Un data scientist e una lingua comune per la digital transformation

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Fabbrica digitale

di Laura Aldorisio ♦ Per IBM il Piano Industria 4.0 può essere lo strumento per recuperare competitività. Ma all’interno delle aziende ci vuole una nuova cultura e modalità differente di composizione delle professionalità

Centinaia di giri lungo il percorso di gara senza aver ancora costruito la macchina da corsa. Fantascienza? No, è la rivoluzione Industria 4.0. Non parole, ma già realtà,ad esempio, in un’azienda automobilistica che può essere in grado di creare prototipi in un simulatore prima ancora di aver prodotto un solo bullone della macchina. Il servizio di prototipazione virtuale permette di costituire un pool di eccellenza ingegneristica che fa correre ad alta velocità la produttività aziendale.







Industry 4.0: il momento è ora

Ci sono imprese che hanno già tagliato il traguardo, altre che sono scattate al via, alcune sono ai nastri di partenza e stanno scegliendo se far rombare i motori. Secondo IBM «il momento è ora». Le imprese italiane hanno ancora 12 mesi per approfittare delle leve economiche che favoriscono la trasformazione 4.0 per i grandi come peri piccoli imprenditori. Massimo Zocche, team Industry Leader Industrial di IBM Italia, individua una congiuntura economica perfetta nel Piano Industria 4.0, con i suoi 13 milioni di euro di investimento e il quantitative easing, voluto dal presidente della Bce, Mario Draghi. La scadenza, in assenza di eventuali proroghe, è fine 2017 per entrambe le misure.

Massimo Zocche
Massimo Zocche, team Industry Leader Industrial di IBM Italia

«L’Italia è partita in ritardo se si paragona a Usa e Germania, già proattivi sul 4.0 dal 2011, ma per il nostro Paese può essere un vantaggio- dice Zocche -. C’è il carattere di urgenza e gli interventi finanziari a termine sollecitano una pronta risposta degli imprenditori. Ci sono gli strumenti e le soluzioni per poter innestare una marcia competitiva che inizia ora a far la differenza. Un esempio: il colosso cinese è diventato meno attrattivo per gli europei, che sono tornati sui propri passi in quanto a delocalizzazione. Allora i cinesi hanno iniziato a investire nelle tecnologie e nei processi 4.0 così da offrire velocità, flessibilità di risposta e personalizzazione del prodotto. L’Italia non può perdere un ciclo economico».

Ibm in campo con PMI e grandi imprese

La 46esima assemblea annuale del World Economic Forum a Davos, appena conclusa, ha dato a IBM la conferma che la direzione è giusta: investire nel 4.0. «Come Ibm stiamo già collaborando con realtà italiane sia di grande che di piccola e media dimensione» aggiunge Zocche. Le prime hanno un vantaggio dall’applicazione di queste logiche di industria 4.0 per il contenimento dei costi, l’allargamento della catena di fornitura, l’integrazione con i propri fornitori, costruendo così una sorta di ecosistema virtuale. Chi vende grandi impianti li monitora da remoto per un after sales proattivo. Il tecnico dell’azienda interviene prima del guasto. Un punto distintivo è il processo di servitizzazione. Non si vende più il macchinario ma l’ora di produzione, dato che l’impresa può assicurare e verificare un certo livello di produttività. Nascono quesiti nuovi anche per stipulare i contratti.

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Mappa globale cloud data centers IBM

Le piccole medie imprese, invece, guardano al 4.0 non come un vantaggio ma come un’ancora di salvezza. «Si trovano a metà di una catena di fornitura. Hanno la necessità di avere le carte in regola per essere elette tra i fornitori con cui le grandi aziende fanno network.- sostiene Zocche- Il 4.0 aumenta i livelli di reddittività delle piccole imprese. Devono prepararsi ad avere la flessibilità richiesta che sarà la leva competitiva».

Tra vantaggi del cloud la sicurezza

Dunque, l’Industria 4.0 è scalabile. Basti pensare al cloud, che abbassa le barriere all’ingresso. «Con il cloud chiunque può ottenere un’infrastruttura che non ha bisogno di data center e cresce di pari passo con il business». Un esempio di indubbio vantaggio economico? «Otto anni fa, ho seguito un primo progetto di smart manufacturing, un pilotino, costato allora 500mila euro, di cui solo 20mila coprivano la componente della customizzazione del software.- spiega Zocche -. Il costo restante era per coprire l’infrastruttura, da intendere come server e sistemi di sicurezza. Se oggi lo costruissimo in cloud l’investimento si ridurrebbe ai 20mila euro del software».

 

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Il Ciybercrime secondo IBM

Se tale vantaggio non fosse possibile, si risparmierebbe su altri costi, come quello della sicurezza. «Secondo i dati in nostro possesso, l’80% delle aziende sono tradizionalmente attaccate, cioè subiscono un caso di cyber crime piccolo o grande. Il tempo medio di identificazione del crimine è pari a 115 giorni, vale a dire sei mesi senza sapere che un esterno sta lavorando con i miei dati. È necessario affidarsi a partner che assicurino un’infrastruttura sicura. Noi siamo selettivi nel costruire il nostro ecosistema, soprattutto verso i partner della sensoristica (protocolli, criptazione, accessi)». Un altro lato del tema sicurezza è relativo alle transazioni. Ibm applica le stesse procedure del mondo della finanza alle transazioni d’impresa di supply chain e block chain.

Ibm in forza della sua costellazione di competenze è in grado di risolvere il problema infrastrutturale dei vecchi impianti per i quali non era stata prevista la connessione. Esistono sensori che sono in grado rendere wireless la fresa, il tornio o il componente d’impianto, evitando di fare lavori all’interno della fabbrica. «A oggi per il 90% dei casi lavoriamo con macchine esistenti, a volte già sensorizzate, altre volte no ma non è un ostacolo per il 4.0».

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Global Center IBM Watson IoT a Monaco in Germania

Una guida all’interno dell’ azienda per la trasformazione digitale

Un tema che Zocche, al contrario, definisce «bloccante» è quello delle competenze. «Il tema della cultura aziendale è uno dei fattori che sta frenando la crescita. C’è la necessità di qualcuno che dall’interno guidi il percorso di trasformazione digitale dell’azienda. In secondo luogo, come modello organizzativo la parte di IT e la produzione devono parlare la stessa lingua. Il terzo elemento è poter contare sui data scientist, persone che sappiano gestire, elaborare e interpretare il dato, la vera ricchezza dell’industria 4.0».

La trasformazione digitale è pervasiva e toccherà ogni reparto aziendale, dall’operatore della macchina all’amministrazione. Si tratta di una trasformazione culturale, di mentalità. «Si prevede una modalità differente di composizione delle professionalità. La produttività è destinata a crescere e si creeranno nuovi servizi». Le parole di Zocche trovano conferma anche nello studio “Harnessing: Revolution: Creating the Future Workforce”, pubblicato da Accenture Strategy, secondo cui dovranno essere i Ceo a traghettare il personale verso le nuove frontiere professionali.

Dice lo studio : «L’87% degli intervistati, con punte che toccano il 93% nel gruppo dei Millennials e minimi intorno al 79% per quanto riguarda i Baby Boomers, si aspetta che parte delle proprie mansioni sarà automatizzata nei prossimi cinque anni. Di questi, l’80% è convinto che l’applicazione del digitale sul posto di lavoro arrecherà più benefici che danni. La sola intelligenza artificiale ha il potenziale per raddoppiare il tasso annuale di crescita dell’economia e incrementare la produttività fino al 40% da qui al 2035, nei paesi presi in considerazione dallo studio».

Per l’Italia il semaforo verde si è acceso. Tocca ora ai motori scaldarsi e partire.














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