Finalmente a Bruxelles si ragiona davvero di politica industriale

di Patrizio Bianchi ♦ L’obiettivo di una leadership scientifica e tecnologica europea per lo sviluppo sostenibile  nella nuova organizzazione della produzione di Industry 4.0 può essere raggiunto solo con politiche adeguate di investimento in uomini, macchine e infrastrutture. E guardando alla Cina e all’India nell’ambito della  globalizzazione

Con questo articolo, cui altri seguiranno, comincia la collaborazione con Industria Italiana di Patrizio Bianchi.

Patrizio Bianchi è uno dei massimi economisti Industriali ed economisti politici italiani. Autore di oltre 200 pubblicazioni è  Professore ordinario di Economia applicata alla Facoltà di Economia e già Rettore dell’Università degli Studi di Ferrara, presidente di Sviluppo Italia, consigliere di amministrazione dell’ Iri, presidente del comitato scientifico di Nomisma. Attualmente è assessore al coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, scuola, formazione professionale, università, ricerca e lavoro della Regione Emilia Romagna.







 

Patrizio Bianchi
Patrizio Bianchi

L’industria motore dello sviluppo in Europa

Si sta aprendo il cantiere delle nuove politiche europee post 2020, politiche che dovranno essere approvate dal Parlamento europeo entro la metà del 2019. La verifica di mid-term della attuale programmazione avvia un’ampia riflessione che deve avere al suo centro il rapporto tra sviluppo economico, tecnologia e riorganizzazione industriale, nella convinzione – oggi tornata evidente dopo anni di ubriacature finanziarie – che proprio l’industria sia il motore di uno sviluppo prolungato nel tempo ed in grado di garantire benessere alla popolazione.

Nei complessi conciliaboli di Bruxelles, cosi come nelle diverse capitali europee, è ricomparsa la parola “politica industriale” per anni messa al bando da letture banalizzanti dello sviluppo economico. Per evitare che dopo aver vissuto il mercato come il magico risolutore di ogni conflitto, oggi si ricada nella magia di una tecnologia egualmente risolutrice di ogni crisi, bisogna tornare ad una analisi strutturale delle dinamiche dell’economia oggi vista in termini globali.

Le dinamiche economiche globali

Possiamo indicare tre elementi che segnano questo processo:

1. La dimensione globale delle catene del valore, con la possibilita’ di posizionare le diverse fasi di produzione, fra loro costantemente interconnesse, in contesti diversi, in ragione dei vantaggi competitivi che le diverse condizioni ambientali e sociali offrono.

2. La sempre più’ rilevante interconnessione fra i sistemi scientifici, generatori di tecnologie trasversali ed abilitanti, e le organizzazioni della produzione, che di tali tecnologie sono i soggetti applicatori.

3. La sempre più rilevante integrazione fra funzioni di trasformazione produttiva e funzioni di servizio alla produzione, al mercato ed infine alla stessa vita quotidiana delle persone.

Berlaymont_building_european_commission
Bruxelles, Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea

L’ Europa e l’obiettivo di una economia ad alto contenuto di conoscenza

L’Europa con la strategia definita ormai quindici anni fa a Lisbona si era candidata a divenire quell’economia ad alto contenuto di conoscenza in grado di accogliere le fasi strategiche di cicli produttivi organizzati su catene del valore di estensione globale. Queste fasi strategiche sono essenzialmente le fasi di ricerca e progettazione di nuovi beni in grado di rispondere in termini personalizzati a bisogni emergenti, e contestualmente, le fasi che dispongono l’organizzazione e il controllo di processi produttivi capaci di disporre produzione in grandi numeri di beni fortemente differenziati, fino alla personalizzazione.

Tuttavia in questi quindici anni questo obiettivo di affermazione di una leadership scientifica e tecnologica europea non è stato raggiunto, cosi come la leadership industriale si è concentrata essenzialmente in Germania e nelle regioni centrali in stretta connessione con l’industria tedesca. Per poter realizzare oggi questo obiettivo bisogna porre in campo politiche adeguate rivolte a investire sul capitale umano, sulle specifiche tecnologie di produzione, sulle infrastrutture di sistema.

Elżbieta_Bieńkowska_Kancelaria_Senatu
Elżbieta Bieńkowska Commissario Europeo al Mercato interno, industria, PMI e imprenditorialità.
Le politiche da perseguire: il capitale umano

Gli investimenti sul capitale umano, inteso come prima risorsa necessaria per lo sviluppo, debbono coinvolgere l’intera struttura educativa dai livelli di base alle scuole secondarie, alle universita’, alle attività di formazione permanente anche offerte dalle stesse imprese. Oggi il limite alla espansione di molte imprese è dato dalla mancanza di competenze adeguate a gestire i nuovi sistemi di produzione. “Mi servono più periti, mi servono più ingegneri” ma anche “più esperti in economia internazionale, più conoscitori delle culture di altre società “. I limiti del nuovo sviluppo oggi stanno nella carenza di competenze e visioni adeguate alla nuova industria.

Tecnologie di produzione

Gli investimenti sulle tecnologie di produzione si orientano sia a sviluppare le specifiche “macchine” di trasformazione sia a strutturare modalità di interconnessione in continuo dei diversi sistemi produttivi fra loro interagenti. Egualmente diviene cruciale investire sia sulla interazione fra produzione e servizi alla produzione ed al mercato, fino alla retroazione continua dal mercato alla ricerca e da questa alla produzione. Non solo tecnologia quindi ma comprensione dei mercati e delle culture.

Infrastrutture di sistema

Infine investire sulle infrastrutture vuol dire agire sulle esternalità di sistema in grado di permettere la interazione fra sistemi educativi, sistemi produttivi, istituzioni, favorendo la localizzazione delle fasi a più alto contenuto di conoscenza, che divengono gli elementi ordinatori dell’intero ciclo produttivo. Quindi una visione di lungo periodo.

Parola chiave: interconnessione

La parola chiave di questa fase è quindi interconnessione, cioè la capacità di generare linkages fra i diversi contesti istituzionali e produttivi che costituiscono l’ecosistema sociale ed economico. Questi sono gli ambiti della nuova politica industriale adeguata e necessaria per Industria 4.0

European_Union_as_a_single_entity
L’Unione Europea vista come unica entità

L’assenza di un quadro unitario politicamente e socialmente stabile

La grande trasformazione produttiva che individuiamo come Industria 4.0 avviene in un contesto in cui gli investimenti necessari a garantire la sostenibilità ambientale, sociale e politica di un tale progetto richiedono di poter delineare un lungo periodo di stabilita’ per poter dispiegare i loro effetti. Dai tempi della Strategia di Lisbona ad oggi l ‘Unione Europea non ha conseguito unitariamente il risultato proposto, ed oggi si ripropone la necessita’ di sostenere investimenti sul capitale umano e sulle strutture educative, sull’interazione fra sistema scientifico e sistemi produttivi, sulle infrastrutture di sistema, necessarie a porre l’ Unione Europea in una posizione di vantaggio competitivo nella definizione e gestione della trasformazione strutturale dei processi produttivi in corso.

Visita di Angela Merkel in una fabbrica digitale Siemens
Visita di Angela Merkel in una fabbrica digitale Siemens
Squilibri interni e tensioni esterne alla UE

Bisogna del resto rilevare ancora una volta che in questi quindici anni di unione monetaria senza unione politica si e’ consolidato un nucleo centrale di regioni – le regioni centrali e meridionali della Germania, le regioni sudorientali della Francia, alcune regioni del Nord Italia – che hanno avuto possibilità’ di integrare i loro sistemi produttivi, mentre si delineano ambiti periferici a sud e ad est, che hanno risentito in maniera rilevante del prolungarsi della crisi. Inoltre va considerato che un tale processo di trasformazione strutturale si sta realizzando in un contesto mondiale fortemente segnato da tensioni politiche, con effetti significativi già rilevabili sui volumi e sui flussi del commercio mondiale.

Per le politiche industriali insufficiente il livello nazionale

In questo contesto ci si interroga oggi in Europa su quali siano le politiche industriali da avanzare a livello europeo e nazionale per raggiungere questo obiettivo di affermazione di una leadership europea nel rapporto fra tecnoscienza e sviluppo. Bisogna tuttavia non dimenticare che all’interno degli stessi stati membri si evidenziano differenze rilevanti fra contesti regionali e nel contempo processi di integrazione fra le regioni più avanzate, cosicché in economia aperta ed in un contesto di unione monetaria senza unione politica diviene sempre vano il tentativo di riportare le politiche di sviluppo produttivo – le nuove politiche industriali- dentro al passato livello di decisione nazionale. Anzi, mai come oggi diviene necessario riprendere con forza una prospettiva europea, che sia in grado unitariamente di proporsi obiettivi di leadership scientifica e produttiva e nel contempo rilanciare obiettivi di coesione interna per ridurre le disparità che nel frattempo si sono acuite fra regioni europee. Tre considerazioni debbono essere avanzate parlando di politiche.

Ioannes_Claudius_Juncker_die_7_Martis_2014
Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione europea
Intervenire sulla struttura finanziaria e bancaria europea

Non solo bisogna chiarire priorità del Piano Juncker, ma bisogna intervenire sulla stessa struttura finanziaria e bancaria europea per poter sostenere iniziative d’impresa anche se ad alto rischio, come ad esempio start up e spin off da ricerca, cosi come bisogna definire come poter intervenire su investimenti di lungo periodo in infrastrutture “non bancabili”, da finanziarsi con emissione di titoli pubblici.

_Draghi_World_Economic_Forum_2013
Il Presidente della BCE, Mario Draghi
Incrociare fondi per la ricerca e sviluppo dei territori

Si sta avviando ora il dibattito sul rinnovo dei fondi strutturali post 2020, cosi come dei fondi ad intervento diretto, come Horizon 2020. Darsi linee comuni per stabilire le priorita’ e gli ambiti di azione di questi interventi diviene essenziale per la formulazione delle nuove politiche di trasformazione strutturale della industria europea. Egualmente si discute oggi di politiche di coesione, cioè dei fondi per il sud europa e ci si interroga su come si debbano incrociare i fondi per la ricerca e l’innovazione ed i fondi per lo sviluppo dei territori, in particolare dei territori periferici.

Donald_Tusk_(6165309851)
Donald Tusk, Presidente del Consiglio Europeo
Nuovi profili di tutela della concorrenza e del mercato

La crescente importanza della capacità’ di raccolta e gestione dei dati e della loro connessione fa emergere nuovi profili di tutela della concorrenza e del mercato, che non possono essere sottovalutati, anche tenendo conto di una prospettiva di “sicurezza nazionale”. Questo e’ l’ambito di discussione per poter delineare le priorita’ per rilanciare gli investimenti delle imprese e gli investimenti pubblici, in una prospettiva di sviluppo per l’intera area europea, in una fase in cui da molte parti si accentuano le spinte contro una globalizzazione che ha dimostrato tutti i suoi limiti, con richieste di ritorno ad ambiti protetti e addirittura con spinte verso una disgregazione europea.

Le sfide della globalizzazione

L’Europa si trova oggi ad affrontare una fase difficilissima. La frattura della Brexit, l’invadenza di Trump, le mille spinte centrifughe infragiliscono l’unione, ma l’Europa ha oggi una straordinaria opportunità di tornare ad avere un ruolo di leadership per collocarsi nella prospettiva di un mondo che nei prossimi anni dovrà affrontare sfide eccezionali, dall’aumento demografico al cambiamento climatico,dall’invecchiamento della popolazione nelle società più avanzate alla richiesta di cibo per la sopravvivenza nelle economie più arretrate. Queste sfide sono state fissate dalle Nazioni Unite nella risoluzione del 25 settembre 2015, che riprendeva i cosiddetti Millenium Goals.

Riorganizzare le amministrazioni pubbliche

Il principale rischio è che la dovuta attenzione al termine “sostenibilità ” si risolva in una collezione incoerente di azioni sconnesse ognuna delle quali rivolta ad affrontare ciascuna sfida proposta dalle Nazioni Unite e rilanciata con la UN 2030 Agenda for Sustainable Growth. L’assunzione di questa agenda implica a tutti i livelli una visione olistica ed integrata degli obiettivi di politica, ma nel contempo una lucida determinazione a riorganizzare le amministrazioni incaricate di rendere operative le azioni necessarie per raggiungere questi obiettivi individuati a livello globale per i prossimi quindici anni.

Una visione lunga ed integrata del policy-making richiede infatti amministrazioni pubbliche in grado di interagire fra loro sia in termini orizzontali (cioè fra diverse amministrazioni di settore) sia a livello verticale (fra amministrazioni municipali, regionali, nazionali, europee). Egualmente diviene necessario investire in formazione del personale delle pubbliche amministrazione per consolidare soggetti pubblici in grado di dialogare con continuità con le variegate espressioni della società attuale.

Donald_Trump_August_19,_2015_(cropped)
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump

 

Industria 4.0 come la nuova organizzazione della produzione

Una visione quindi complessa di sviluppo sostenibile globale, la cui realizzazione diviene possibile solo con un altrettanto eccezionale sforzo di convergenza fra sistemi scientifici e sistemi produttivi, così da dare risposta in grande scala a bisogni specifici, evitando che questi goals non realizzati si trasformino in materia perpetua di conflitto fra paesi ed all’interno degli stessi paesi fra gruppi sociali.

Questi goals, e più in generale l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile in una economia globale, possono essere assunti come la nuova estensione del mercato, cioè come il ventaglio della domanda, o meglio delle domande a cui rispondere in termini produttivi, in un contesto in cui diversi player si confrontano fra loro. In termini altrettanto classici quindi potremmo considerare Industria 4.0 come la nuova organizzazione della produzione – la nuova divisione del lavoro- che deve rispondere a questo livello di problemi e di sfide globali.

In questo ambito Trump e dietro lui la May, inchiodati all’asse occulto con Putin, non stanno dando risposte se non reattive ad un mondo che comunque si sta muovendo in direzione di una maggiore globalizzazione. Proprio l’incapacità di questi di assumere una leadership dei grandi temi del mondo lascia alla Cina e alla India uno spazio che deve ritrovare nell’Europa un referente per affrontare le grandi sfide di fronte a noi.














Articolo precedenteE-Governance 4.0 in Lombardia con la piattaforma QCumber di Microsoft
Articolo successivoIl supercomputer virtuale che combatte la battaglia per la salute






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui