Baretta: è il momento della politica industriale

Pierpaolo Baretta

di Filippo Astone e Paolo Del Forno ♦ Sottosegretario all’Economia nel governo in carica, il deputato PD individua nel piano Calenda l’occasione per discutere il tema dell’intervento pubblico. Manufatturiero,turismo e logistica, distretti tecnologici, ruoli più incisivi per gli amministratori locali e una chiamata per imprenditori e sindacati.

L’anno che verrà potrebbe essere decisivo per lo sviluppo del Paese, con un’Italia che di fronte a incognite e rischi « affronta questa fase con una fragilità finanziaria, economica, politica, sociale e istituzionale che viene da 25 anni perduti ». Ha usato queste parole, il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, per delineare a inizio anno, con una intervista al Corriere della Sera, la sua agenda per il rilancio non solo dell’attività politica, ma anche e soprattutto economica . Una azione che individua come settore prioritario d’intervento l’industria, «dando supporto solo a chi investe in innovazione e internazionalizzazione con strumenti automatici che eliminino l’intermediazione politica e burocratica, come abbiamo fatto con il piano Industria 4.0.»







Verso una politica industriale ?

E’ arrivato forse il momento in cui si avverte la necessità di fare quel passo in più nell’azione pubblica verso la definizione di una politica industriale? E’ questo un tema, riportato prepotentemente alla ribalta dall’intervento di Calenda, sulla cui centralità Industria Italiana già da tempo avverte la necessità di un dibattito allargato. Uno degli interlocutori più importanti per il suo ruolo e le sue caratteristiche politiche, è il deputato veneto del Partito Democratico Pierpaolo Baretta, che è stato riconfermato nel suo ruolo di Sottosegretario all’Economia e alle Finanze nel Ministero retto da Pier Carlo Padoan, e le cui opinioni i lettori hanno già conosciuto , a proposito del futuro di Venezia. Partiamo dalla assenza di politica industriale per il Paese.

Carlo Calenda
Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo Economico

Lo stato dell’arte è negativo

«In Italia non c’è, al momento, una politica industriale nel senso pieno del termine» – considera Baretta – Abbiamo dei ritardi, si è lasciato cadere il tema, probabilmente la crisi ha avuto il suo peso. No, non possiamo dire che ci sia, se per politica industriale si intende anche una strategia complessiva politica e non quella politica industriale che è avvenuta di fatto e che è la capacità delle imprese e del territorio di auto organizzarsi di fronte ai mercati e quindi darsi delle risposte.» Un assunto iniziale negativo, quindi. Questo significa che all’orizzonte non c’è niente di nuovo? Che ruolo si individua per il Piano Industria 4.0? Per Baretta è un passo nella direzione principale.

L’opportunità del Piano Industria 4.0

«Abbiamo voluto dare, forse in maniera plastica, questo titolo per significare che oltre ai provvedimenti di merito c ’è una inversione di tendenza. E’ arrivato il momento di affrontare la questione politica industriale nella sua complessità come strategia per il paese e superare il ritardo che c’è stato. » L’emergenza del quadro finanziario disastrato degli anni passati e la pressante urgenza delle contingenze è stata la ragione principale, secondo Baretta, del perché l’ azione pubblica fosse determinata ciecamente solo  «ad evitare che il treno dell’ economia deragliasse», senza visioni di più ampio respiro. Ma ora le condizioni sono diverse, ed è possibile avere una strategia di riferimento. « Oggi si puo’ cominciare a dire che si intravvede questo percorso ( di politica industriale ndr.) e per quanto riguarda il governo la scelta è esplicita. Già l’anno scorso il superammortamento aveva un significato che non era solo fiscale, era un messaggio alle imprese.» Quindi, a dar retta a Baretta, Industria 4.0 è già un pezzo di politica industriale. Ma da intendere come?

Piano nazionale Industria 4.0
Una delle tavole di visualizzazione del Piano Industry 4.0 del governo
Una politica industriale Made in Italy

«Su questo aprirei l’orizzonte, nel senso che per politica industriale, io non mi limiterei al concetto classico del manifatturiero: io teorizzo la bellezza del bullone, e qui voglio introdurre un elemento fondamentale che costituisce per il nostro paese una grandissima opportunità. – incalza Baretta -.Noi abbiamo il made in Italy, il made in Italy è una chance nel Mondo, ma il made in Italy non è il design e basta. Dietro al design c’è sempre un’industria manifatturiera, meccanica, chimica, tessile, agroalimentare che da’ vita a quel prodotto che è così importante e piace così tanto nel mondo e che unisce qualità e bellezza. Siamo artisti in questo, nel senso della capacità di mettere valore aggiunto anche nel pezzo di ferro e molte nostre imprese sono leader in tutti i campi .»

Industria 4.0, robot in fabbrica
Industria 4.0, robot in fabbrica
Manifatturiero, turismo, logistica assi portanti della politica industriale

Da che ne consegue che per Baretta i tre assi su cui bisogna impostare una politica industriale sono: il manifatturiero come base di riferimento, turismo cultura, e la logistica. Ma avere un’idea sulla direzione dello sviluppo è fondamentale, e in questo Industry 4.0 puo’ essere un punto di svolta  «Nel dopoguerra l’idea trainante fu l’industria di base, la siderurgia, negli anni del boom economico fu l’automobile, idee trainanti che poi consentivano uno sviluppo più ampio. Ecco, quello che dobbiamo fare è riempire di contenuto strategico il 4 punto zero, una trasformazione strutturale che ci porterà ad essere diversi . Ma per andare verso dove ? Noi dobbiamo anche fare delle scelte su dove deve andare questo 4 punto zero. Quale tipo di industria, quale tipo di struttura economica dobbiamo avere nel paese. Mi sembra il momento di iniziare a definire un quadro di riferimento anche per concentrare risorse» .

Ci vuole un’idea trainante di sviluppo

In tema di politica industriale, come già ha ammesso Baretta , abbiamo alle spalle un lungo buco. «Quando ci fu la crisi dell’ industria tradizionale in Italia (anni 70 inizio anni 80) questa fu anche una crisi culturale, nel senso che essendo il concetto d’industria legato alla grande industria e legato alla parte ideologica con la contrapposizione sindacati Confindustria ecc, alla fine c’è stata una sorta di abbassamento di tensione. La trasformazione c’è stata, ma non programmata, molto spontanea. Oggi bisognerebbe riprendere il tema della politica industriale allargando il concetto di industria. »

MANIFESTAZIONE SCIOPERO DEGLI OPERAI PIRELLI BICOCCA ANNO 1969 p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate
La crisi industriale anni 70,è stata anche una crisi culturale con la contrapposizione sindacati – imprenditori . Qui una manifestazione degli operai Pirelli Bicocca a Milano nel 1969
Fattori, settori e distretti tecnologici

Vediamo come questo pensiero si coniuga con le caratteristiche delle trasformazioni produttive, in senso lato, dell’ Industry 4.0 . «La politica industriale ha bisogno di essere ripensata, come si diceva una volta, “in un ottica di fattori e settori insieme”. Decidiamo degli assi di sviluppo, perché il vero limite della politica industriale in Italia è che bisogna scegliere cosa fare. Oggi quando si parla di manufatturiero si puo’ ripensare anche ai distretti ma da intendere come distretti tecnologici, non come distretti merceologici. Ma i distretti tecnologici non sono ancora un asset perché vale l’associazione distretto-merceologico-perdente e il discorso finisce lì.» Come si declina tutto questo sul territorio? «Prendendo a esempio il Veneto, il distretto tecnologico è quello dove nella stessa zona, sulla base dell’ unità tecnologica, il 4.0, la rete ecc, hai aziende che producono cose diverse ma hanno un servizio di base, il digitale, in comune.»

Il ruolo degli enti locali

Baretta, nel passare dalla visione di prospettiva a quella che è oggi la realtà di partenza, ammette che c’è già un ritardo nella definizione dei ruoli dei soggetti coinvolti, prime fra tutte le amministrazioni locali « Sul loro ruolo non c’è assolutamente assolutamente una riflessione: la rete non la fa il singolo imprenditore; la banda larga, la strutturazione la deve fare l’ente locale. E bisogna anche ripensare il ruolo dei sindaci e degli enti locali in una chiave di sviluppo del territorio.» Ma qui le realizzazioni pratiche sono rare «quello che si sta facendo è poco e avviene in modo molto spontaneo, non esiste una spinta collettiva. Pero’ se ne parla sempre di più, quindi è un segnale. La presa di coscienza potrà produrre qualche esito, forse anche perché si sta uscendo dalla crisi. Bisogna forzare la situazione.»

Matteo Renzi da Prysmian
Il governo Renzi poteva fare di più per la politica industriale . L’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi da Prysmian

I limiti del governo Renzi

Baretta ha parlato con Industria Italiana nei giorni immediatamente precedenti il referendum, i cui esiti hanno portato alla caduta del governo Renzi, ma già il suo giudizio sull’operato condotto fino a quel momento era arrivato a individuare i limiti dell’azione del precedente esecutivo: « Se parliamo di scelte di riforme e sostegno al reddito abbiamo fatto quello che potevamo fare, al massimo delle nostre possibilità in un quadro di finanza pubblica molto stretto. Se parliamo di politica industriale potevamo fare di più. ». Un’osservazione che sa un pò di profetico visto quello che ha detto Calenda nella sua intervista al Corriere della Sera.  «Non possiamo più tentare di esorcizzare la gravità della situazione con l’ottimismo, o nascondere la complessità dei problemi, cedendo alla logica del “Truman Show” che i populisti, 5 Stelle in testa, provano ad imporre, ma che non funziona per una forza di governo».

Le responsabilità degli imprenditori

Una valutazione eminentemente di carattere politico, che si incontra con una costatazione di Baretta : «Il grande consenso che il governo Renzi ha avuto per un anno e mezzo non si è tradotto in fiducia. Anche tra gli imprenditori.» Baretta fa un esempio qualificante : « Siamo intervenuti forzando il sistema bancario perchè non fallissero le due banche venete con il salvataggio che ha fatto Atlante, e in questa operazione non c è un euro degli imprenditori veneti. Questo non giustifica il fatto che si rinunci a una operazione di rilancio, ma questa è una occasione persa. Da qualche parte gli investimenti devono arrivare. Ho fatto l’ esempio delle banche, ma noi avremmo bisogno che a tutta questa spinta che stiamo dando corrispondesse anche un traino di investimenti e su questo si puo’ chiedere di più e ancora . Noi potremmo fare di più nel focalizzare meglio questi concetti ma dall’ altro lato abbiamo bisogno di una partnership di sostegno, non tanto al governo ma all’ idea Paese. E mi sembra che l’atteggiamento sia un po’ quello di stare a vedere.»

…e delle associazioni di rappresentanza

Una tirata d’orecchie al mondo imprenditoriale. E le associazioni di rappresentanza? Baretta attribuisce molte responsabilità agli imprenditori nell’attuale fase che è passata dal declino alla stagnazione: « Diamo per scontata l’inazione nei i primi tre, quattro anni della crisi economica, ma negli ultimi due anni e mezzo, quando si cominciava a intravvedere (una prospettiva di uscita ndr), era necessario coraggio: l’azione deve partire dai governi, ma anche dagli imprenditori, cioè da chi ha responsabilità. E non si puo’ chiedere che sia la singola famiglia a impegnarsi e forse neanche il singolo piccolo imprenditore. Penso che ci debba essere una forte responsabilità delle associazioni di rappresentanza, che hanno il compito di infondere un po’ di coraggio e di spinta verso gli investimenti, mettendo a disposizione degli imprenditori dei servizi. »

boccia
Il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia
Cogliamo l’attimo

Questa valutazione sembra riecheggiare quanto detto da Calenda nella sua intervista a proposito della strategia a difesa degli interessi nazionali : ci vuole la ricostruzione di una rete fatta di grandi aziende, pubbliche e private, e di istituzioni finanziarie capaci di muoversi all’occorrenza in modo coordinato, tra di loro e insieme al governo. Ci saranno risposte all’ appello con il governo Gentiloni, appello che vale, ricorda Baretta, anche per i sindacati? « Quando Renzi ha scavalcato tutti lo ha fatto perché si sono fatti scavalcare, perché la situazione era di immobilismo culturale.- considera Baretta – Adesso vedo piu’ movimento, Boccia si sta movendo, i sindacati hanno ripreso il confronto. Cogliamo l’attimo.» ( ndr. l’intervista è stata raccolta prima della sentenza della Consulta, che potrebbe aprire le porte a elezioni anticipate.)














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