KUKA: un robot per la salute dell’uomo

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di Marco de’ Francesco ♦ L’ambito healthcare, con le sue richieste di precisione estrema, è uno dei più promettenti per l’automazione avanzata. Ma è solo uno dei tanti campi che vedono l’impiego dei robot collaborativi, chiave di volta dell’organizzazione produttiva del futuro di Industry 4.0.

Può sembrare singolare, al di fuori della nicchia degli esperti, l’enfasi che studi accademici ripongono nelle ricadute “sociali” della Quarta Rivoluzione Industriale. Si pensi che nel noto saggio “A Complex View of Industry 4.0” (V. Roblek, M. Meško, A. Krapež), si segnalano, tra gli sviluppi in corso, quelli relativi all’Health Care. Sensori che monitorano pazienti e che inviano informazioni ai medici; t-shirt capaci di rilevare le calorie bruciate, il battito cardiaco e altro.

Ma, forse, le attese più rilevanti in ambito sanitario riguardano il campo della robotica. Perché i robot possono compiere operazioni con una precisione che la mano umana non può replicare. E soprattutto perché i robot chirurgici comportano, per l’organizzazione sanitaria privata che li utilizza, un vantaggio competitivo tecnico e finanziario, a breve e lungo termine (C. Lotito), nei confronti di organizzazioni simili di comparto.







La spesa, talora milionaria, è giustificata: il contesto è quello in cui il basso costo delle prestazioni non è strategicamente vitale nel lungo periodo. Inoltre in uno studio si chiarisce che in quanto valore, la rarità è una caratteristica su cui le organizzazioni possono presentare un certo grado di controllo, mentre inimitabilità rimane più inerente al vantaggio competitivo in sé. Sviluppi nel settore si possono riscontrare in alcune grandi aziende.

KUKA Roboter: dall’illuminazione stradale ai robot

KUKA Roboter, per esempio, colosso globale con sede ad Augusta (Germania) e produttore di robot e soluzioni per l’automazione industriale. Dal luglio dello scorso anno è finito nel portafoglio del gigante cinese degli elettrodomestici Midea. L’azienda tedesca è attiva nell’automotive (comparto nel quale, quanto a quote di mercato, risulta prima in Europa e nel mondo) nell’elettronica, nei beni di consumo, nell’industria dei metalli, nella logistica ed e-commerce, nella service-robotics e appunto nel settore Healthcare. Quanto a robot per l’industria generale, è terza in Europa e quinta nel mondo. Nel 2016 ha ricevuto ordini per 3,4 miliardi di euro (+ 81% rispetto al 2012); ha effettuato vendite per 2,9 miliardi (+ 69,6%); e ha realizzato un risultato ante oneri finanziari di 166 milioni (+ 51,2%). Occupa 14mila dipendenti.

Alberto Pellero KUKA Roboter Italia SpA
Alberto Pellero, Strategy and Marketing Manager at KUKA Roboter Italia SpA

«La società è stata fondata nel 1898 ad Augusta da Johann Josef Keller e Jacob Knappich – afferma Alberto Pellero, Strategy and Marketing Manager at KUKA Roboter Italia SpA -; inizialmente si occupava di illuminazione stradale. Poi, col tempo, iniziò a concentrarsi su altri prodotti, come i macchinari e le soluzioni di saldatura. Di fatto, nel 1966 era leader di mercato europeo di veicoli comunali. Ma è stato il 1973 l’anno della svolta: quello in cui l’azienda inventò Famulus, il primo robot industriale della storia. È presente in 35 Stati. Le aspettative di fatturato  entro il 2020 sono pari a circa 4 miliardi. In Italia dispone di una filiale di vendita a Rivoli (Torino) con 90 dipendenti».

I Robot del settore Healthcare/Medical: CyberKnife

Ma di cosa si occupa, KUKA, quanto a Healthcare/Medical? «Di sistemi diagnostici, insieme a Siemens – continua Pellero -; di radioterapia, con Accuray e Forte; e di altri settori, come la riabilitazione, con altri partner. Per esempio, insieme all’americana Accuray (di Sunnyvale, California) abbiamo sviluppato un CyberKnife, un dispositivo elettromedicale per radioterapia utilizzato per debellare forme tumorali. Il suo funzionamento si basa quindi sull’irradiamento del paziente da diverse angolazioni per minimizzare i danni sui tessuti sani irradiati e concentrando l’attività sul bersaglio. Risponde a requisiti di precisione sub-millimetrica.

https://www.youtube.com/watch?v=aPS3otRwQpA

In pratica funziona così: un braccio robotico muove l’acceleratore lineare (LINAC; produce raggi X con un’energia di 6MV e possiede dodici collimatori secondari intercambiabili a sezione circolare con dimensioni del fascio da 5 mm a 60 mm) con 6 gradi di libertà nello spazio intorno al paziente; il vantaggio è quello di poter correggere la direzione del fascio di trattamento in funzione degli spostamenti del target, in maniera del tutto automatica e senza interruzioni o riposizionamenti del paziente. Si muove il LINAC nello spazio attorno al paziente, secondo una geometria 3D non complanare. Il sistema consente una notevole riduzione dei tempi di trattamento, e rende possibile l’aggressione di una vasta gamma di tumori multipli, senza ricorrere a forme più invasive di chirurgia.

Peraltro, grazie al sistema di guida mediante immagini non è necessario utilizzare sistemi invasivi di immobilizzazione del paziente. Infine, il sistema permette di sincronizzare il movimento del LINAC in rapporto alla respirazione del paziente, e ciò con estrema accuratezza. Noi produciamo il robot e ci occupiamo del posizionamento della macchina; Accuray si occupa del LINAC. Il CiberKnife è già utilizzato all’ospedale Fatebenefratelli di Milano. In Italia, è commercializzato dalla AB Medica Spa, di Cerro Maggiore (Milano)».

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Kuka LBR iiwa1

Artis Zeego

KUKA Roboter produce anche il robot di Artis Zeego, di Siemens Healthcare. «È una macchina complessa – afferma Pellero – progettata per superare le limitazioni dei sistemi tradizionali in sala operatoria, negli ambiti della chirurgia vascolare, cardiaca, cardiovascolare, neurochirurgia, chirurgia traumatologica e ortopedica. La macchina è caratterizzata da un particolare sistema di imaging: utilizzando la tecnologia x-ray e mezzi di contrasto, i vasi sanguigni sono resi visibili durante l’angiografia.

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Artis Zeego, di Siemens Healthcare

Consente l’uso di terapie poco invasive per alterazioni vascolari, stenosi o deformazioni vascolari – anche relative a trattamenti per pazienti affetti da tumore. In questo caso, i vasi sanguigni che irrorano i tumori possono essere visualizzati e chiusi selettivamente. Grazie ai sei assi di rotazione, Artis Zeego raggiunge la manovrabilità necessaria per affrontare situazioni cliniche complesse. Il medico può posizionare il braccio della macchina – che funge da piattaforma per il dispositivo a raggi X ed per il rivelatore utile alla generazione dell’immagine – liberamente e con flessibilità attorno al paziente».

Till Reuter, C.E.O Kuka A.G.

Tutti i robot di KUKA

L’Healthcare non è il core-business di Kuka Roboter. «L’automotive e il settore industriale in generale sono i più importanti per noi, in termini di business – continua Pellero -; quanto a quest’ultimo, stiamo avanzando nel campo dei robot collaborativi, che realizzano una forte e concreta interazione di lavoro tra il robot e l’operatore umano. Per esempio con l’Iiwa LBR, dove “LBR” sta per “Leichtbauroboter”, che in tedesco significa robot leggero e  Iiwa sta per intelligent industrial work assistant. In effetti la struttura in alluminio garantisce un certo risparmio di peso.

Ma il punto è un altro. Da una parte c’è l’imitazione del braccio umano, con un sistema a sette assi; dall’altra va sottolineato che con i robot collaborativi non c’è più bisogno di barriere di sicurezza, e ciò significa risparmio. La grande efficienza sul posto di lavoro sta aprendo la strada, nelle industrie, a questo genere di tecnologie. Questo perché i robot collaborativi dispongono di grandi capacità sensoriali, sia in termini di sicurezza che di precisione nella produzione. Credo che si possa affermare che il futuro riposi nei robot collaborativi».

 

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Kuka Iirwa in azione

KUKA Roboter è molto avanzata in termini di Industry 4.0. «Già da tempo – continua Pellero – ci intacciamo con la  piattaforma ERP (Enterprise resources planning) che è un diffuso sistema di pianificazione delle risorse collegato agli impianti di produzione. Per fare un esempio, se riceviamo un ordine, lo inseriamo in una particolare architettura in cui ciascun livello offre una serie di servizi a quello gerarchicamente superiore. Dunque, linee automatizzate mettono in produzione un prodotto definito da un certo codice; altri sistemi apportano al bene tutte le parti necessarie. Peraltro, quando un pezzo non è disponibile, l’ordine al fornitore viene comunicato in automatico. E tutti i nostri robot inviano dati via cloud; se ne estraggono informazioni sulla velocità di transito, sulla produttività e altro.

Di particolare rilievo, l’analisi predittiva, perché l’insorgere dei guasti può comportare sperperi di denaro e altre conseguenze dirette, come la riduzione dei volumi di produzione, la mancata realizzazione e la non avvenuta consegna del prodotto nei tempi previsti. In sintesi, sono problemi seri. Tramite l’analisi dei dati, si può monitorare le condizioni di esercizio di una macchina, e se ne può predire la vita utile residua. Si monitorano, soprattutto, i fattori critici. Il rischio maggiore è sempre quello dell’interruzione della produzione. L’idea è quella di ottimizzare la manutenzione, per massimizzare la vita utile della macchina. In generale, i maggiori vantaggi della digitalizzazione dei processi consistono nella possibilità di controllare le macchine in remoto, e nella facilità di gestione dei sistemi produttivi».

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KUKA LBR iiwa1

I robot avranno sempre bisogno degli uomini

L’Industry 4.0 non comporterà necessariamente una riduzione del personale. «In generale, più robot in azienda – termina Pellero – non significa azzerare il numero dei dipendenti dedicati. Anzitutto perché nelle isole robotizzate operatori e robot sono destinati a collaborare (l’idea è quella di rafforzare l’autonomia operativa delle celle, con un incremento della velocità di attraversamento e della qualità del prodotto nonché con una semplificazione dei controlli; ndr); e poi perché ci sono delle attività per le quali è comunque richiesta la mano umana. Piuttosto, servono nuove competenze: esperti di meccatronica, di automazione, e ragazzi istruiti in Java, un linguaggio di programmazione ad alto livello».














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