Industria: il passaggio generazionale è uno dei temi più caldi

Gianfelice Rocca
Gianfelice Rocca

di Filippo Astone ♦ A Monza e Brianza (terza provincia manifatturiera d’Italia, sesta d’Europa) Assolombarda discute di come valorizzare le nuove generazioni in azienda. Tema complesso…

Da un lato ultrasettantenni che non mollano. In Italia il 23,6% delle grandi aziende e il 22,6% tra le Pmi sono imprese familiari guidate da un over settanta (dati Osservatorio Aub 2015,2e Istat). E dall’altro, una non sufficiente vocazione imprenditoriale tra i più giovani. Il Risultato? Lo scrive l’Istat: in Italia si è profilata “la tendenza alla diminuzione dell’intensità industriale con organizzazioni più complesse di dimensioni medie”, preferendo i giovani italiani la singolarità ovvero la microimpresa.







Queste dimensioni non potevano essere trascurate dalla più grande territoriale confindustriale d’Italia (5.759 imprese per 320.550 dipendenti), Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, che attorno al passaggio generazionale – ma ancor meglio come recita il titolo dell’incontro tenutosi nei giorni scorsi a Palazzo reale di Monza attorno a “Nuove generazioni in impresa: un patto generazionale” – ha voluto incentrare la prima assemblea generale del Presidio di Monza e Brianza dopo la aggregazione di un anno fa tra Confindustria Monza e Brianza e Assolombarda. Un’assemblea e un tema che danno il la a una serie di servizi di supporto al passaggio generazionale che Assolombarda Confindustria Milano, Monza e Brianza offrirà ai suoi associati.

Parlare di passaggio generazionale proprio a Monza ha motivazioni molto forti. Monza e Brianza è riuscita a diventare la prima provincia manifatturiera d’Italia e la sesta d’Europa grazie a un modello sociale-culturale-economico unico, che si potrebbe riassumere in tre parole: famiglia, territorio macchine. A Monza e Brianza il manifatturiero genera direttamente il 27,4% del pil, contro la media italiana del 15%, il 25% della Germania e il 20% auspicato dall’Unione europea per tutta l’eurozona. Certo, ci sono province italiane in cui questa percentuale è ancora più elevata (Vicenza col 33,1% e Bergamo col 27,9%) o si avvicina a quella brianzola (Brescia col 25,6%), ma Monza e Brianza ha anche altri primati che, messi insieme, ne fanno un caso unico in Italia. Come quello del massimo valore aggiunto per dipendente (la media è di 75mila euro, record italiano, superiore a Brescia, Varese e Bergamo, dove la media è di circa 60mila euro) e il fatto di avere un forte nucleo di imprese che con la crisi va addirittura meglio di prima (più fatturato e più utili nel periodo 2009-2013). Queste aziende – che chiameremo “resilienti alla crisi” nel 2007 generavano il 21,6% del fatturato totale della provincia, nel 2014 hanno dato, da sole, un contributo pari a circa 800 milioni di euro di fatturato aggiuntivo. Inoltre in Brianza, dal 2011 al 2014 gli occupati del settore manifatturiero sono cresciuti dell’8,1%, corrispondenti a 14 mila posti di lavoro in più. In Italia, invece, nello stesso periodo l’occupazione manifatturiera è calata dell’1%, lasciando a casa circa 319 mila persone.

Mobili di Elli Fratelli, una delle tipiche attività della Brianza
Mobili di Elli Fratelli, una delle tipiche attività della Brianza

Ma spendiamo ancora qualche riga per parlare del modello, e poi entreremo nel merito dell’incontro confindustriale.

FAMIGLIA. Il 95% delle aziende brianzole sono famigliari, moltissime da generazioni. Basti dire che, nonostante in Brianza ci siano centinaia di aziende, alcune delle quali con fatturati dell’ordine di grandezza di centinaia di milioni (Sol, Sapio, Rovagnati, Brugola, Fontana sono solo tre esempi) appena tre sono quotate in Borsa. Per queste aziende, essere famigliari signifca che guardare le cose con una prospettiva di medio-lungo termine, sempre. Le famiglie imprenditoriali, alcune delle quali esistono da centinaia di anni, hanno sempre investito nelle aziende di pertinenza, garantendone la sopravvivenza nel tempo e lo sviluppo.

TERRITORIO. Le aziende di Monza e Brianza, e i relativi imprenditori, sono molto attaccati al territorio di appartentenza. Non solo per ragioni di campanile, o di sentimento, ma perché in quel territorio vi è un sapere diffuso, un sapere che cresce attorno all’azienda e con l’azienda e ne rende possibile la prosperità. Moltissime aziende brianzole traggono alimento da una rete di clienti, collaboratori e soprattutto fornitori che, come loro, sono lì da decenni e costituiscono una sorta di grande azienda diffusa sul territorio stesso. Se queste aziende andassero altrove, semplicemente non potrebbero vivere. Non è un caso che a Monza e Brianza ci sia una delle percentuali di delocalizzazione più basse e insignificanti di tutta l’Italia.

MACCHINE. Nel territorio ci sono quattro distretti importanti (in primis la meccanica e la chimica, poi, in ordine di importanza, l’elettronica e il mobile) che sono come una grande fabbrica diffusa, che scambia competenze, forniture, macchinari, collaboratori. Ma la meccanica prevale nettamente su tutto. L’idea della Brianza legata al legno (che rappresenta meno del 10% del totale) è ormai superata da tempo. Monza e Brianza sono in larghissima maggioranza un territorio di meccanica ed elettronica (non è un caso che qui ci siano sedi di multinazionali come Philips ed St Microelectronics), che poi stanno sempre di più diventando la stessa cosa, ovvero la meccatronica.

Il territorio denzamente popolato della Brianza visto dai monti di Lecco
Il territorio denzamente popolato della Brianza visto dai monti di Lecco

Senza la famiglia l’impresa non va da nessuna parte. Ma la famiglia deve stare al passo.

Ciò che abbiamo raccontato fin qui dovrebbe rendere chiaro il motivo per cui il tema del passaggio generazionale sia particolarmente caldo in questa zona. Ma entriamo nel vivo degli argomenti che si sono discussi al convegno, e che poi rappresenteranno linee strategiche per l’associazionismo imprenditoriale a Milano e in Brianza. La nuova aggregazione – come ha ricordato Andrea Dell’Orto, vicepresidente vicario di Assolombarda con deleghe su manifatturiero e medie imprese, nonché presidente del Presidio di Monza e Brianza – “Costituisce un esempio di collaborazione avanzata e un’innovazione istituzionale di grande portata nel segno della Riforma Pesenti. Ma soprattutto essa è stata perseguita per affrontare le sfide che si pongono al nostro territorio, un motore dell’economia del Paese: basti pensare che nel raggio di 60 km intorno alla città di Milano viene prodotto il 25% del valore aggiunto dell’export italiano”. L’attività produttiva lombarda è cresciuta, nella media 2015, del +1,5%, la provincia di Monza e Brianza ha registrato un aumento pari al +2,5%. Nel 2015 l’export provinciale è cresciuto del +4,3% e negli ultimi sei anni le imprese monzesi hanno esportato il 26% in più, passando da 7,2 miliardi nel 2010 a 9,1 miliardi nel 2015.

Guardare al futuro

Ma guardare al futuro è una vocazione di questo territorio, che nelle industrie di famiglia ha la sua spina dorsale. E il futuro nel periodo gennaio-marzo 2016 si è presentato sì positivo ma non esaltante: la crescita della produzione manifatturiera lombarda si è affievolita: +0,1% rispetto al trimestre precedente, quando aveva accelerato più delle attese +0,4%. Facendo meglio la media nazionale con +0,9%, mentre i principali benchmark europei, Baden-Württemberg e Cataluña, sono in flessione: 0,7% e -0,2% rispettivamente). Insomma, guardare al futuro significa per Dell’Orto “La necessità di garantire alle aziende – che ricoprono un ruolo sociale importante – continuità, sviluppo e competitività. Ecco che il passaggio generazionale rappresenta un momento cruciale per la sopravvivenza delle aziende a conduzione familiare, una fase delicata e un momento complesso, che coinvolge diverse dimensioni della gestione dell’impresa e della famiglia. Il passaggio generazionale non è un momento ma un processo, non comporta solo un passaggio di quote, ma di know how, di un patrimonio di valori e conoscenze. E nel compierlo l’impresa deve essere messa di fronte a tutto”.

Andrea Dall'Orto
Andrea Dall’Orto

Un’affermazione che Dell’Orto ha sperimentato personalmente, l’azienda di famiglia – la Dell’Orto S.p.a dal 1933 concentrata sulla produzione di sistemi di alimentazione – ha attraversato tre passaggi generazionali “La mia azienda dunque appartiene a quel 13% di aziende familiari che è riuscita ad arrivare alla terza generazione, la mia. E non intendiamo fermarci”. Un manipolo questo 13%, del resto solo il 30% sopravvive al fondatore, ma ancor di più il futuro non è polvere da tenere sotto il tappeto in un Paese in cui appena il 4% delle aziende approda alla quarta generazione.

Tre sfide. Insomma: continuità, sviluppo, competitività. Se queste sono le sfide di fondo poste sul tavolo dell’Assemblea generale del presidio di Monza e Brianza di Assolombarda Milano Monza e Brianza, la lente con le quali esse sono osservate è quello del patto fra le generazioni. Del resto quasi un’azienda su cinque prevede un passaggio generazionale nei prossimi cinque anni. E saranno gli anni, per dirla con Gianfelice Rocca presidente di Assolombarda che ha chiuso l’assemblea monzese, segnati da due sfide che attendono il Paese: “Passaggio generazionale e rivoluzione verso l’Industry 4.0. Entrambe presuppongono un forte cambiamento culturale. Sono sfide tanto più urgenti quanto più necessarie alla sopravvivenza dei capitalismi familiari nel lungo periodo”. In Italia, lo ricordiamo qui, il 65% delle aziende con fatturato superiore ai 20 milioni di euro è costituito da aziende familiari.

Gianfelice Rocca: passaggio generazionale e Industry 4.0.

L’obiettivo per Rocca è “rendere sostenibile nel tempo il quadro europeo, e perché accada l’Italia deve crescere a tassi superiori alla media continentale”. Da dove si parte?: “La ripresa del Paese non può che partire da qui, dal nostro territorio e da una chiara visione della nostra identità”, ha detto il presidente di Assolombarda. Milano, Monza e Brianza dunque come una “piattaforma” per il futuro del Paese. Con uomini e donne, giovani soprattutto, al centro.

Sono proprio le medie imprese a rappresentare per Assolombarda i soggetti industriali cui dedicare risorse e progetti. In vista di quello sviluppo del manifatturiero che deve sempre più focalizzarsi attorno alla “Manifattura 4.0” che nel territorio di competenza è già realtà grazie a quello che Dell’Orto definisce il “DNA delle nostre imprese, delle nostre persone dove convivono creatività, innovazione, valore del lavoro, voglia di intraprendere e di realizzare prodotti di eccellenza, esportati ed apprezzati in tutto il mondo”.

Strumenti per affiancare le imprese nel passaggio generazionale e nella partita verso Industry 4.0

Gli strumenti messi in campo da Assolombarda sono molteplici. Ne citiamo solo alcuni: dalle collaborazioni col Politecnico di Milano – con il quale Assolombarda realizzato un ciclo di workshop introduttivo alla Manifattura 4.0 e un servizio di smart check up per mappare i gap tecnologici e suggerire interventi correttivi – alle strette relazioni con centri ricerca per mettere a punto percorsi tesi a favorire il trasferimento tecnologico e il co-sviluppo necessari alla competitività e alla crescita sino ad affrontare lo snodo del passaggio generazionale.

Che non è solo una questione strettamente legata alle singole aziende ma ha un impatto macro economico e sociale assai rilevante.

Fare sistema fra le generazioni. Come ha suggerito Dell’Orto “Declinare l’affermazione fare sistema, implica necessariamente il fare sistema fra le generazioni. Superando in azienda la logica del carisma dei padri fondatori per approdare a un sistema di governance dove il saper fare e saper fare opportune scelte strategiche è cruciale per l’azienda sì, ma ancor più per il Paese”.

E che sia come dice Dell’Orto è confermato dai fatti, che si trasformano in cifre. L’età dei leader delle aziende familiari italiane (amministratori delegati, amministratori unici o presidenti esecutivi, a seconda della governance scelta) è molto elevata e con l’età del leader peggiorano le performance aziendali. Il 22,6% dei leader ha più di 70 anni (e un altro 24,6% supera i 60) e solo il 5,3% meno di 40, con le aziende gestite dai più anziani che registrano un Roe inferiore di 0,8-1,2 punti (a seconda della classe dimensionale) rispetto alla media e quelle gestite dai più giovani che hanno un risultato migliore di 1,9-2 punti.

 














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