La Fabbrica 4.0 di Hpe tra cloud e super server

Hpe Synergy
Hpe Synergy

di Bruna Rossi e Filippo Astone ♦ Hpe lancia The Machine Synergy, il sistema che permette alle imprese di focalizzare l’attenzione sull’analisi dei Big data: un’arma fondamentale per la Fabbrica 4.0.







Utilizzare un super server centrale capace di gestire i Big data in modo che producano informazioni utili all’azienda e rendere più semplice la gestione dell’Internet delle cose e della Fabbrica 4.0. È la grande sfida di Hpe, colosso che ha completamente cambiato pelle, separando da un anno e mezzo tutte le attività no-core (dalle stampanti, fino ai servizi e in ultimo alla divisione software) per focalizzarsi sull’enterprise, ovvero tutto ciò che ruota intorno a reti, server, consulenza e supporto. Una rivoluzione copernicana che ora vuole portare ora nel mondo delle imprese. Che devono cambiare struttura e mentalità se vogliono sopravvivere alla rivoluzione imposta dall’industria 4.0. Vale anche e forse soprattutto per la manifattura italiana alle prese con questa complessa transizione, ancora ignota negli effetti ai più.

Nodo della rete

La fabbrica smette di essere un luogo isolato ma diventa un nodo della grande Internet of Things. L’Internet di ogni cosa, in cui ognuno è un sensore che fornisce dati alla rete, fornisce un’abnorme mole di dati, che si somma agli open data messi a disposizione da enti pubblici e Università. “Questa miniera di dati che non serviva a nulla prima dell’industria dei Big data o, meglio, dei software di analisi dei dati strutturati”, ha detto Stefano Venturi, corporate vice president e amministratore delegato del gruppo Hewlett Packard Enterprise in Italia nel corso della presentazione a Milano, “diventa oggi un tesoro: i dati possono essere analizzati in tempo reale e restituiti al mondo dell’impresa che può usarli per anticipare e prevedere delle cose”. Tutto ciò è reso possibile dalla computazione che diventa sempre più commodity e sempre meno costosa, grazie al cloud. “Quindi, abbiamo a disposizione due grandi risorse: la miniera dei dati e la potenza elaborativa dei software che fanno da scavatori. Chi saprà interpretare questi dati, dalla ricerca scientifica o farmaceutica, alla chimica, al business bancario o della moda o della macchine, avrà il super-potere rispetto ai concorrenti, potrà portare via mercato ai concorrenti lavorando al doppio della velocità”, ha concluso Venturi.

Stefano Venturi, vice president e amministratore-delegato del gruppo Hewlett Packard Enterprise i -Italia
Stefano Venturi, vice president e amministratore-delegato del gruppo Hewlett Packard Enterprise i -Italia

Piccolo diventa grande

Hpe, nelle parole della sua ceo Meg Whitman, la chiama l’economia delle idee, un mondo dove risorse abbondanti a prezzi marginali, dati e computazione, fanno sì che poche persone con delle idee possano aggredire mercati che oggi sono operati da aziende grandi e potenti. “I concorrenti nasceranno dal nulla, come il sommergibile che si materializza dall’acqua. Allora le nostre aziende devono cercare di modernizzare le infrastrutture che oggi vengono utilizzate per gestire i propri business e nel farlo si dovranno dotare di flessibilità e strumenti ibridi in grado di utilizzare capacità interne ed esterne con vari cloud provider, un It liquido”, è il pensiero di Venturi. Insomma, questi processi di cambiamento epocali non possono esser fatti con strumenti e metodi tradizionali di computing che avrebbero costi esorbitanti. E come nella prima rivoluzione industriale avvenuta due secoli fa e che è stata dominata da chi è stato più bravo a gestire le materie prime che in quel caso erano acciaio, carbone petrolio, oggi vincerà chi avrà la capacità di gestire i dati, estraendo da essi del valore.

Rivoluzione copernicana

E il valore si estrae innanzitutto attuando una rivoluzione copernicana nel mondo della It per come lo conosciamo oggi. Il paradigma basato sulla Cpu è destinato a sparire: oggi il dato arriva alla memoria centrale, attorno a cui ruota tutti il sistema, attraversando le gerarchie di memoria, cache, ram, poi viene elaborato e torna fuori. Con l’esplosione dei dati questo processo non potrà essere sostenuto.

L’idea di Hpe, un nuovo sistema lanciato con il nome di The machine, ha alla base una memoria universale attorno a cui le unità di elaborazione lavorino per attingere dati. E Synergy, il gigantesco server che gestisce il cloud e trasforma i dati in informazioni di valore è il primo rilascio di questo progetto: un ecosistema orientato alla velocità e che si pone come interfaccia tra il mondo delle applicazioni tradizionali, ovvero database, posta e web: un mondo già gestito con progetti strutturati di security, di management e di governance, e quello delle applicazioni mobili, cloud-native.

Internet delle cose
Internet delle cose

Il paradigma della nuova era

Un’innovazione che segna l’inizio simbolico di un’era nuova. “La potenza del digitale la conosciamo e già siamo passati attraverso due grandi rivoluzioni”, secondo continua Venturi, “quella del web e quella dei social network uniti alla mobilità che ha cambiato le nostre vite, non solo i business. Ma nel business il digitale comporta cambiamenti radicali e accorcia il time to market, abbattendo le barriere. La prossima rivoluzione digitale avrà forme e dimensioni che fatichiamo ancora a concepire, ma di certo permeerà i nostri business e trasformerà il modo in cui lavoriamo e viviamo”.

Allora, cambia davvero il mondo: la fornitura di servizi su vasta scala ha sempre avuto bisogno di centinaia di persone, costi notevoli e tempo. Nell’economia delle idee invece la commercializzazione è facile, prova ne sia il numero di app generate da idee, oltre il trilione. Ma la maggior parte delle imprese si basa ancora su modelli It tradizionali e rigidi che richiedono notevoli risorse e milioni in capitale per erogare nuovi servizi. Una complessità che porta a un ritardo nella commercializzazione. Secondo Idc, sono necessari 160 giorni, in media, per distribuire una nuova infrastruttura per un’applicazione, includendo risorse server, storage e fabric. Oltre all’infrastruttura esistente, sono comunque necessari diversi giorni per distribuire un nuovo servizio.

Fabio Tognon, country manager della divisione server di Hewlett Packard Enterprise Italia
Fabio Tognon, country manager della divisione server di Hewlett Packard Enterprise Italia

Cloud native

Nell’economia delle idee, invece, la crescita dei ricavi è data dalle nuove app cloud-native: le applicazioni sono il business. “E l’infrastruttura deve essere il motore della creazione di valore, non il collo di bottiglia verso il successo”, si legge nel white paper tecnico in cui Synergy viene presentata. “Un’infrastruttura componibile consente di eseguire qualsiasi applicazione, riducendo il Capex e liberando risorse, di evolversi più rapidamente, di aumentare l’efficienza operativa e di liberare valore… Cambia il paradigma integrando intelligenza software-defined all’interno dell’hardware stesso. E di fatto consente di accelerare l’erogazione di servizi e applicazioni attraverso un’interfaccia comune, che compone (e ricompone) in modo preciso infrastrutture logiche in qualsiasi combinazione a velocità quasi istantanee”.

Anche per rispondere a questo nuovo paradigma e dimostrare l’importanza del cambiamento, la stessa Hpe si è riorganizzata totalmente: un anno fa la scissione con Hp che ha tenuto il logo storico del gruppo che ha nel core la tecnologia attorno alla scrivania (pc e stampanti), lo scorso maggio con lo spin-off e il merger della divisione servizi e qualche settimana fa con l’annuncio dello spin-off della divisione software, ceduta a Micro Focus per 8,8 miliardi. “L’innovazione procede a scaloni e la storia insegna che ogni volta che c’è un’accelerazione come quella che stiamo vivendo oggi, vince chi si focalizza e non chi cerca di fare tutto, contrariamente a quanto suggerirebbe il sentire comune”, spiega Venturi.

Meg Whitman, ceo del gruppo Hp
Meg Whitman, ceo del gruppo Hp













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