Alternanza scuola-lavoro: una grande opportunità (da migliorare)

Il ministro dell'istruzione Stefania Giannini
Il ministro dell'istruzione Stefania Giannini

di Ermanno Rondi ♦ La Buona Scuola ha riformato il settore dell’istruzioni mettendo per la prima volta in contatto alunni e imprese. Ma qualche ritocco è necessario. Il responsabile del Gruppo Tecnico su Formazione professionale di Confindustria e Alternanza scuola-lavoro, Ermanno Rondi, spiega a Industria Italiana perché l’alternanza scuola-lavoro e istruzione tecnica sono fondamentali per il mondo delle imprese. 

Ermanno Rondi
Ermanno Rondi, responsabile del Gruppo Tecnico su Formazione professionale di Confindustria

Con la legge 107/2015, La Buona Scuola (nell’immagine in alto, il ministro dell’istruzione Stefania Giannini), si è introdotto nell’ordinamento scolastico il principio dell’alternanza scuola-lavoro, rompendo il tabù che siano due momenti distinti e consequenziali: prima si completano gli studi poi si lavora, non riconoscendo, di fatto, il valore formativo del lavoro.confindustria-logo







Un provvedimento quanto mai atteso, che si è sviluppato sulla base del sistema duale presente in Germania, ma che ha cercato di conservare le caratteristiche tipiche del sistema produttivo del nostro Paese: flessibilità, adattabilità e creatività. La legge stabilisce per l’ultimo triennio della scuola media superiore un periodo complessivo di 400 ore di alternanza per gli istituti tecnici e di 200 per i licei. Coinvolgerà a regime circa 1,5 milioni di ragazzi ed è facilmente immaginabile, visti i numeri e la profondità del cambiamento, la difficoltà a rendere pienamente operativo questo percorso.

Molti gli spunti innovativi: in primis, una didattica fino a oggi organizzata per discipline e che dovrà contaminarsi con obiettivi di competenza, il saper fare, in cui è necessario integrare conoscenze diverse. Di conseguenza, le docenze per discipline dovranno collaborare tra loro per costruire il sapere pratico di cui necessita il fare. Altro aspetto nuovo l’avvicinamento delle scuole alle imprese dove i docenti che seguono i ragazzi nell’alternanza dovranno conoscere i luoghi di lavoro, confrontarsi con le maestranze e di conseguenza trasferiranno all’interno dei percorsi didattici queste conoscenze. Ragazzi e famiglie guarderanno alle imprese con minor diffidenza e l’esperienza aiuterà a scoprire mondi spesso solo raccontati sulla base di stereotipi del passato.

Liceo, Poggibonsi, anno 1995
Liceo, Poggibonsi, anno 1995

Giuste ambizioni
L’impianto metodologico impostato dalla Buona Scuola è ambizioso, con una visione molto collaborativa tra scuola e impresa. Prevede, infatti, la stesura di un progetto formativo che si sviluppa nei tre anni finali di scuola secondaria superiore e che coinvolge lo studente, anche formalmente, con una carta dei diritti e dei doveri responsabilizzando tutte le parti in gioco: scuola, impresa, studenti.
Nell’anno scolastico appena concluso sono state avviate le prime esperienze con risultati mediamente positivi, ma che hanno evidenziato le difficoltà nel mettere in moto un meccanismo così complesso. Le scuole e i territori con una tradizione consolidata di stage, hanno proseguito con questo modello, spesso cambiando solo nome all’esperienza extrascolastica. La differenza tra stage e alternanza è fondamentale: il primo è un’esperienza spot non finalizzata, la seconda un’esperienza strutturata che si sviluppa su un percorso pluriennale e si conclude con una valutazione sulle competenze acquisite.
Purtroppo, poche sono state le esperienze che hanno interpretato correttamente lo spirito della legge, le imprese stesse sono impreparate e poco informate e il tessuto professionale e produttivo del nostro Paese, fatto in maggioranza di piccole imprese, non favorisce questa impostazione che necessita di conoscenza, risorse e tempo dedicati. Sotto questo punto di vista una carenza della 107/2015 è la mancanza di incentivi alle imprese, non necessariamente sotto forma di erogazioni, ma importanti prima di tutto a coprire almeno una parte dei costi che le azienda ospitanti affrontano, dal tempo dedicato ai dispositivi per la sicurezza da assegnare ad ogni studente in alternanza.

Liceo Istituto Massimo, Roma, 1991
Liceo Istituto Massimo, Roma, 1991

Aggiustamenti necessari
La struttura dell’approccio che, come sistema delle imprese, si è suggerito, tiene conto di diversi fattori: la giovane età dei ragazzi, la non conoscenza delle aziende e delle regole che si riflettono nell’organizzazione e gli impegni del percorso scolastico, che comunque non sono cambiati. Considerando questi fattori per i ragazzi del terzo anno, i più giovani e con poche conoscenze del mondo produttivo, si è proposto un avvicinamento alla manifattura fatto di visite a imprese, testimonianza di aziende presso la scuola e approcci laboratoriali, per poi concentrare al quarto anno l’esperienza in fabbrica, possibilmente con un periodo sufficientemente lungo, per viverne lo spirito e costruire quelle competenze oggetto del progetto formativo. Il quinto anno, che si conclude con l’esame di Stato, può mettere a frutto quanto imparato nei due anni precedenti attraverso esperienze di project work per stimolare anche lo spirito imprenditoriale oltre che una visione di insieme del lavoro.
Effetti profondi
Se si pensa alle rette parallele con cui Scuola ed Impresa si sono mosse fino ad oggi l’approccio è foriero di un cambiamento radicale e tale da generare effetti sempre più profondi nel tempo a mano a mano che i due mondi si conosceranno ed impareranno a collaborare. Molti sono però ancora i problemi aperti, ma occorre affrontarli con pazienza e pragmatismo senza perdere di vista l’obiettivo finale.
Il primo grande tema aperto riguarda la sicurezza. Siamo in presenza di minori che compiono un’esperienza lavorativa in un’impresa e la legge 81/08 è chiara: sono equiparati a lavoratori. Altrettanto chiare sono le indicazioni fornite dal Miur: competono alla scuola la formazione di base e le visite mediche oltre al coinvolgimento delle famiglie essendo minorenni i ragazzi in alternanza.
Si innestano, però, competenze e interpretazioni di Regioni, province, Asl ed enti coinvolti dove ognuno esprime pareri che diventano vincolanti per scuole ed imprese di quel territorio. Manca, quindi, una chiara presa di posizione su chi fa che cosa, chi è responsabile di chi e che impatto ne deriva all’impresa. Solo un pronunciamento congiunto dei ministeri coinvolti (Miur, Mise, Lavoro, Sanità, Giustizia) sul tema specifico può fare chiarezza e, considerato che ormai tutte le scuole si stanno muovendo, diventa urgente affrontare il problema.

Ascoli Piceno, liceo Stabili, classe 3 C, anno 2008
Ascoli Piceno, liceo Stabili, classe 3 C, anno 2008

Nelle maglie della legge
Altro aspetto è la ricerca delle imprese disponibili. La legge cita l’approntamento di un albo delle imprese in alternanza gestito dalle Camere di Commercio a cui iscriversi, ma non obbliga a farlo. Le imprese non vedono favorevolmente appesantimenti burocratici forieri di nuovi balzelli e formalismi. Servono invece relazioni, buona volontà e chiarezza di idee, poi attraverso associazioni e corpi intermedi non diventa difficile costruire i contatti necessari. Purtroppo nel Paese ci sono vaste aree con bassissima densità di azienda ed è oggettiva la difficoltà a costruire percorsi di alternanza.
Anche competenze e responsabilità dei tutor, sia scolastici che delle imprese, dovranno essere meglio definite. Sui primi occorreranno investimenti in formazione e riconoscimenti economici a fronte di impegni e responsabilità aggiuntive che dovranno essere valutate con i risultati. Resta aperto anche il problema logistico, come portare fisicamente i ragazzi in azienda essendo queste periferiche rispetto alle scuole normalmente localizzate in città.
Nonostante questi problemi ancora aperti il nodo principale resta la corretta impostazione del percorso formativo. Solo se scuola e impresa entrano in una visione di prospettiva pensando a una formazione per competenze, avendole definite prima e costruite nel triennio in continuità di progetto, si raggiungerà lo scopo dell’alternanza che è costruire persone che maturano la consapevolezza del fare.

Liceo Classico Statale "Ennio Quirino Visconti" di Roma, anno 1979
Liceo Classico Statale “Ennio Quirino Visconti” di Roma, anno 1979

A questo proposito è necessario che il Ministero organizzi un monitoraggio ed una valutazione delle esperienze che si stanno realizzando nel Paese per incentivare e divulgare le migliori e correggere le semplificazioni non coerenti e le storture. Importante poi il lavoro delle associazioni, specialmente nel loro radicamento territoriale, per informare, favorire ed accompagnare i percorsi di collaborazione scuola-imprese. Una sfida per il futuro del Paese.
*Ermanno Rondi, già coordinatore per L’Education del Club dei 15 e membro del board Education di Confindustria (nonché ex presidente di Confindustria Biella) è stato nominato da Vincenzo Boccia responsabile del Gruppo Tecnico su Formazione professionale e Alternanza scuola-lavoro. Rondi è un imprenditore attivo nel mondo della logistica, amministratore delegato della Incas. Si interessa da sempre di education e formazione, con particolari approfondimenti sul manifatturiero e sulle relative esigenze di formazione. 

Matteo Renzi in visita alla Saima
Matteo Renzi in visita alla Saima













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