2017; e a quota 1,5 l’anno prossimo. Si arriverà a 2 miliardi di euro nel 2020». Ma in sintesi, IMA a che punto è con il 4.0? «Non è facile dare una risposta che contempli una quantificazione da zero a cento – termina Vanti -. Partiamo da un dato di fatto: l’alta digitalizzazione e il considerevole contenuto tecnologico degli impianti IMA, ricchissimi di automazione e di software. A mio avviso, un punto di forza del Gruppo, nonché il frutto di investimenti notevoli. E poi è stato fatto un grande lavoro sul SAP (il gestionale, intende; ndr. ) e su l’ERP “tradizionali”, sulla business intelligence, sul dataware housing, sulla struttura dei processi CRM (customer relationship management, e cioè gestione delle relazioni con i clienti; ndr). In queste cose siamo all’avanguardia. Ma rispetto alla Road Map di cui abbiamo parlato prima, siamo al 20%. C’è parecchio da fare».














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