Kpmg e Microsoft: oggi è con la gestione dei dati che si crea valore economico. Ecco perché il ruolo del Cio è cruciale

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di Marco dè Francesco ♦ I dati sono il nuovo petrolio e l’azienda di domani (ma forse di oggi) è data driven. Questa è una delle ragioni che rendono cruciale il ruolo del Cio. Inoltre, il mondo 4.0 vede la convergenza di Ict e automazione. Se ne è discusso in un convegno, durante il quale Kpmg ha presentato una ricerca che è l’ultima parola sul tema.

Forse il nuovo CIO (chief information officer), quello emergente dalla trasformazione in corso, sarà come lo immagina Gaetano Correnti, che è appunto partner KPMG head of Cio Advisory. Un mediatore, tra l’IT interno e l’ecosistema esterno. E ciò perché «sta cambiando il mondo del lavoro, ed occorre un nuovo equilibrio tra la velocità esterna e quella interna dell’IT». Per capire, però, bisogna fare un passo indietro nel ragionamento di Correnti, che prende spunto dalla ricerca “Harvey Nash/KPMG CIO Survey 2017”, vasto sondaggio in materia giunto alla 19esima edizione: sono stati sentiti 4.500 CIO e technology executives di 86 paesi.

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La sede KPMG a Londra. La società è attiva in 159 paesi nel mondo

Correnti: la leadership del direttore informatico è a un punto di svolta

Una analisi che è stata condivisa nel corso del CIO Executive MeetingIl nuovo ecosistema della digital company”, che si è tenuto nella sede del Gruppo 24 Ore. L’approfondimento con la discussione è centrato sul ruolo di leadership del direttore informatico. Siamo, secondo Correnti, a un punto di svolta. «Il 64% degli intervistati riconosce che il contesto politico, economico e di business sta diventando sempre più imprevedibile. Per esempio, il 52% sostiene che occorre creare piattaforma tecnologiche più flessibili e agili; il 49% ammette di lavorare con budget ridotti rispetto al passato; il 45% sta investendo in cyber-security e il 34% in automazione; e così via». È un quadro in movimento. Anche perché la trasformazione digitale ha poco a che vedere con precedenti rivoluzioni industriali.







Il 27% della “disruption” è dovuto a innovazioni digitali nella fornitura di prodotti e servizi; perciò il 35% delle organizzazioni ha sviluppato strategie digitali. E non è la sola trasformazione, sta cambiando tutto: il comportamento del cliente e il livello di integrazione e di connettività, per esempio;il tutto in un contesto in cui si procede verso la massificazione della tecnologia. «Così l’IT, da supporto tecnico,- dice Correnti – si fa ponte tra business e tecnologia. In pratica, la funzione IT, come parte strategica e integrata del business, governa la discontinuità della Digital Trasformation».

In questo contesto, in cui, come si è detto, cambia il mondo del lavoro, il manager responsabile della funzione aziendale tecnologie dell’informazione e della comunicazione «è chiamato a facilitare i nuovi meccanismi relazionali. D’altra parte sono necessari nuovi meccanismi di governance, nuove competenze e un mindset aperto per affrontare il cambiamento».

Il tema è molto delicato. Per molte aziende italiane (che purtroppo sono in larga parte medio-piccole), il Cio è quello che “aggiusta i computer” e poco più. Questa percezione deve cambiare.

Gaetano Correnti, partner KPMG head of Cio Advisory

Baban: il valore aggiunto è una prerogativa di chi fa il mercato, non di chi fa il prodotto

Per Alberto Baban – vice presidente di Confindustria e presidente della Piccola Industria. «Il 4.0 significa interagire con un mercato che cresce a dismisura. Il tema è come si catturano i nuovi clienti, perché se hai un’azienda che fattura 5 milioni in un mercato che ne vale 500, la verità è che sei alla guida di un’azienda che potenzialmente quei 500 milioni li vale, ed è un problema tuo se non riesci ad espanderti». Secondo Baban, infatti, siamo in un periodo in cui la disintermediazione ha avuto la meglio. E cita il caso di Amazon, che è riuscita a trarre il massimo profitto dai cambiamenti che hanno investito il consumatore. Scompare il retail, si acquista grazie al web.»

«La filiera si è accorciata, o è stata azzerata.- dice Baban- E quando i millennial inizieranno ad acquistare, il cambiamento sarà ancora più profondo. D’altra parte, già oggi il valore aggiunto è una prerogativa di chi fa il mercato, non di chi fa il prodotto. Si assiste pertanto alla virtualizzazione del valore aggiunto. E ciò comporta qualche problema, perché il protagonista della nuova realtà economica, svincolato da precisi contesti produttivi, si sceglierà una residenza di comodo; è tutti sanno che l’Italia non è il paese più conveniente, da questo punto di vista».

Moioli: i dati, sistema intrinsecamente produttivo di valore.

Sempre riguardo a valutazioni di contesto, per Fabio Moioli, Direttore Divisione Enterprise Services di Microsoft Italia, «molte grandi aziende non sono più inserite nella classifica Fortune 500, perché sono state sostituite da altre che utilizzano i dati in modo nuovo. Il ricambio accelera. D’altra parte dal 2011 è iniziata la crescita delle cosiddette Unicorn, e cioè startup che partendo da zero raggiungono una valutazione superiore al miliardo di dollari. Queste aziende si stanno moltiplicando velocemente. Prendiamo in considerazione Uber, che vale quattro volte Unicredit; la questione non è quella della competizione con i tassisti, ma quella del modo in cui gestisce i dati, sistema intrinsecamente produttivo di valore. »

 

Ma cosa contraddistingue l’azienda di successo? «Secondo Harvard, -dice Moioli- la prima è l’alta capacità di generare profitto, la seconda è l’utilizzo dei dati, 40 volte maggiore rispetto alla media della concorrenza. La spesa, peraltro, non è così rilevante; il fatto è che queste aziende vincenti spendono in tecnologie potenzialmente in grado di utilizzare i dati. Con i dati il salto quantico si ha quando si trasforma l’azienda e si cambia il modo di stare sul mercato.E’ fondamentale che ci sia un nuovo approccio organizzativo per analizzare i dati. Si passa dal manager al leader; ma non bisogna sottovalutare l’aspetto tecnologico. È necessario utilizzare degli strumenti di collaborazione evoluti, in cloud, che permettano alle persone interne ed esterne di lavorare in un nuovo modo, e che consentano l’interazione tra le professionalità. Solo così si può “mettere a terra” la grande opportunità di utilizzare i dati con profitto».

Fabio Moioli, Direttore Divisione Enterprise Services di Microsoft Italia

Sempre secondo Moioli «l’utilizzo dei dati consente di estrarre valore da diversi asset competitivi; di certo consente di ottimizzare i costi, di migliorare la qualità del prodotto, e soprattutto di creare delle piattaforme di fiducia, di reputazione. La maggioranza delle Unicorn, del resto, segue questo modello di business. La verità è che quando un’azienda tradizionale che fa prodotti affronta un’impresa che sa utilizzare i dati, la prima non esiste più. Ma come vanno utilizzate le informazioni? Un’azienda, anzitutto, può utilizzare la tecnologia dei dati per trasformare i prodotti in servizi e in valore aggiunto; è un’operazione che il cloud rende possibile. Inoltre l’impresa può utilizzare in modo più efficace tutti gli asset produttivi. E cambia il modo di lavorare delle persone. E infine i dati consentono di modificare l’interazione con i clienti».

Tra i tanti interventi, quello di Stefano Rutigliano, head of strategy Automobili Lamborghini. Si è parlato di “Connected car”, e cioè di un’auto che condivide l’accesso a internet con dispositivi interni ed esterni al veicolo. L’auto è in genere dotata di tecnologie speciali che forniscono vantaggi al conducente. «Si tratta – ha affermato Rutigliano – di fornire servizi di connettività e infotainment, ma anche funzioni specifiche». La trasformazione in atto riguarda «il marketing, l’R&D e l’IT, con le sue infrastrutture». Ma la trasformazione in corso sta comportando un ricambio generazionale tra i CIO? Secondo Correnti, no. «È un mondo chiuso, caratterizzato da una circolarità ridotta. In questo momento, la tendenza al cambiamento è interpretata dai CIO “storici”, che presidiano l’evoluzione in atto».

 














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