Bioplastiche: è a rischio un mercato da 1 miliardo

Sacco biodegradabile

In Europa siamo additati a esempio per le norme sui sacchetti biodegradabili e per l’industria delle bioplastiche. Peccato che la legge sia disattesa, accusa Assobioplastiche: è a rischio un mercato da 1 miliardo.

Un mercato potenziale da 1 miliardo di euro che rischia di andar perso per oltre la metà. Parliamo delle bioplastiche e, segnatamente, dei sacchetti per fare la spesa, che una legge impone siano biodegradabili e compostabili se monouso o riutilizzabili se in plastica tradizionale. Ma la legge nel 60% dei casi viene completamente disattesa. L’allarme lo lancia Assobioplastiche, l’associazione di categoria fondata a Roma nel 2011 e d cui fanno parte produttori di materie prime, produttori di manufatti, distributori di plastiche biodegradabili e l’Associazione che rappresenta il mondo del compostaggio (Consorzio Italiano Compostatori). Assobioplastiche è un’associazione trasversale, che, per questa sua natura non fa parte del sistema Confindustria, a differenza di quasi tutti i soci singolarmente.







Che cosa dice la legge
Ma perché l’Italia sta perdendo questa potenziale ricchezza e che cosa si deve e si può fare per impedirlo? Partiamo dalla normativa che regola la questione per capirne di più. “La normativa nazionale di riferimento è rappresentata dal decreto legge 2/2012 , convertito nella legge 28/2012″, spiega a Industria Italiana Francesco De Leonardis, professore di diritto amministrativo a Macerata e avvocato partner dello studio Fdl. “La legge decreta che i sacchetti di plastica commercializzabili devono necessariamente essere sacchi monouso biodegradabili e compostabili conformi allo standard tecnico europeo. I sacchetti di cui parliamo sono in bioplastica riciclabili organicamente assieme all’umido, che può essere raccolto e gestito per il loro tramite, di cui condividono il medesimo fine vita”. In alternativa si possono usare sacchi riutilizzabili in plastica tradizionale con elevati spessori, da 60 a 200 micron, che ne garantiscono, appunto, una maggiore resistenza e dunque la possibilità di essere utilizzati più volte. “Tali sacchi, che devono contenere anche percentuali minime di plastica riciclata (tra il 10% e il 30%), condividono il fine vita della plastica tradizionale (riciclo di materia o termovalorizzazione)”, aggiunge l’avvocato.

Sacchetti di plastica non biodegradabili
Sacchetti di plastica non biodegradabili

Primato italiano sprecato
L’Italia è stato il primo Stato membro dell’Unione Europea, assieme all’Irlanda, a dotarsi di una normativa specifica e la soluzione tradotta in norma è tanto valida tecnicamente ed economicamente da essere stata presa a modello dall’Ue. “Nel maggi 2015 l’Unione europea ha approvato una specifica Direttiva (2015/720) sui lightweight plastic carrier bags, che impone agli Stati membri di adottare misure per ridurre il consumo delle borse di plastica monouso, riconoscendo il valore dei sacchi biodegradabili e compostabili e consentendo agli Stati l’adozione di varie misure, tra cui quelle di marketing restrictions adottate dall’Italia”, ricorda De Leonardis.
Non a caso, il nostro Paese è visto in Europa come un modello di sviluppo di economie dei territori in cui sono stati implementati processi innovativi che connettono la filiera industriale della chimica verde e delle plastiche biodegradabili e compostabili con quella dell’agricoltura, della raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti e degli impianti industriali di compostaggio. In Europa quando si parla di bioraffinerie integrate nel territorio sono citati come modello gli impianti industriali privati che in Italia producono plastiche biodegradabili e compostabili, intermedi, basi e biolubrificanti e altri output.

Pagnozzi, direttore generale di Assobioplastiche
Carmine Pagnozzi, direttore generale di Assobioplastiche

Fatta la  legge…

Fin qui le belle notizie, ma poi arriva la doccia fredda. “La normativa viene violata in maniera predominante: l’osservatorio di Assobioplastiche ha verificato che nel 2014 circa il 75% della domanda di sacchi per asporto merci è stata soddisfatta attraverso la commercializzazione di sacchi monouso in polietilene non conformi. Nel 2015 i livelli di non conformità si sono mantenuti largamente sopra al 50% dell’immesso al consumo”, accusa Carmine Pagnozzi, direttore generale Assobioplastiche. Il caso più frequente e ricorrente di violazione è relativo alla commercializzazione di sacchi in polietilene con spessori non conformi alla legge, talvolta privi di diciture, altre volte invece addirittura spacciati e venduti, con dichiarazioni mendaci e fraudolente, per sacchi riutilizzabili conformi alla legge.

Troppe violazioni
La fantasia italica, quando si tratta di malaffare, non ha freni. “Vengono commercializzati sacchi con dichiarazioni false in merito alla loro compostabilità/capacità di essere recuperati a fine vita negli impianti di compostaggio”, rincara Pagnozzi. “Oppure sacchetti in plastica tradizionale con l’aggiunta di additivi che ne accelerano la disintegrazione in piccoli frammenti (assai insidiosi per l’ambiente, soprattutto quello marino), ma non la biodegradazione in compostaggio ai sensi della norma europea. E, infine, qualcuno prova a eludere la legge apponendo sui sacchi asporto merci vietati la dicitura per uso interno, che dovrebbe servire, nell’intenzione dei produttori-distributori di tali sacchi non a norma, a fargli cambiare miracolosamente natura, sottraendoli così al campo di applicazione della legge e del relativo divieto. Insomma, in Italia purtroppo operano sistemi imprenditoriali che evidentemente preferiscono impegnare energie e risorse nel cercare di eludere le leggi invece di dedicare il proprio talento per innovare e investire in ricerca così da poter tornare ad essere riferimento in Europa e nel mondo”.

Il buco dei negozi di vicinato
A violare la legge sono soprattutto i negozi di vicinato, mentre la grande distribuzione organizzata è per lo più a norma. “Le catene di supermercati sono state le prime a mettersi in linea con la norma, ricevendo anche il plauso dei clienti che ritengono la normativa nazionale corretta e comprendono che la riutilizzabilità per la raccolta dell’organico dei sacchi compostabili è un bene per i cittadini e per l’ambiente”, prosegue Pagnozzi. Dunque, le condizioni perché la legge sia rispettata e con essa decolli la produzione dei sacchetti genuinamente computabili ci sono tutte. “Ora serve incrementare i controlli purtroppo a oltre un anno e mezzo dall’entrata in vigore delle sanzioni non sono tangibili, salvo poche e lodevoli eccezioni, quotidiane e capillari azioni di contrasto su coloro che producono, distribuiscono e commercializzano sacchetti in violazione della normativa. Chi viola la normativa finisce così per intascare ingenti profitti illeciti e crea scompensi a quel settore economico che, invece, opera nel rispetto della legalità. Senza contare i danni all’ambiente ed i costi connessi”, dice il direttore di Assobioplastiche.

Sacchetti di plastica
Sacchetti di plastica

Una perdita di mezzo miliardo
Se il danno ambientale è abbastanza autoevidente e per lo più irrimediabile, quello economico è sorprendente (in negativo). “Le nostre stime indicano che il valore dell’intera filiera di riferimento (produzione resina compostabile, trasformazione, distribuzione), in caso di piena osservanza della legge, si avvicina al miliardo di euro”, precisa Pagnozzi. “Il danno per il settore, che attualmente, in una situazione appunto di diffusa illegalità, vale circa 500 milioni di euro, è dunque notevolissimo (il volume di tale settore potrebbe praticamente raddoppiare”.
Ma non si tratta solo di perdite economiche per l’Italia. Mai come nel caso delle plastiche biodegradabili e compostabili si tratta di un danno per innovazione, competitività e lavoro. In una parola: per il futuro. Tutto dentro a un sacchetto chiave di volta dell’economia circolare. Suona strano, ma Pagnozzi lo spiega bene: “Se produciamo sacchetti biodegradabili e compostabili e li ricicliamo in impianti di compostaggio con l’umido che trasportano il compost, questo può riportare sostanza nutritiva al terreno, contribuendo alla risoluzione di uno dei più gravi problemi ambientali che affligge l’Europa, quello dell’impoverimento e della desertificazione dei terreni. Dunque, si aumenta la produzione agricola e si fornisce nuova materia prima rinnovabile, in luogo delle fonti petrolchimiche tradizionali, alla chimica verde”. Insomma, abbiamo gli strumenti normativi, le tecnologie e gli impianti industriali necessari ad avviare concretamente la transizione verso una economica circolare. Manca solo la volontà.

Sacchetti biodegradabili
Sacchetti biodegradabili













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